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NOTIZIA
DELL’ ANTICO
PIEMONTE TRASPADANO
DI IACOPO DURANDI
PARTE PRIMA
O SIA
LA MARCA DI TORINO
altramenti detta
D’ ITALIA
NELLA STAMPERIA DI SAVERIO FONTANA
NEL PALAZZO DELLA MAI RI E,
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TAVOLA
cte* capìtoli contenuti nel presente volume.
£ Confini delta contea , e della marca di Torino altramente
detta d’ Italia. Dichiarazione di un editto dell’ imperador
Lodovico II dell’ 866 . , . . pag. t
IT. Campagna de’ Forvibiesi , o Vibonesi e de* Vibrili tra
il Po , e il Pelice i ^.
III. Campagna de* Magelli tra il P elice , il Chitone, e il
Lemina. Vallis Diubiasca . .... 2.1
IV. Vallis Clusii: ad Portam Sistrariam ; mons Matrona »
altramente in Alpe Cuttia; o sia da Valdichisone infino
al giogo di Sestrteres , quindi tnjino a quello di Mongi-
nevra . ......
V. Longhena del paese di Cofio dagli ultimi suoi confini
sud-ovest insino ad Ocelo lungo la strada indicataci da
S irabone per Monginevra , o sia pel passo di ^inalbale 58
VI. Scingomagus: Ad Martem, cioè da Secano ad Oulx ^5
VII. Valli 5 Bardonisca : in Valaucis, quindi infino a S usa.
Nell’ intervallo strada per l’ Alpi Cofie su in Moriana
descritta da Ammiano Marcellino . . . Si
Vili. Dalla Moriana pel giogo del grande Moncinisio a Susa 63
IX. Susa
76
X. Da Susa Ad Clusas Langobardorum , oggidì la Chiusa,
e Chiavrie . . .. , .. . . 84
XI. Termine deli* agro di Susa a rincontro di quel di To -
rino lunghesso la strada romana , e termine de’ due terri-
tori a’ tempi de ’ Longobardi . Origine delle miglia dette
di Piemonte . . ». ► » ». ~ga
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XIT. Prime notizie intorno òlla di nominazione di Piemonte.
Territorio di Torino di qua delle Chiuse de’ Longobardi ,
e per la via de ' colli insin> al fiume Chitone t quindi nel
piano insin di qua del Sangone . . . ioi
XIII. Prima contea di Monferrato situata nel tener di To-
rino . . . . . . . . 1 1 5
XIV. Campagna di Torino di qua del Sangone , e dalla
stagione di Ad Fines insino all' infiuente del fiume di
Stura in Po . . . . ■ ii 5
XV . Dal fiume di Stura insino a’ confini della marca d’ I-
vrea nel piano , indi risalendo alla Valle Amategli , in
. oggi di Lonzo . . • . . . .137
INDICE
DEI DOCUMENTI
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INDICE
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CAPO I.
Confini della contea , e della marca di Torino al tra menti
detta <£ Italia . Dichiaratone di un editto dell' imperador
Lodovico II dell’ 866.
1' rascorse le terre del Piemonte alla diritta del Po , mi fo a varcar in
quelle della region traspadana ; regione un di possente e famosa , la quale
ricevuta poi da’ Romani a cittadinanza , rendette nello interno più pacato
l’imperio, e più robusto contro agli esterni (i).
Un lungo intervallo di anni quindi s’ intrapone ricoperto di tenebre , e
di rovine , donde però vi trapelano de’ fatti , che anco in tanta distanza
di tempi hanno delle relazioni con noi, quando più dirette, quando meno
apparenti , forse perchè meno osservate.
Assai di cotesti fatti non rade volte collegati a’ luoghi , sono come in-
divisibili dai luoghi stessi , di modo che per ben conoscer gli uni , giova
conoscere gli altri. Ma nel corso di tanti secoli il linguaggi della geo-
grafia cambiò, c ricambiò quasi interamente. Abbattendoci negli scrittori,
e ne’ monumenti di quelle età , laddove pur ci riconducono per le nostre
terre , noi sovente vi ci troviamo stranieri quasi a ciascun passo , ovvero
come traportati in un paese , che non pare il nostro. Io oso adunque)
contro 1’ oscutità di tempi lontani , e l’ ignoranza delle barbare età mez-
zane a rtentar di farvicì riconóscere I’ antico stato delle nostre contrade.
Comincierà dalla contea di Torino , perchè ella occupa nel tra spad aro
Piemonte il primo luogo , come altre volte il territorio della sua città, e
colonia ancoraché entro confini più ristretti n’ avea prossimamente pur oc-
cupato il primo nella undecima regione d’ Italia , o sia traspadana.
Susa anche alcun anno dappoi l’ invasione de’ Longobardi c stata in que-
sta regione l’ ultima città perduta dal Greco imperio. L’ antico suo terri-
torio aggiunto in appresso alla contea di Torino estendeasi dapprima all’uà
canto dai sommi gioghi delle alpi infino a quello di Scstrieres , di poi sotto
(t) » Tutte solidi domi oie , et adveisu; extema floruimu», cvm Trintpidiai
n io civitaten recepii. „ Tacito Iti. XI.
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il Regolo Cozio avanzi un tratto infino quasi alla estremità di Val (fi
Chisone , o di Pragelato ; dall’ altro iofino ai monti , che ancor lo dividono
da Val di Sangone , e quindi fino alla Chiusa dell alpi , o i. Michel della
Chiusa. Finalmente il ramo laterale di montagne , che lo separa ancora
dalle vallate di Lanzo , il limitava a tramontana.
Riconquistata su i Goti Italia dai generali di Giustiniano , vi si stabili
in ogni ragguardevole città un governatore col titolo di duca ; ripigliata
poi da’ Longobardi , adottarono aneli’ essi la stessa forma di divisione , non
però di governo ; imperciocché i costoro duchi si ritennero la signoria e
giurisdizione , che noi diciam territoriale. Il re loro era poco più di un
capo di confederati ambiziosi c discordi : modello della cosi detta feudal
-anarchia, la quale per più secoli agitò l'Europa.
Tutti quei duchi erano eguali quanto al grado, c all’ autorità; in ap-
presso si cominciò a riguardar per ducee maggiori o provinciali quelle
più estese , cui erano unite varie città co’ lor territori. Fu di quest’ordine
la ducea di Torino, la cui estensione pareggiò pressoché quella dell’an-
tica sua diocesi , la qual comprendeva c Susa e PolUntia , ed altre nobili
terre, che si sono descritte nella contea di Auriate. Solamente a’ confini
della diocesi d’ Ivrea quella di Torino era stata a così dire compressa per
entro gli antichi limiti del suo territorio in parte naturalmente determi-
nati dal ramo di montagne, che separa le valli di Lanzo da Val d’ Orco,
indi nel piano dalla Walda , tirando una linea accostantesi al fiume dell’A-
malone infino al Po di sopra a Braudizzo.
Ma Susa per poco tempo sotto i Longobardi restò unita alla ducea di
Torino; e’ la tolsero ai Greci, quasi per cederla ai Borgognoni in un con
Aosta. Ambedue coteste province quindi rimasero per più di due secoli
unite al primo reame di Borgogna. Si ristrinsero adunque durante il go-
verno de’ Longobardi in più brevi confini non. meno le ducee di Torino ,
e d' Ivrea , che la Neustria , o Langohardta occidentale.
Carlo Magno restituì a Italia i naturali suoi limiti infitto a’ sommi gio-
ghi delle alpi, e diedela a reggere ai conti, nome di uffizio civile insieme
e militare. In ogni principal città uno ve ne stabili (i ) , come aveva usato
in Francia , per ispegnere la prepotenza de’ ducili , a’ quali erano dianzi i
(a) Nell’ anno medesimo dell* «ut conquista 774 ” rex Cardias missis coroinbu*
„ per onuiem Italiani. " Artriti. Frane, presso Duchesne T. a p«g. 8 , td Egiosrd»
de guris CartU illagni ad ann. jji Aid. pag. »jp.
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ì
•orni subordinati. Ma nell’ 8 or? parve meditasse and»’ egli turbar di nuovo
i limiti suddetti , allorché nell’ apparente divisione della vasta sua monar-
chia tra i suoi figliuoli diede intenzione di riunire al regno di Aquilani»
il Moncinisio , e Va Idi susa , ed alla Borgogna la valle di Aosta (j). Nc Carlo
Magno si era proposto cotal dimembramento d'Italia, per ridurne i limiti
nello stato in che li ritrovò al tempo della sua conquista , ma acciocché
i due re di Aquitania, c di Borgogna avessero sempre, a dir così, aperte
le porte per calar di qui. Imperciocché appare , eh’ egli , e poi anche Lo-
dovico Pio bramavano di unir Italia alla monarchia de' Franchi , e benché
la dessero come in governo ad un re , titolo allora personale a tutti i loro
figliuoli, cotesti re erano nulla più che i primi ministri di que' due impe-
radori. Per la qual cosa dopo la morte di Carlo Magno fu sollecito Ber*
nardo re d' Italia a giurar fedeltà ed obbedienza a Lodovico Pio al pari
degli altri grandi ufiiziali dell’ impero de* Franchi {4). Certo che l' idea di
questo politico sistema era non meno ambiziosa che grande , ma la breve
sua durata dimostrò i vizi , per cui bod potè durar lungamente*
Il distretto delle città governate dai conti comprendea sovente più ter*
ritori , non già più contee. Parve altramente a un dotto scrittoi moderno,
argomentando dalla stessa carta cosi detta di divisione dell’ 80 6 , che già
d' allora e prima le nostre città avessero alcuni contadi da tisi dipendenti
(f ) , perchè vi sono indicate co’ sobborghi , territori e contee , che loro
s’appartengono ( 6 ). Non avverti, che ciò vieu detto collettivamente di
tutte le città ivi ricordate , i cui territori ri fanno sinonimi delle contee
stesse, perche i termini degli uni per lo più agguagliavano quelli deilé
altre.
Un non men dotto scrìttor nazionale cercò per io contrario ri' impic-
colire la primitiva estensione dclfa contea di Torino , conietturando , che
Yaldisusa non siasi punto restituita all'italico regno non solamente da Girlo
Magno, ma nemmeno a’ tempi di Bernardo re d’Italia. Volle ciò argo»
(j) Biluz. Capitolar. T. I pag. 4)9, t Rr, ilo He. tciipl T. I part a pag. 1 5
cap. 1 e j: disposizione imitata da Lodovico Pio nella dieta di Aix-fa- Chapelle
dell - 817..
(4) Tesano de gttt. La’or. Pii art la R”. Francie. T. a pag. 878.
(^) Giuliai Afm di Milana T t pag. 79" se rol’e parlar de' coi ti rurali (cernirei
titani) no» badò, che dessi erano ricari de' conti urbani.
(é) Charta divi?» loc. cit. " Eb »re*m , Vercellas, Papism ere. has ciriiafes Cui*
M seburbauis et terruoriis tuis, *i<jue comitatibui, que ad ipsa» peniueat. “
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mentar dal congresso tenuto in Aix-la-C ha pelle nell’ 817, nel quale Lo j
dovico Pio annoverò tuttavolta il monistero di Novalesa fra i quattordici
più ricchi monisteri di Francia tassati a fornir sol.Iati c provvisioni (7).
Ma non altrimenti quel monistero vi fu compreso se non per li molti beni,
che possedeva oltremonti , e perche l’ imperadore non ha particolarmente
annoverato i soli monisteri di Francia, ma quelli situati in regno rei im-
perio ( 3 ).
O' altro canto l' istesso scrittore ha ringrandito oltre i suoi confini la
contea di Torino , estendendola infino al giogo dell’ Altareto (9) , di cui
parlasi in una convenzione da lui citata tra il Delfino del Viennese , ed il
comune di Chorges ( Caturicarum ). Quel giogo si chiama tuttavolta Col
de r Autaret , • dalle vicinanze di Ambrun mette di qua in Val di Blino
a Casteldelfino , o sia in Val di Varaita , la quale cotanto si avanza a sud-
ovest di là de’ termini di questa contea , ed è si lontana da Valdisusa ,
che ci manifesta 1’ errore , in che egli c incorso , interpretando nella carta
della contessa Adelaide del 1041 alla cattedral di Torino per limiti della
contea i nomi di Moncinisio , Monginevra , e dell’ Altareto ivi adoperati
solamente per indicar il tratto delle alpi , in cui da Moncinisio progredendo
a mezzodì , e fino alla sommità di quelle , dove i termini del suo dominio
nel regno d' Italia confinavano a quel di Borgogna , si «stendeva il dritto
di riscoter le decime*, con che venne a comprendervi anche la parte mon-
tana , e occidentale della contea di Auriate (io).
Certo e Moncinisio, e Monginevra perchè finono sì notabili e naturali
termini del tener di Susa, il furono poscia della contea di Torino. Quindi
senza opposizione niuna continuava questo conte nell' S17 a giudicar gli
uomini di Ouk , e que’ parimente di Val di Bardonesca. I monaci di No-
(7) Terraneo Adelaide illustrata T. a p. ^ a|. Egli neppur soipvtt.ivi , clic sotto
Carlo Magno e Lodovico Pia Italia aH'omb-a di un nome indicante inlipendenza
non era eh' uot provinci» dell» mnnarebia de’ Franchi.
(8) Presso Duchesne Ber. Francie. T. * p»g. ti}.
(9) Loc. cir. T. 1 p. 17 1 , 17% A più di un giogo o collo delle alpi dassi il nome
di Alttreto: mi par derivato dal barbaro vocabolo ««rara, ed altare, per dir in-
nalzarsi , cioè passo il più alto donde si travalica il monte.
(10) Sono bensì posti per limiti di Valdisusa i monti Giaevra e Cinisio nella carta
di fondazione del monistero di s. Giusto di Susa del 10S9 riconfermata poi da
Corrado il Salice nel I0J7 (Aeri;. Jt al. T. t col 1 J47),
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J
valesa tentarono dì sottrarre questi ultimi dalia sua giurisdizione ; prim*
esempio tra noi dell'abuso nato a que' giorni di usurpar nelle proprie terre
la cosi detta giustizia territoriale, donde poi sursero l'anarchia, e la con-
fusion de’ subalterni governi si multiplicati , e suddivisi. Nondimeno quei
monaci per allora non vinsero, e l' imperador Lottario I ancora nell’ 847
vi mantenne la giurisdizione del conte di Torino (il).
Di qua del giogo di Sestrieres e lungo quella , che a mezzodì gli suc-
cede sporgentesi massa delle montagne del Dclfinato , e per le suggette
profonde valli questa contea seguitava ad estendersi infìno a Valdipò. Di
quà di essa il fiume stesso cominciava a dividerla dalla contea di Auriate ,
e proseguiva un buon tratto , finché 1* una e 1’ altra di nuovo fronteggia-
vano alla dititta del Po. Ma intorno alla porzion cispadana della contea di
Torino se n’ è discorso altrove , e ci accadere ancora di aggiugnervi al-
cune cose , ed altre ammendarne.
Cotesti furono i suoi confini insino dalla sua prima istituzione ; li con-
servò , quando finito il regno de’Carolinghi, divenne questa contea il prin-
cipal limite d’ Italia col secondo reame di Borgogna. Allora propriamente
s' istituì la marca di Torino , e si ordinò la militare autorità de’ suoi mar-
chesi sopra la massima parte del cispadano Piemonte.
Il primo di loro che ci sia noto, fu un Adalberto, altramente Alberto.
E’ desso che dopo il sacco dato da’ Saracini al monistero di Novalesa nel
90 6 ricoverò i monaci rifuggiti in Torino , assegnando loro la chiesa di
santo Andrea sub pori a comitale secus mtirum civitatis , come narra il
cronista di Novalesa , da cui vien detto Albertus marchio ( 1 a) , e lo con-
fuse con Adalberto I marchese d’ Ivrea , il quale avea . poi introdotto in
Breme i monaci Novalesiani , come appare dalla lettera di Belegrimo abate
di Breme del j rapportar* dall* isrewo cronista. Ma parve a questo piò
naturale il supporre l’ autor di cotal nuova beneficenza a prò di que’ mo-
naci non diverso dall’ altro , che loro avea dato la chiesa di santo Andrea
nel 906. Non considerò punto che munì autorità ebbe giammai il mar-
chese di Torino in Lumellina c in Breme suggette alla marca d' Ivrea,
• niuna neppur mai n’ebbe in Torino Adalberto marchese d' Ivrea, il qual
. )
(11) Pegganai le carte rapportate nelle Amiq. hai. T. I col. 48 1 , e T. V col. 971,
come pure il Placito tenuto in Paria nell' 8S0, ibid. T. I col. 459.
(ia) Lib. 5 cap. 5 Rer. ittita. T. 11 part. 1 col. 751, e 777.
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6
forse più non viveva nel 919 (ij), nel qual anno l'altro Adalberto reg*
gea tuttavia la marca di Torino.
Dee si attribuire all' importanza della geografica positura di questa marca
il primitivo distinto suo titolo non di marca di Torino , ma d’ Italia. In
una carta del 919 actum iti palatio Taurini coram D. Rege (Ugo) con-
firmante , et laudante » il marchese vi s intitola ego Aialbenus gratta Dei
(14) humilis marchio hit in Italia (1 j). Il cancelliere autentica l’atto "per
facoltà datagli dal nostro conte Adalberto»” non perchè solo dalla dignità
di conte derivasse la civil facoltà suddetta, ma perchè gl’ istessi marchesi
continuarono per tutto il nono secolo , ed una parte del seguente ad usar
non di rado a vicenda di araendue i titoli , de’ quali infatti n’ esercitavano
l’ uffizio.
Il nome di marca d’ Italia si è per alcuni traportato a quella del Friuli,
leggendosi negli annali di Fulda all'anno 788, che gli Avari furono fu-
gati e vinti in marcha Baioarice , atque Italia. Il dotto P. Berretti (t<>)
immaginò di veder disegnata in queste parole la marca di Trento detta da
Luitprando storico Milanese prima marca d Italia da quella parte , cioè
la prima terra in su i confini donde passò il duca Arnoldo nel 9) f , ve-
nendo dalla Baviera in Italia. Ma siccome nei mentovati annali il vocabolo
marcita si adopera visibilmente nel suo senso letterale , per dire che la
sconfitta degli Avari seguì ne’ confini di Baviera e d' Italia , nc altrimenti-
senza assurdità gli si può applicare 1* immaginata politica significazione »
perciò nulla può inferirsene per la marca d' Italia , o sia per dar un tal;
{l}) Non vuol però dirsi, che fosse morto nel 924, ancoraché in un diploma del
re Rodolfo " danno nonis decembris anno incarnat. Dominici DCCCCXXIV
„ indict. XH anno XV domni Rodulphi serenisi, regi» in Italia quarto actum
„ Pipite ", vi compaiano la moglie , e i figliuoli del marcitele Adalberto I d'I-
vm , ni vi ai parli di lui, cioè ” Hertnengardis nobilissima comi! issa , et fili»
„ ejus Berengarìus er Anscherics incliti cornile» nostr»m enixe postulavetuoi eie.
„ memiam , qoatenus Guidavi fideli nostro nomine Oberto CatttUtm Tetta, quod'
,» coniacet in Asia cutn ecclesia a. Ambroaii concedere dignaremur etc. ( ex ta-
bular. ecc'es. Asiens. )
(14) Fcco novella e piò notabile prova , che questa formoli era in origine nulla
piò dì una religiosa espressione di umiltà , e non già d* indipendenza , poiché-
qui il marchese di Torino I’ adopera in presenza del re , il qual vi eaercita la
*ua superiorità.
Oì) Veggansi i documenti in fine num. r.
(tó) Chorograph. itti medii *vi eoi. 71 Ber. italic. script. T. X
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7
«rime a quella veramente amica del Friuli, ovvero all'altra di Trento po-
steriore alla prima. E' troppo nota la fbrmola usata ne' secoli Vili, e IX
in marcha per dire ne* confini, o nei territorio limitaneo , e talora per
indicare un limite qualunque (* 7 ).
Dal titolo di marca d’ Italia quello derivò di marchese d' Italia , od in
Italia , che da principio era sinonimo , ancoraché sia paruto ad alcuni di
vedervi una essenzial differenza , come gii Alfonso dei Bene avea notato
(iS), cioè a dire che il titolo di marchese in Italia fosse comune a chiun-
que teneva un marchesato dentro questa provincia (il che non c relativa
se non all'abuso de' titoli introduttori ne' bassi ed infimi tempi), e quello
di marchese d’ Italia solamente s“ appartenesse a chi a‘ suoi confini gover-
nava una regione. La marca di Adalberto in Italia nel 919 era certo li-
mitanea , e quella medesima che dappoi tennero i conti di Moriana. La-
onde c chiaro, che dapprima non vi avea distinzione niuna circa le men-
tovate due maniere d‘ indicarla.
Fu quindi ognor proprio de’ marchesi di Torino il titolo di marchesi
d’ Italia. Non c intera la loro serie innanzi e immediatamente dopo Adal-
berto suddetto. Ressero questa marca un Arduino detto Glabrione dal 945
al 975 , indi il di lui figliuolo Manfredo I insin verso il toor , cui
succedette il figlio Odelrico Manfredo infino ai io$j , poscia Ermanno
de’ duchi di Svevia marito di Adelaide figlia primogenita di Odelrico
Manfredo ottenne marcham soceri sui in Italia (19) , e poscia En-
rico secondo marito di quella. Finalmente Oddone figliuolo del conte Um-
berto I di Savoia , e terzo marito di Adelaide viefl perciò detto ora mar-
chio Italvrttm da Lamberto Scafnaburgesc all’anno 10 66 , ora marhio la
(17) E’ degno di osservazione il capitolare di Carlo Magno dell'anno 8ra [appresso
Baluzio capitulir. T. I pag. 493] dove indica i differenti limiti , a' quali perve-
nendo le annate, il re incominciar» a fornir loro le provigioni; " qui autem
,, Rheaura, et per Saxoniam pergunt, Albium marcham esse sciant, et q«i tram
„ Ligerim manent , atque Hispaniam proficisci debeat , montes Pireneos marcham
„ sibi esse cognoscant. ”
(18) Pe regno Burgundiae pag. ila ; 11 ali ud est marchio in Italia , alitati marchio
,, Itali* ; ili ud multif marchionibus , qui intra fines aliquo marchionatu potiunttr,
,, cotnmune est, hoc vero iti tantum, qui Itali* limitibus prssunt, et in con-
,, flnio regiones sitai habem, cuiusmodi sunt comites Maurian*. ”
(19) Ermanno Contratta appressa Piitoria Rtr. gamanic. T, I pag. *79 ediz. di
Struria.
s
Italia dall'Annalista Sassone all'anno 1067 , o marchio in Italia, ovvero
Italia in più documenti. Nc di altro titolo soleva usare il costui succes-
sore Umberto li oltre quello di Comes Mauriancnsis , et marchio Italia.
Altronle è certissimo , che que’ principi non possedettero altra marca in
Italia se non questa di Torino per un invecchiato errore altrimenti detta
di Susa , cioè dappoiché fu dilacerata e divisa , ma pur distinta in ogni
tempo col nome di marca d’Italia, perchè infatti regni quodamodo darei,
et Longobardi* tener et adii uni (10). Risale a cosi alta origine negli anti-
chi sovraui del Piemonte il non mai intermesso titolo di marchesi d'Italia.
Le contee dipendenti da quella marca erano tutte nel Piemonte cispa-
dano , e pressoché tutte quelle già descritte nella sua notizia. Del che ve
n'era un vestigio nella di stribuzione delle province italiche assegnate a’messi
regi coll' editto dell' imperador Lodovico II dell' 866 per la spedizione di
fieaevento contro de’ Saraci ni (11). Quella divisione preindicò a un di presso
i termini di alcune marche stabilite dappoiché Italia si liberò dalla sugge-
zione do' Franchi. Ivi però il nome di marca è sinonimo di provincia, e
nello stesso seuso anche Carlo Crasso l'adoperò in diploma dell' 88$, nel
qual di nuovo comandò l’osservanza dell'editto dell' 866 in tutte le con-
tee, et marchili in foto regno Romancrum , et Langobardorum , et du~
catui Italia, Sgolai , et Tuscia (li). Altre marche propriamente allora
non c'erano in Italia fuor le marittime, o litorali sovente invase da' Sara-
cini , e la ducea del Friuli coniinantc co' Barbari.
L’ ordine dello province , o se si vuol delle marche descritte nella co-
stituzione dell' 866 a’ due lati del Po è geografico d’ occidente a levante ,
ed incomincia appunto da quella a fiuvio Pado utquc Trebia , che tutto
comprende il cispadano Piemonte , o sia la massima parte della marca di
Torino alla diritta del Po. Dopo quelle parole in tutte le copie di questa
costituzione finora note il testo è mancante , giacché in vece di annoverar
di seguito l’ altra provincia , come a dire a Trebia usque Rhenum , cioè
infino a’ confini dell’esarcato limitato in parte dall’inferior corso del piccol
Reno, e quindi indicar quella dell’ esarcato medesimo, vien di salto ad an-
(ao) L‘ antico antore della vita di s. Beredelto abate di a. Michel della Chiusa.
presso Mabillon Aera Ss. Ordini t. Bene'. idi T. X
(ai) Per. italic. script. T. Il part. I pag. 1 S5 , e appresso Baluzio capitolar. T. li
P J «- Uff-
(.a) Appresso Muratori Antich. Entriti T. I pag. jj.
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f
«overar le province dell’ Italia traspadana. Pare inverisimile , clic in uh
tanto perìcolo l’impsradore abbia voluto dispensare dall’ intimata spedizione
quelle due province , o gli uomini della Romagna. Ivi il testo della costi-
tuzione o fu corroso per vetustà , oppur cancellato , affin di levarvi un
nuovo testimonio troppo contrario alle pretensioni dappoi sollevate dal
Papa circa l’ indipendenza della Romagna , e affin di prolungare il suo do-
minio inffiio alla Trebbia. Ma la Romagna stessa dipendeva dal regno d'Italia,
« non se ne dubitava punto ancor ne’ seguenti secoli.
Alla sinistra del Po la prima provincia c determinata inter Padum et
Ti.inum , ed occupa il Piemonre traspadano , o sia le contee , che a ri-
serva dello spazio appartenente a quella di Torino , erano dipendenti dalla
marca d’ Ivrea. A questa vi seguita l’altra inter Ticinum et Adda , in cui
Milano e Pavia città principali del così detto allora ducato d’ Italia , ma
•iò non prelude punto alla creduta marca di Milano , come parve a Mu-
ratori , e ad altri dappoi (ij). Indi inter Adda, et Adi^a (l’Adige) che
sembra disegnarci la marca di Mantova , in cui Brescia , e Ferrara. Ab
Adi^a usque ad Forum Julii •, ecco pertanto il Friuli distinto dalla provin-
cia detta poscia la marca di Verona, e di Trento. Oltre a ciò la ducea del
Friuli vien nello stesso editto separatamente indicata col nome di ministe-
rio V treno arii , cioè di Berengario I allora duca del Friuli , e dipoi re
d’ Italia. Così pure la marca di Spoleti retta da Guido ivi chiamasi in mi-
nisterio Witonis.
(aj) Dalla investitura data da Federico I nel 1184 ad Opizone da Ette delle mar-
che di Genova e di Milano , et de omni to . quai màrchio Aj t o hobuit et tenui. ab
imperio . argomentano che adunque il titolo di marchesi dato ad alcuni degli ascen-
denti di Opizone derivi dall’ aver posseduto la marca di Milano; ed ecco creata
sna nuova marca là dove non abbisognava. ( Antich. Estensi pari. 1 cap. 6 . Ber-
retti tee. cir. eoi. pi) Giùlini (T. a pag. 4; e segg ) va molto piti li, e per-
chè Ermanno Contratto narra , che il re Arnolfo nell’ 895 invasa , e devastata
Italia , fF rlfrido , Maginfredaqut ctmttibus Italiani cis Padum diimbuir [ ite. c il. pag.
ayr ] n’ inferisce , che diede a Maginfredo in governo il ducato 0 marchesato di
Milano. A stabilir cotesto marchesato sono ugualmente inutili le carte da lui cita-e
(T. j p. 155, e 4*6 ] che intitolano nel toai Ugo, e nel 104S Azone da Este
marchesi e conti della contea e città di Milano', il primo titolo 1100 è che perso-
nale, ed onorìfico. Il nostro Terraneo volle adottar anch'egli le conietturn di quelli
scrittori ( Ade . ilhsrr. T. a pag. 7).
1 -
t
So '
La Toscana ivi non intitolata nè duce* , nè marca si è divisa in piò «fi-
stretti , o marcite , giacché sono marittimi quasi tutti i territori delle sue
città ivi ricordate, siccome avevano pure un buon tratto di litorale le du-
ce e e marche del Friuli , e di Spoleti già espressamente rammentate. La-
onde dicenJovisi poi in htore italico , non vi si disegna altrimenti il mar
superiore ed inferiore , o sia il litorale di cotesti due mari , come s’ ideò
il p. Berretti , il die sarebbe altresì una inconciliabile ripetizione di quello
già innanzi vi si era inchiuso, ma litui ìtalicum indica le due Riviere di
Genova , e rii desso distribuito a tre messi imperiali , perchè formava al-
trettanti distretti. Questa è la cosi detta dall’ Anonimo Ravennate pubbli-
cato dal Porcheron ( pag. 100 ) provincia mari t ima Italcrum ; anzi sog-
giugnendo , eh' essa si appella anco Luncnsis , mostrerebbe di parlar sol-
tanto della porzion litorale della Toscana più vicina alla Liguria , dalla
quale c divisa pel fiume di Magra, e dove erari Luni ; sehonchc dicendo,
che confinali s existit de suprascripta provincia Septimania , cioè confi-
nante alla Provenza , non ci lascia più dubitare , che egli volle indicarci
precisamente il Ltus italicum esteso dal fiume di Magra infino a quello
del Varo. L’averlo confuso coll’ immaginata provincia Luncnsis, si c uno
di que' tanto manifesti errori, ne' quali cadde l’ignorante abbreviatore dell*
geografia di quell' Anonimo. /
Lo stesso editto annovera Luni tra le città della Toscana rette allora
dai propri conti , a’ quali per la leva de’ soldati doveano presiedere i messi ,
ivi nominati , ed in fine distintamente annoverò per tutt’ altra provincia il
Lido <T Italia (14). Siccome per la grande sua distesa fu desso a più messi
imperiali distribuito , non può dubitarsi , che parimente in più contee o
distretti fosse diviso, de’ quali sembra, che que’ della riviera di ponente
siansi di poi sottomessi al militar governo de’ marchesi di Torino, o d’ 1 *
talia , acciò li difendessero da’ Saracini che gl’ infestavano. Infatti per di-
scacciameli da Frassineto Robaldo conte di Cimela o di Nizza s' indirizzò
nel 971 ad Ardoino Glabrione marchese di Torino (z j) , comecché altri
(a*) Continuò nel decimo setolo a ritener lo stesso nomo, il r He ò ncto per moiri
esempli , tri i quali non Hi luogo It generica rsp-essione di lidi de! mare adope-
rata nel d-pbmt di tigone del 9a8 per concessioni fatte come re d' Itali» " tana
„ in omnibus fintbo* Romanie, quam Tossir, sire Italie, tam Spolettai quarti
,, et circi mttis htoribne ” ( Anrtq. (t»|. T. I col. *71 ).
(»<;) ( Cronie. Novalic. Kb 4 cap 8 Rjr.^1 tc. T. II parr, 1 col. 7j6 ) ivi Ro-
balde ti dice conte tu’ confini della Provenga , e gii altrove ai notò che era conte
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IT
Ticini signori, e Guglielmo conte di Proventi sieno pur concorsi a quell*
impresa.
Alla contea di Nizza vi confinava al norte quella di Auriate, cui in
ultimo Adelaide suddetta fece reggere per mezzo di un viceconte. Ella ed
i .predecessori suoi ebbero su di una gran parte del cispadano Piemonte,
oltre ai molti beni , un immediato dominio , segnatamente nella contea di
Bredulo , che a un lato attaccavasi a quella di Albenga per la cima di
Val di Arozia. In quest’ ultima contea non meno che nelle altre della Ri'
viera di ponente il marchese Odelrico Manfredo padre di Adelaide, cd ella
medesima ancor vi possedeano assai terre , e perfino 1 ‘ isoletta Gallinana
vicino ad Albenga (16). Quella costiera dovca tanto più essere unita alla
contigua marca di Torino , poiché di niun’ altra antica marca vi ha me»
moria in tutto il Lido Italico, nè fra la Trebbia, le alpi, e il Po , onde
necessariamente la forza e la difesa dovean venirle di qua. Nè prima del
1164 si nomina la marca di Genova, ed anco a solo titolo di onore (17)+
Ma già verso il fine deli’ undecimo secolo aveano le antiche marche per
lo più cominciato a scadere , ed a scommettersi , e di mano in mano a
multiplicarsi tuttodì nuovi marchesi per titolo , e non per uffìzio e stato.
Nel modo stesso vennero multiplicandosi i conti a misura che dimembra»
vansi le antiche contee , le quali si lacerarono , si suddivisero , e final»
mente si sminuzzarono.
Tra le marche minori e nuove, cioè nate a quel modo dee pur anno»
ve tarsi quella poi detta di Savona. Nel 1071 n'era conte un Auberto od
Oberto (1$) , il qual pare della famiglia de' marchesi di Monferrato. Egli
pur s’ intitola marchese », perchè tutti i figliuoli de’ marchesi , e conti co*
«linciavano usare e ritener i titoli de’ k>r genitori, e gli accomunarono
dappoi alle terre , eh’ essi ebbero in governo , o per eredità. Nemmeno il
di Nix», ( Pitm. cifra’, pag. ) dove esistevi Frassineto 1 pcche miglia dall*
curi, cioè ne 1 ! a pen'tolena di t Ospizio actnjvù ditali» * dada Pimenta, coma
lo storico Ltiitpramlo si esprime.
(,') R em. rìspad pie. 91
(»7) Perchè '• Liguria maritami è una rrgnn limitane», e carchi l'annalista Ber-
limano all* anno 8 a <5 ramine, la j 4 dtT* ”0 evmr delia tùia di Gtnan , piae |Oe al p.
Berretti ( Ice. ci:, col 7 ; ) di far risalire la marra di Genera infino all' eli da
Carlo Magna , e de’ re Franchi. Ma non appare chi siatene intitolalo mstcbcae
prima di Opizone da Late nel 1(84.
(» ) Nella Biblioteca Scbutiana di Guicheaon Cattar. 1 mm. LXXYL
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Il
marchese Bonifazio figliuolo di Tote, o Tetone , altramente Ottene pur
marchese ancoraché reggesse la contea di Savona, giammai s'intitolò mar-
chese di quella città , come appare da’ sinceri documenti , che lo riguar-
dano, cominciando dal 1 09 j infino verso il 1130. Non vi ha finora prova
niuna , che Tete discenda da Aleramo ; neppur si sa , se ad Auberto sud-
diti), ovvero a Tete medesimo il marchese Bonifazio costui figliuolo sia
succeduto nel governo di Savona. Egli possedea già de' gran beni di qua
del giogo. Il matrimonio suo con AJelasia nipote della gran contessa Ade-
laide gli servì di un diritto , o di pretesto par occupar in appresso do 'do-
mini assai maggiori nella parte cispadana delia contea di Torino , e in
quelle della sua marca , cioè di Auriate , di Brcdulo , di Alba , di AIbcnga,
e altrove , come il dimostrano le nuove signorie , che i suoi figliuoli vi
stabilirono. Si è pertanto dallo scompaginamento della contea e marca di
Torino, che vi risultò quella da Muratori dilaniata provincia, la qual
riara titolo a' marchesi dalla parte di Susa , di Torino , e di Savona ,
confessando ad un tempo d' ignorare qual ella si fosse (19).
Fa però maraviglia che la marca di Torino , ovvero d’ Italia sia sfuggita
affatto al più dotto e benemerito investigatore delle antichità italiche dei
secoli mezzani. In più maniere egli errò in quel poco che accennò delle
marche dell' occidentale subalpino paese, dicendole indistintamente nate
dalla division delle antiche , ed annoverando innanzi tutte la marca di
Monfenato, poi l'altra d' Ivrea, e derivandovi in un fàscio i marchesi del
Bosco, di Susa, di Saluzzo , di Ceva , Clavesana, del Carretto ec. (50).'
Più documenti da lui medesimo pubblicati 1 ’ avvertivano di non confondere
così stranamente le province , i tempi , e le famiglie. De' marchesi d’Ivrea
ei pur trovava farsene menzione insino dell’ 890 ; quella era dunque una
marca primitiva siccome provincia allora divenura limitanea al reame di
Borgogna. Dovea parimente conoscere coloro , i quali in tutto il decimo
Secolo dominarono in Torino con titolo di marchesi d'Italia, od in Italia,
e per quanta parte del cispadano Piemonte si distendeva il loro dominio.
Laonde quest’ altra provincia allor parimente limitanea dell' italico regno
era di necessità 1 ’ una delle più importanti antiche marche. Grandi e no-
tissimi avanzi di quella altresì sussistettero, e formarono corpo insino verso
il fine dell’ undecimo secolo, ed annonziavano tuttavia «iò ch'ella fu. Non
(a;) Antich. Estens. rap. 6 T. I pag. 35.
(30) Anriql.al. T. I col. 339.
K
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IJ
si disciolse interamente se non dopo la morte di Adelaide nel 1091 , e
dopo lunghe guerre fra i condivisori. Sursero quindi i nuovi marchesi sud-
detti di qua e di là del giogo circa la metà del dodicesimo secolo , e
l' ingrandimento di que’ poco meno che nuovi di Monferrato. A’discendcnti
di Adelaide, e di Oddone suo terzo marito rimasero, c vero, poco più di
Torino , e delle circostanti terre in un con Valdisusa ; ma eglino conser-
vando la capitale, ed una si importante parte dell’antica marca, ritennero
il primitivo titolo di marchesi d’ Italia , cui se non assai più tardi quello
aggiunsero di marchesi di Susa. Ma di poi questo novello titolo sendosi
da' nostri e dagli esterni scrittori trasportato con grave anacronismo infino
a’ primi marchesi di Torino , divenne nuova occasicn di confondere le per-
sone , e deviar sempre più dalle visibili tracce , che indicavano la vera
antica marca, di cui Susa col suo territorio non ne fu ch’urta parte, ed
usa suddivisione.
Ma ben altre assai sono ancora le caligini , che offuscano la nostra
istoria , fattesi anco più dense per l’ incuriosità degli avi nostri. Mi pro-
verò a diradarne alcune, secondochc mi ci verranno incontro. Non vuò io
sfuggirle , ma nemmeno farmi a ricercarle , per non raggravar il fastidio
di quella , che ho preso a trattare , materia abbastanza spinosa ed ispida ,
sterile ed ingrata , cui nc l' ingegno può rammorbidire , nè l' eloquenza
adornare , ma degna almeno della curiosità di un cittadino.
«4
CAPO II
Campagna de' Forvibiesi , o Vibonesi , e de’ Vibelli
tra il Po, e il P elice.
In su l’uscire di Valdipo termine la nona regione d'Italia secondo la po-
litica divisione di Augusto , e v’ incomincia l’ undecima , o sia tra, padana :
ivi pur a cotesto lato termina la contea di Auriate , e ▼' incomincia quella
di Torino. Al tener de’ Vagienni s’ appartennero Monte-Vesolo , donde
surge il Po, e tutu la sua valle (i), perciocché tra le montagne, e nelle
valli i fiumi non servono, nè possono servir di confine, ma i monti me-
desimi.
Di qui della valle cominciava l’ agro de’ Forvibiesi , o Vibonesi , come
Solinoli dinomina, li dove torna a ricomparire il Po, cioè fra l’odierno
tener (fi Revello , e di Staffarla. Cotesto punto di divisione della region
nona , altramente Liguria dalia undecima , o come noi diremmo del cispa-
dano dal traspadano Piemonte , ci vien determinata da Plinio medesimo ai
primo entrar del Po nella campagna de’ Forvibiesi, ond’egli nomina in
primo luogo nella region traspidana V ibi forum ( i ).
Toglie nulla alla esattezza di questa indicazione 1’ errore del sotterraneo
condotto, ch’ivi Plinio ha supposto al fiume del Po, dentro cui dopo
scorso un tratto fuor della valle , il vi precipita , indi il fa risurgere nella
mentovata campagna ()). Fu cosi ingannata la credulità degli antichi e
de’ moderni , e questo errore forse non mai contradetto affascinò perfino
gli occhi di chi vedea tuttodì , od era parte egli stesso dell’ immediata
precipua cagione dello inaridire eh’ ivi fa il Po singolarmente ne’ secchi
giorni della state. Sembra che sia» voluto rendere matavigliosa l’origine
di questo fiume , di cui anticamente erasi pur divulgato , che la sua fonte
come per riposare, di state in snl meriggio sempre seccasse (4). Ma co-
testo sognato miracolo svanì pel continuo osservarsi inesausta quella fonte
(t) „ Padoj * gremio Velali mondi «e. finibili Ligarum Vagienaomm * Pii»,
lib. ) cap. 16.
(s) Ibid. eap. 17.
(5) Ibid. cap. 16.
(1) Pilo. lab. a cap. isj,
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ti
* perenne , ed altresì perenni , ancoraché nelle differenti stagioni più o
men ricchi d'acqua i torrentelli, che il Po ricoglie lunghesso la sua valle.
Non cosi l’altro del canal sotterraneo; che anzi il finir quasi repentino
di un fiume di gran nome, e ridursi a secco quasi nel disboccar della
valle, fece travedere l'ideato condotto, che l’ inghiotta, e nasconde.
Ad alcuni è panno , eh' ivi i’ acque del Po sieno assorbite affatto dalla
molta rena , eh’ esso mena giù dalla valle nelle sue piene , finche poi
e’ scappa per que’ strati di ghiaia , di sabbia , e di sassi quasi per le an-
gustie di una trafila , e quella ghiaia e que’ sassi gli servano di puntelli ,
o come di brevi colonnette sostenitrici di essi strati più o meno densi , e
V uno alt' altro sovraposti. Certamente vi si perdono e trapelano a quel
anodo assai fila sottili delle sue acque , e riescono dove il fiume sembra
risorgere. Ma principi cagione di quel suo improvviso scomparire sono i
molti rigagni , che di sotto la terra di Paesana , e mano mano in su l'e-
strema foce della valle scompartono e suddividono il Po , e vi si condu-
cono ad innaffiar i terreni de’ convicini luoghi , o pr altre bisogne dirì-
Vano e trasportano la più parte delle ancora scarse sue acque. Quinci scom-
parisce , a così dire il Po , e l' arenoso alveo suo rimane un Tratto quasi
asciutto. Ma più oltre nuove acque ricogliendo , ed altre filtrandone in
copia da vicine sorgenti, e quelle stesse innanzi perdute pr entro la rena
profonda , e i sassi dell' ampio suo letto , e cosi pur traplandone di quelle
istesse già sue , delle quali sono inzuppte le irrigate prossime campagne ,
novello fiume si vede formarsi tra Staffatela e Cardetto , e tutt' altro da
quel di pria.
L’ uso di que' canali , eh’ ivi dividono e trasportano altrove quasi tutto
quaot' è il Po , non è meno antico delia popolazione di quella contrada ,
la qual non pteasi altramente rapire alla sterilità. L' istesso antico errore
del sotterraneo condotto del Po si c dunque un testimonio di quello pra-
ticavasi infino da' tempi de’ Romani , e si continua a praticarsi tuttavia ,
cioè della necessità di cosi divertirne le acque , e della continuata industria
di que’ popolani pr l'agricoltura. L‘ istessa gotica barbarie r che creò tanti
diritti, e ne aggravò la terra, vi ha rispttato, o pr dir meglio non osò
vincolar cotesta pratica , senza la quale sarebbono rimasti inutili i nuovi
suoi pesi o diritti su gli uomini e su le terre de'dintorni di Valdip. An-
cora sul fine del dodicesimo, e in principio del seguente secolo ritroviam
che a que' poderi arrogavasi come accessoria e sequela la facoltà d' annaf-
fiarli. Perciò allorché nel ijn, e 1317 il marchese di Saluzzo affrancò
gli uomini e i beni del comune di Revelio dalle tante servitù della feuda-
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16
Jità , appena si fc' cenno del diritto di usar delle acque del Po. Ma per
molti documenti apparisce , clic in quel secolo , e sempre dappoi il comune
stesso usò di compartir a’ suoi terrazzani Tacque derivate dal Po pe’rigagni
sopraindicati, c scemarne talora, o divietarne affatto le derivazioni , quando
nelle più strette siccità divien si povero il fiume, che giova serbarne l’ac-
qua per gli altri usi più necessari. In cosi fatte angustie non si sarebbe
egli penato a deviarla , onde non s’ inabissasse , se vi esistesse il supposto
traforo, o non si perdesse affatto tra le sabbie di quel tratto di alveo,
ch'indi suol rimaner asciutto, se questo appunto non seccasse per la più
parte , perchè T acqua vicn di sopra deviata ?
La campagna de’ Vibonesi cominciava bensì là dove nove! temente il Po
risorge (j), ovvero poco di sopra, ma si è in quella moderna di Staffare)*,
che convien ricercar il sito di Vitiforum , cioè a dire nella regione ancor
oggidì dinominata Cintila , nome che rimembra la positura di luogo o
città, che non esiste da un pezzo. Ne‘ tempi mezzani un’ampia bo staglia
ricopriva gran parte di quella terra (6 ) , cui a un lato confinava altro
pie col deserto detto Armondinum quasi circondato dal Po, e dove boschivo,
dove rfuroso, dove coltivato, ceduto poscia a’ monaci di Staffarda ( 7 }.
I termini dell’agro Vibonese furono Montebracco , il Po, e il torrentello
Grana, che mette in Po presso a Cardetto. Appiè di Monbracco T odierna
terra diEnvie, nome apertamente travisato da in Vibiis , e tuttavolta chia-
mata Inviis nelle carte de’ bassi tempi ( 8 ), e più a nord-ovest Barge oc-
cupano in un col tener loro il resto dell’ agro suddetto. Il nome di questo
ultimo luogo non è meno antico del primo , ma della lingua del suo po-
polo, come il dimostra l’altro rammentato nclia Tavola Traiana de’ Vel-
leiati ( column. VI ) sa/tus pradiaque Barga su per gli Apennini. Ne’ se-
( s ) „ In Forov'biensium agro iterum exoriena ,, Piirt, lii. J eap. 16. Da Solino
chili" ali ager l’ibrmnentit cap. 8.
ff) Cr a?haritr nel'a carta Ulciese n.* XC , che i dell' anno 1075.
( j Da Enrico di Lucerna , ed Uberto e Piero de Hengrogna suoi fraielli : V atte
è de' ?8 giugno 1197, di Cui ne spiravano /' apprensione da Berengarìt marchete dì
Baica ; questi n’ era dunque il aignor territoriale. Sembrami, che Armendinum sia
qui diminutivo di Armariarm , che non sempre dinotavi regioni marittime, ma
cosi pure terre mediterranee e maroae , come lo prova Duboa Uist de la monarch.
. Frane, liv. I chap. 8.
, (8) Infra altre in quella del marcitele Manfredo 111 di Salazzo del ia)8. Charter
Ulc'uns pag 8p*
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*7
eoli di mezzo si scrìsse quando Bure» in diploma dell’ imperadore Ottone
IU del tool a prò del marchese di Torino Odelrico Manfredo (9), quando
Barigli in altro di Corrado il Salico ancor solamente re per la conferma
di questa e di più altre terre fùtilissimo nostro Bosoni , stu Widoni fra-
tribus Ar duini marchionis filiis : vi manca la data , siccome non rare volte
s' incontra ne’ diplomi e in altre carte de' secoli X , e XI, ma appartien
certamente all' anno 1 01 6 , in cui Corrado fu incoronato re , e assai giorni
s’intrattenne nelle nostre contrade (io). Si tornò dappoi a scriver Barga,
come tuttavia si dinomina. La terra c divisa in più borgate.
Varcato il Grana, Balniolum , e quando Bagniolum , o Bagneolum (t 1),
nome chiaramente dedotto da Balneolum. Molti de’ nostri villaggi , i quali
traggono il lor nome dalla pura lingua latina , ci danno a vedere qual sia
l’ origine della loro fondazione , ancoraché di rado sieno ricordati dagli
antichi scrittori, i quali nè vollero, nè dovettero annoverar tutti i luoghi,
ma solamente i più celebri , o lunghesso le strade più frequentate. Bagnolo
era compreso anticamente nel contiguo tener di Cavorre , dove eravi un
bagno pubblico , ed una piscina , che Attilia Asprilla sacerdotessa del tem-
pio di Drusilla fece costruire in un proprio podere , e ne fe’ dono a suoi
municipi (11). Ahche Bagnolo è diviso in più borgate: l'antico castello
giace in quella del Villare accostantesi viepiù alla montagna. I Vercellesi
1‘ assediarono nel 1119 irritati dalle incessanti molestie , ed estorsioni , che
que’ castellani faccano a’ peregrini vercellesi , i quali strascicati dalla super-
stizione , e dalla licenza repubblicana teneano quella strada , recandosi a
Nostra Donna del Becetto in Valdivaraita (1$).
L ' antichità di Cavorre per lo passato conictturata pei molti monumenti
ivi scavati , e ne’ suoi dintorni , fu a’ nostri tempi verificata per mezzo
della pregevol lapida , che dirò geografica discopertasi presso a Cataglio ,
(9) Questo diplomi , di coi si fari uso pili volt* , è rapportato nell’ Jddaiit illu-
stra™ T. s pag. 11 : n‘ ho presso di me un antico transunto molto più corretto.
(10) V. Documenti in fine num. 1.
(11) Chartar. Ulciens. num. XXVII, XXVIH, e CCXIII.
(11) Veggasi li disse rtazio-e sopri le cittì di Pedoni , Ciburro ec. pig. Sg.
(in Non dee punto maravigliare , che i Vercellesi venissero così di lontano a far
cotesti vendetta , e nino inciampo gli abbia irtestatì tra ria ; perciocché aveano
allora de’ sudditi , e de’ vassalli sneh- 1 mezzodì del fiume di Dora Bauzia , •
delle pratiche cn' Torinesi. Ancor nel sta? il conte Tommaso li di Savoia sene
valse , per sedar tlcune fazioni risulte in Torino ; v. ne’ documenti num. Lv
)
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i8
osila quale » la pur menzione di un curator rtìpublic et Calurttnsium ,
che noi diremmo amministratore del patrimonio di quel comune {14).
Continuò ne' tempi di mezzo a chiamarsi Caburrum (rj), c pel facile
cambiamento della B nella V , ed a vicenda, anche Cavurrum, e Cavorro,
come si dee leggete in vece di Cavaoro neila carta di concambio tra 1 ’ a-
bate di Nonantola , e il conte di Pombia del 1054 ( l6 l- Lo stesso nome
accomunavasi alla rocca , ebe torreggiava in sul veramente singoiar ceppo
di monte staccato da ogni banda , clic sorge appresso Cavorre.
Non è ornai più possibile d' indovinar precisamente i limiti di tanti pic-
coli popoli , e di tante non meno oscure antiche terre , ma pare almcn
verisimile , che s’ appartenesse a’ libelli tutto il tratto quindi dai Grana
iasino all’ influente del Pelice nel Po , verso cui esisteva la terra di Musi-
nascurn ancor menzionata nel sopradetto diploma del 1001 , e in più altre
carte dell' undecimo secob (17). Nel 1074 la duchessa Indila minor so-
rella di Adelaide vi fondò un monistero intitolato a s. Pietro , che si sot-
topose nei 109; alla badia di Pincrolo. Villa Musinoseli è detta da Fede-
rico I in diploma del 116) a pio de’ Romagnani. Albra quel luogo era
già scaduto , ma fu rovinato affatto verso La metà del secob XIII in un
con li vicini di s. Stefano , e di Cantogno. Dalle loro 'ruine prese augu-
mento la poco discosta Vii lafranca lunghesso il Po. La cronica di Rivalta
attribuisce al conte di Savoia (Tommaso II) nel 1139 di aver edificato
Villafranca dì Piemonte (18); dicasi che l'ingrandì, e 1 ’ affortificò , per-
ciocché l’atto summenzionato del 1197 per la badia di Stafarda vien da-
tato ad Villamfrancam in ripa Padi.
Quindi rimontando in verso il Pelice , Marcerutum , e costrutti Marche-
ritti ; le sue vestigie conservano il nome di Macerane , e la sua rovina
coincide con quella di Musinasco, di s. Stefano, e di Cantogno. Altresì
il nome conservano di quest’ ultimo luogo un casale , ed il vicin rivo
formato da sorgenti scaturite più sopra quasi appiè della roccia di Cavorre.
Più là a ponente Famulasca , Camp ilio , Vibiana , o Vibianum , come
(14) Nella soprari rara dissertazione $. t.
(15) Come nel cosi dinominato testamento del vescovo Landolfo del 1037. V. do-
cumenti in fin. num. III.
(16) Antiq. irai. T V col. 437.
* (17) Adelaide illusrr. T. a pag. 311, 3*6, 3*!.
(18) Rer. Italie, script. T. XVII col. 1341. - . ■
** ■
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, »?
quest’ ultimo a vicenda si dinomina nell' età di mezzo , e non prima del
secolo dodicesimo Bipiana. L ’ antico nome di questa terra è per avven-
tura derivato dai VibtlU , i quali paiono non potersi altrove più acconcia-
mente collocare , senza scostarci troppo da’ Vagienni , e dai Magelli , se-
condo r indicazione dataci da Plinio ( lib. j cap. 5 ) , il quale ancoraché
sembri aver seguito l’ordine delle desinenze de' nomi, però e’ parla espres-
samente di questo lato delle alpi de’ Caturigi , nè vi si trova altrove un
più chiaro vestigio de’ VìbtUi. Del resto a poca distanza di sopra Bibiana
abbiamo Finisidum cosi detto nel 995 (19), cioè Fcnis, o Fenil oggidì,
nome trasformato dall’ antico Ai Fìnti , e eh’ indica sempre un termine
del tener di un popolo , o di una città. Il piano di Bibiana , e di Fenil si
va quasi a confondere colla imboccatura di Val di Lucerna, la qual piglia
nome da quello del suo capo-luogo. Parmi verisimile che dapprima questa
valle s’ appartenesse a’ Vibelli , nè saprei dire , se il suo come , che pur
sembra pretto latino , derivi in origine da questa lingua , come sembrano
derivarvi que’di Luccntum , o Lue enfia , e di Luceria, ovvero se non
piuttosto sia stato latinizato a questo modo , ma dedotto dalla barbara
lingua dell’ antico suo popolo. Imperciocché una situazione pari a quella
del notabile luogo di Lucerna posto in fondo alla valle , che serve pur di
sboccatura a più altre vallate, non meno che di entrata per introdurvisi
nella principale , chiamavasi dai Celti lukka (10) , 0 lukt nella lingua
germtnica vale ancora adito, apertura ec.
Valdilucerna è parallela a quella del Po , alquanto men Innga , ma più
ampia e divisa in più vallate , e molto più fertile ed amena. Risale infino
alla sorgente del Pelice , e al giogo o collo della Croce , donde poi scen-
desi nel Delfinato. Più in qua a guardia del varco vi stava a cavaliere il
forte di Mirabocco. Alla sua destra un gruppo di montagne , che paiono
diramarsi dalla massa di Monviso , la divide da Valdipo. Appunto i circo-
stanti monti di Valgliizzarda ( val/is Guichiardi ) una delle vailette di
Lucerna, raggruppami con que’ della terra di Crisolo in Valdipo (zi). &’
.(19) Picm. cispad. pag. J07 in diploma di Ottone HI per Atnizone vescovo di
TminO.
(ao) l.eibnitv. Collier, etymaleg. pag. 1T7.
(a 1 ) Gofclivlm* signor di Lucerna donò nel vi 9 ralltm Cai -ardi al moniatero di
Sratirda, see >ndoché labi ar equ i pendendo usque od monte: CrisoVi . • . . ab elitra pana
monte: irritili eie. Un Piero di Ridolio tenendo Valghizzatda in suflcuda dal men-
Jtò
notabile ch’uno de’ gioghi di comunicazione dall' una all'altra valle fu sem-
pre distinto col latin nome di Porta , e chiamasi tuttavia il Collo delle
Porte. A tramontana un altro gruppo di montagne un poco men denso
separa Valdilucerna da Valsammartino , e di Perosa , e quinci dal Delfinato
la dividono le alpi de* villaggi di Bobbio , e del Villare. Il monte , da cui
scaturisce il rivo Subiasco , il qual mette in Pelice di sotto il Villare ,
panni 1* Alpis Subiate a dell’ antica carta CXLVIII del cartolare di Ouix ,
della quale si favellerà nel decorso. Castrarti Turris in su l’entrata della
trasversai valletta di Angrogna c diroccato , come pure più là castrar»
Hetigronia in valle de Hengronia. A molti villaggi , come al suddetto è
rimasto il nome di Torre, perchè gli antichi molte ne fabbricarono a’con-
fini , o sparse per le province , e negli stretti de’ monti e dolle valli , per
arrestar le incursioni de’ nemici massimamente a’ confini della Gallie (il).
In verso la foce di Valdilucerna alla diritta del Pelice un poco di sopra
1* influente del torrentello Lucerna Castrar n et Forum Lucerna ; ma dell"
antico castello vi sono appena più le vesógie. La terra c ancora popolosa
e di traffico , ma assai meno di allora che ne’ secoli XII , e XIII trattava
co’ Delfini e conti del Viennese per regolare il vicendevole commercio, e
le gabelle delle merci , che vi si portavano , od usciano di lì pel Delfi-
aato. D’ indi varcato il Pelice , dopo breve cammino si esce della valle.
tonto signor di Lucerna , cedette pur egli nel Ili) il monistero suddetto ogni
suo utile diritto su quelli , ed io wallonn* Cernititi» quod ut in pennati domi torna
di Penile.
(sa) Amnian Mircelliuo lib. 18 cip. a.
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CAPO II L
il
Campagna de' Magelli tra il P elice t il Chitone, e il Lemina.
- Valli* Diubiasca.
Plinio colloca questo popolo immediatamente appresso i Vibelli , par-
rebbe a cagion della consimile desinenza de' loro nomi, se gii uni e gli
altri non fossero da lui pur collocati appresso li ben noti Vagienni alle
radici delle alpi, ch’egli suole estendere alle succedenti coliine, e un
tratto nelle suggette pianure indicate ab radicibui alpium. Quindi la stessa
capitai de’ Vagienni era posta nella moderna campagna della città di Bene,
come altrove si dimostrò.
Per una appena apparente analogia di nome furono i Magelli trasportati
per alcuni fino nella Toscana in Val di Mugello , da altri nella Val Mag-
gia di sopra il Lago Maggiore, o Verbano, oppur altrove a capriccio.
Credono forse di giustificare un si fatto arbitrio, attribuendo a questi sub-
alpini popoli ciò , che Plinio avverti di quelli delle alpi marittime , de 'quali
la dimora incostante, e le origini era difficile d'indicar precisamente, per-
chè dessi furono piò volte trasportati da' Romani in piò luoghi diversi ,
come era accaduto agli Ingauni ( agro tricies dato) (i). Cosi tra que’ Li-
guri trasalpini e delle vicinanze del Varo debellati da Marco Fulvio l'anno
di Roma 6jo Floro ( 1 ) annovera gli Euburiati , e gl’ Ingauni ; i secondi
H troviam poi adAlbenga, i primi furono poscia indicati di quà del giogo
nella descrizione di Augusto rapportata da Plinio , e noi gli abbiam tro-
vati nell’ Astigiana , dove Eburias , Burio oggidì : e’ vi furono dunque tra-
sportati da Marco Fulvio. Ma de' Vagienni, Vibelli, Magelli ec. non può
dirsi lo stesso, senonchè si sparsero alcun poco nei piani contigui alle ra-
dici delle natie loro montagne.
Singolarmente in Valsammartino, indi nel piano tra il Chitone e il Le-
mina abbiam manifeste tracce de’ Magelli , come qui appresso si vedrà, li
(0 Lib. j cap. 5 .
(a) Lib. a cap. j.
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ai
tener di Finisidum sopradetto , o sa Ad Finti estendessi dalia bocca di
Valdilucerna di qua del Pelice fin verso il monte de Clamonia , che pro-
lungasi assai di qua, e da cui sorge e piglia nome il rivo Chiamogna. Si
è quindi a' confini di Fenil e Bricherasco , che ci s' indica il termine della
campagna di un popolo , cioè de’ Vibelli , e l' ingresso in quella di un al-
tro , o sia de’ M .igeili , divisi in appresso gli uni gli altri dal corso dei
Pelice , siccome di sopra lo erano dai monti , che separano Valdilucerna
da Valsammartino.
La prima costoro terra a questo lato c Bricherasco in costa delia col-
lina , da non confondersi con Bicorasco in Valdisusa ricordato nella carta
di fondazione del monistero di Novalesa. A nord-ovest di quel luogo , e
di Osasco Miradohum dato nel x 064 all’abazia di Pinerolo , dal quale
dipendeano s. Secondo, e le contigue ville. Tra Bricherasco e Garzigliana
vi fu Manshreon : nel 1164 ancor si rammemora ecclesia de Montebreont
nel cartolare di Oubt ( num. XXVII ) ed il suo territorio {finis Mentis -
breonts ) si dice contermine a quello di Fenil ancora in uno strumento 1 j
dicembre tra i signori di Lucerna c di Bagnolo. Perì) insino d'allora
la terra di Monbrone era scaduta d' assai , e dipoi essendo stata sommerga
per una piena grandissima del Pelice , que’ terrazzani si ricoverarono nella
vicina di Garzigliana.
Ma si c alla sommità di Valsammartino , indi giù nel piano a sud est
di Pinerolo a manca del Chisonc che abbiam due terre , le quali in cote-
ste due estremità di territorio conservarono intero l’antico nome del loro
popolo, e l'una e l’altra ancor appellasi Macello. Incominciando dall’ ul-
tima , per risalir d’ indi a mano a mano su per la valle , scrivcsi a vicenda
curie Mugello , e loco Macello in due stromenti , 1 ’ uno regnante donino
nostro Berengario rege anno II indiatone VII , cioè dell’anno 889,
l’ altro regnante domito Rodulfo rege anno IV indiatone XII , cioè del
9*4. Forse immaginandosi d’ingentilir questo nome, o per altra bizzarria
il cancelliere di Corrado il Salico scrisse Magcdcllum nel soprallegato diplo-
ma del 1016, istrana eleganza imitata in una carta Ulcicsc , in cui pure
«rivi-ri Ma^adellum , pronunziando la g e la e così alla franzesc. Ma più
costantemente appellasi Macellum nelle altre carte de’ bassi tempi , e alcuna
fiata Mac[cllum , che toma a farci sentire la g pronunziata alla maniera
anzidetta.
Siccome trattiam di popolo assai più vallegiano e montanesco , e che
ignoriamo se per avventura si estendesse anco a levante della terra di Ma-
cello, giova rimontare inverso l’imboccatura delle sue valli. Travia presso
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il Lemina Buriades , Buriasco (}). Più là Pinarolium cosi detto nel sopra-
citato diploma del 99 j pel vescovo Amizone. Di questa città finora non
si trovò altra più antica memoria ; però il suo nome dedotto da pinetum.
selva di pini , onde abbondava il colle , alle cui falde giace Pinerolo , de-
rivando non dalla volgare e barbara , ma dalla latina lingua , ci manifesta
una origine molto più rimota. E' osservazione de’ dotti riconfiarmata da
Malici (4) antichi esser que’ luoghi dinotanti congerie d’ alberi , come Al-
barcto , Rovereto , Castagneto , Oliveto e simili , che furono Arboretum ,
Roborctum , Castagnetum ec.
Siam qui pressoché alla bocca di più valli : alla diritta la valletta di Le-
mina , intorno a cui basterà notare , che non appartenne a' Jemerii della
celebre iscrizione dell’arco di Susa, come altrove si era supposto (j). Nel
territorio suburbano di Pinerolo Tallatecus (oggidì il Talucco ) cella infra
regnum Langobardorum del cosi detto testamento di Abone patrizio dell’
anno 7J9, fondatore del monistero di Novalesa (6), a cui sottomette 1 *
cella o piccolo monistero nel villaggio del Talucco, del qual n’era patrono.
Altri beni egli possedea in questa stessa regione come nella valle Diubia-
sca nel luogo dinominato Biciatis parimente ne confini de' Longobardi (7).
Usò questa maniera di spiegarsi rispetto a’ beni considerati fuori del terri-
torio , che circoscrivea le vallate di Susa , le quali allora unite ai reame
di Borgogna consideravansi fuori d’ Italia , o sia fuori delia Longobardi».
(j) 11 vescovo Reguimiro verso il fine dell' ottaro secolo avea donato mrdìetatm
conis Buriadis a' canonici Torinesi del Salvadore , e questa ed altre sue donazioni
furono confermate da Arrigo II nel IO47. Antiq. irai. T. V eoi. 195.
(4) Verone illustrata T. I peg. *49 : aggiupne esser frequente nel Piemonte la desi-
nenza in ateo , perchè nel parlar latino doveva esservi frequente quella in aticum
„ che qui si sarà pronunziata in ascttm ; così Civasco da Cibatieum, Piozzasco da
„ Pletioticum ec. „ ma fallano gli addotti esempli come in Buriades suddetto , in
Piozzasco chiamato Plautiatica, in C hi vasto , c non Civasco, detto Clavtsium nel
medio ero , e Ciuvasce ec. Le antiche desinenze in ascum ed arca tono pur con-
servate nella famosa antica tavola de' confini tra’Genovesi e Vtitetii, come il sono
ancora in Piemonte , e altrove.
(4) Piem. cispad. pag. 5 a.
(6) Preiso Mabillon de Re éiplom. lib. 6 num. 61 , e Rtr. Italie, script. T. 1 part. a
col. 74Ò.
• (7) B>id. ” Colonica in valle Diuhiuca inira fines Langohardorum uhi dìcitur Bi-
» ciati*.
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•»4
Laonde il giogo di Sestriere» era a cotesto lato il reto limite de’ due do-
mini > Abone di nazion francese volle avvertire qual si fosse quello ,
cui erano sottoposte le terre da lui donate , ogni volta eh' erano fuori dei
limiti del dominio de' Franchi.
Resta a determinare qual si fosse la vai Diubiasca , e quale la sua esten-
sione. Annoverate le terre donate in Valdisusa, Abone passa a quelle,
che gli apparteneano nel prossimo tener de' Longobardi , cioè al Talucco
suddetto, e di 11 immediatamente rimonta a Val Diubiasca nel territorio
medesimo, indi travalica a quelle poste nella Moriana. Talché dobbiam ri-
cercare la mentovata valle di sopra Pinsrolo, ed il Talucco. A due scarse
miglia dalla città risalendo a manca del Chisone perviensi allò stretto , che
mette in Valdiperosa , il qual tuttavia si dinomina le Porte , siccome an-
cor ne' tempi mezzani c detto Porta , e Ad Portai il villaggio che vi
ha ( 8 ).
Cotesta valle , che nella sopcacitata carta del 1064 $' incomincia a di-
stinguere da Valsammartino , formava unitamente la Val Diubiasca cosi
appellata ha oltre 1 ’ ottavo secob dal nome del luogo , che n’ era allora il
principale , e decadde dappoi , ma chiamasi tuttavolta Dubione , e Gran
Dubione.
11 destino di questa valle fo di cambiar nome ad ogni cambiamento del
suo capo-luogo , che succedette rimontando d’ uno in altro. Da Dubione
trapassò cotesto onore alla terra di Pinasca posta alquanto più sopra , e già
innanzi la metà dell* undccimo secolo dinominavasi Valili Pintriasca , co-
me impariamo dal vescovo Landolfo nella soprallegata sua donazione del
10$ 7 , concedendo al monistero di Cavorre quello che era di sua ragione
dalla entrata della valle infino al dechinar del giogo di Losanis , colfo di
Lozon.
Ma scaduta anch’ essa la terra di Pinasca , di nuovo ascendendo su per
la valle , si fe' capo-luogo quella di Perosa detta Pirata nella carta del
1064 , e seguita ancora a dar nome alla valle. Questa ultima mutazione
succedette sotto i cosi detti principi d' Acaia , i quali di un forte castello
munirono la terra a difesa della valle; perciocché i Delfincsi insin d* allora
(8) Coti nella cani dell* anno 1064 , per cui la contea» Adelaide dotò la Chiesa
di s. Maria co"ttructam in ttrrireria vici P mirili , c vi fondò il monistero, che eoo-
linua a chiamarsi la Ridia , donandogli parecchie terre in Valdiperosa: appresa»
Gutchtoon Uist, le Savsit , frani T. IV paj >4, >7, ibi a).
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...
da Vakhchisone o di Pragelato aveano esteso le loto conquiste un trattò
di qua di Finestrelle, scendendo in verso la terra di Perosa. II nome di
Valpinasca si mantenne fin quasi allo scader del secolo XIII (9). Nè prima
dell’ undecimo fu dessa distinta dalla contigua laterale Valsammartino , per-
ciò compresa anch' essa nella valle Diubiasca , in cui Abone collocò il
villaggio di Biciatit ora da quc' terrazani detto Beco , che taluno italianizò
in Becegtia. Giace alla sommità nord-ovest della valle di sótto la famosa
montagna de’ quattro denti , dalla quale si spiccano , e risollevami quattro
punte di rocce , ed un solo malagevole sentiero conduce a quella cima.
Poco di sopra Becc sorge il torrente Germagnasca , che attraversa la valle
per tra mezzo. Più sotto a quel villaggio vi % incontra I* altro di Macel
detto costantemente Macellum, e Ma^cUum ancor ne' bassi tempi, il qual
conserva in cotesta superiore estremità di territorio il nome degli antichi
suoi abitatori.
I monti , che cerchiano Valsammartino a mezzodì , a ponente , e a nord-
ovest , e quindi la separano dalle valli di Lucerna e d’ Angrogna , di Se-
zana , e di Chisone o Pragelato , sono così pieni di forre , e di gole , lo
quali riescono in essa , e dipartono , che può dirsi la più aperta delle val-
late dell’ alpi. Dal canto del Chisone lo c viemeglio , onde si connette a
Valpineriasca, anche detta Pinoatca , e poi di Perosa. Oltre a ciò alla si-
nistra del corso del fiume senza notevole interrompimento risale infino alla
cima di Val di Pragelato , 1 ’ una entrando nell' altra. Il Chisone scendendo
a dilungo d’ occidente a levante per le due dappoi civilmente distinte valli,
dovrebbe dar nome ad ambedue. Già prima del mille troviam farsi menzione
di y allis Clutii , ma non appare infino dove se n’estendesse il nome. Nul-
ladimeno nel 10)7 Valpineriasca progredisce dal suo ingresso , o sia dal
villaggio delle Porte infino alla sommità del monte ( Sestrieres ) e al collo
(0) In carta de’ a arrosto i*t4 il conte Amedeo IV narra ” Oberttim Aurunciu»
„ matescaljum D. Dalphiai fuisse captum a fraire suo Ayinone , et luavimam
„ quaniitatem pecunie ab eedem Oberto injuite exrortam fuiise ; in restitutio-
,, netti danni sibi illati , et iniuris eidem Oberto facue don. vii prelato Oberto
„ mameitlo omne ius , quod habet in valli Pinaschi, et in mandamento vilhr
„ Piirow a loco qii dicitnr Mulinata usque ad fonrem Avlanei*. " Pinatea con-
tinuava adunque a dar nome alla ralle, nè altramenti il mandamtnr», o territorio
della Perosa espressamente si nominò, se non perchè le ragioni ivi cedute etano
ristrette deaero i limiti indiati.
4
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xS
di Lozon (io). Si vede pertanto un'incostanza nell’ uso di queste denomi-
nazioni , cosicché dipoi nel secolo duodecimo tra le pievi de valle Clusio-
ttis si annoverano quelle de Mentulis , de Fenestrellis , et de Uscello tutte
molto di sopra alla Perora (n). La varietà degli accidenti fece sovente va-
riar i limiti, e separare e distinguere in due almen di nome la valle con-
tìnua del Chisone ; ma egli è certo, che a’ tempi di Giulio Cesare l’odierno
Usseau era qui 1' ultimo luogo del dominio de’ Romani in Italia.
(10) Nell» catta sopracitata di Landolfo: " contulit plebem in valle Pi neoasca cuna
„ dote , mansis , decimi» ete. ab introita valli» usque ad jummuoi vcrricem mon-
„ ria , e» uique ad declivium coll' , qui ab incoiò Losani» dicimr , et usque ad
,, aquam , quae decurrit in vallest. ,,
(11) Carta dal 1165 Ciurlar. Uìe'ua. n.® XXVII. Il nome del fiume detto Cimimi
infino al decimo aecolo incominciò ne*due seguenti a acritcrai secondo la volgare
pronunzia Clmsm. eCkumm, aeppur quest' ottimo non è scorrezione nella stampa
della carta taddetta del 1064 per la bidia di Pinerola , siccome ivi lo è Ferir-
urtila, leggendosi nell' antico transunto FeatiulU, Oxtllum tre.
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CAPO IV.
Vallis Clusii : ad Portam Sistrariam : mons Matrona , al-
tramente in Alpe Cottia ; o sia da Valdichisonc injino
al giogo di S e strie re s , quindi injino a quello di Mongi-
nevra.
Cesare per la via più corta ritornandosene oltramonti a combatter gli
Elvezi con cinque legioni raccolte in Italia, nel travalicar le alpi s’imbattè
ne' Centroni , Garoceli , e Caturigi , i quali occupavano i posti più alti , e
sforzavano d' impedir il passo all' esercita Rispinti in più rincontri e zuffe,
pervenne in sette giorni da Octlo ultima terra della provincia romana di
qua dell’ alpi infino addentro a' confini de' Voconzi della provincia di là ,
od ulteriore , donde trapassò negli AUobiogi , d' indi ne’ Segusiani primi di
là del Rodano (r).
Altrove già si osservò essere l ' Octlum suddetto la terra di Usseau poco
più di un mìglio nostro di sopra il luogo di Fenestrelle (i). Ha pertanto
ognor conservato l’ antico suo nome , che pur corrisponde all’ alpestre sua
situazione. Scrivesi OcctUio dal geografo Ravennate (}) , Uxellum , ed
OsccUum nelle sopracitate carte , e quando Ocellum , od Vctllum come
nella XXV del cartolare di Oulx. In tutte le cosi fatte maniere si pro-
nunziò il suo nome dagli alpini popoli , e Cesare istesso rammemora un
altro Uxtllum ne’Cadurci in sito parimente alto e montanesco (4).-
Disegnavano gli Elvezi d’ invadere la campagna de' Santoni non lontani
da’ confini de’Tolosati ne'la provincia romana. Cesare prese quindi la via
più spedita , ond’ essere alla portata di soccorrere quella provincia , mar-
ciando all’uopo più dirittamente a sud-ovest, o di voltarti prontamente
inverso le terre del nemico, se per avventura intendea, che non si fosse
per anco mosso. In questo mezzo prese la via per Monginevra, Brianqon ,
Ambrun , e quindi verso Die ( Dea Focontiorum ) avendo alla sua diritta
(0 De' bell. Calile. Ilb. I cap. 6. '
(a) Piem. cispa d. pag. j5.
(l) Lib. 4 cap. re.
(4) Uxtllodumtm lib. I cip. f.
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xS
il paese degli Allobrogi suoi alleati, dove passò coll’ esercito, e d'indi
ne’ Segusiani nel tener di Lione , di sopra la qual città arrivò a tempo di
sorprendere una parte degli Elvczi al varco della Sonna.
D’ Anville attribuì a’ Garoceli Valdichisone , o di Pragelato, perchè li
vuol cosi detti dal nome di Ocelo. Ma poiché cotesto luogo s' apparteneva
alla provincia romana o citeriore, la qual era pacifica e suggetta, adunque
i Garoceli non sarebbono stati nemici de’ Romani , e di Cesare. Oltre a
ciò se questa valle si fosse tolta a' Garoceli , quando Augusto la donò a
Cozio il primo gli avrebbe descritti nel suo trofeo deile alpi tra i popoli
da lui sottomessi , e 1’ altro nell' arco di Susa. Ma già altrove indicammo
le terre di questa popolazione, nè prima che l’ esercito di Cesare travali-
casse di là del collo di Scstrieres , potè essere assalito dai tre alpini popoli
collegati. D'indi la sua marcia fu ritardata dalle frequenti scaramucce, che
ebbe a fare tra via contro a quelli , e non perchè il cammino da Ocelo
a’ confini de’ Voconzi sia tanto da non fornirsi in meno di sette giorni.
La strada per Occlum, o per Valdichisone , e quindi per Mongincvn
nelle Gallie si frequentò da' Romani assaporitila di quella per Susa e Val-
didora o di Oubc , e non cessò naimiea# di essere frequentata, dappoiché
il regolo Cozio in grazia di Augusto fece rassettar quest’ ultima molto
più agevole, che è descritta negli antichi itinerari. L'esempio del viaggio
di Annibaie avea certo indicato a’ Romani il primo cammino rammemorato
da Strabono anche dopo che si era aperto il secondo , narrando egli ( Jib.
V ) che da Piacenza venendo inverso la terra di Cozio ( per la sinistra del
Po ) varcati il Ticino , e la Dora , pigliava, i la strada , che conduce a di-
rittura ad Occlo : e altrove ( lit. IV ) accennandone come la continuazione
in ragion inversa , cioè da’ confini de’ Voconzi passando per la maggior
lunghezza del paese di Cozio , o sia dal canto di Ambrun , e quindi per
Briamjon e Scingomago infino ad Occlo termine della terra dt Co[io (j).
Questo si notabile luogo non giacca pertanto lunghesso la più nota
strada da Torino per Susa a Monginevra descritta dagl’ itinerari romani ,
che abbiamo a stampa , i quali neppur il rammentano , e tantomeno po-
teasi collocar ad Exilles, come alcuni han fatto, poiché non sarebbe stato
l' ultima lena del paese di Cozio. Monte Scstrieres era a questo lato il
naturai suo termine , e Augusto dipoi gli aggiunse Ocelo , e per conse-
guenza la valle , eh' ora diciatti di Chisone , o di Pragelato. U tener di
(5) O'xfXn •wi'paf t*c Kirm •)*( ibid
*9
quel luogo rimonta infino a Portiere { Portarium ) che alcuni chiamano
Pourierc , e di sotto Usseau scende in circa a mille trabucchi nostri , dove
finiva la terra di Cozio. Di cotal termine c rimasto a perenne monumento
il luogo di Fenestrelle. Nè altramente in più carte de’ bassi tempi questo
nome scrivesi quando Finistcllcc , e Finistrellet , quando Fenestrelle , e
FenestelU , se non per la diversa maniera di pronunziarlo usata dalle con-
finanti popolazioni di due alterate lingue diverse italiana , e francese. Tut-
toché insin d' allora il nome del luogo appaia guasto in bocca del popolo,
perù è chiaro essersi appunto dirivato da Finis terra di Cozio e del su-
perior borgo di Ocelo. Nel modo stesso che su la via da Susa a Torino
oravi il termine Ad Fines de" due territori , vi fu pur su quest’ altra là
dove finiva la prefettura di Cozio ; imperciocché cotali termini di divisione
del tener di ogni municipio , o colonia , o prefettura soleansi erigere mas-
simamente lungo le precipue strade etiam lapidibus positis prcesignanti-
bus (6) , qualunque volta vi mancavano i limiti naturali di monti o fiumi,
come da questo canto alle terre di Cozio eravi mancato quello di Monse-
strieres, dappoiché Augusto gli prolungò di quà il dominio ( 7 ).
D:1 mentovato termine, che diede nome a Fenestrelle, ce ne fornisce
anche il geografo Ravennate nuovo argomento ( loe. eit. ). Egli indicò ap-
punto questa via daMongioevra per Usseau a Torino, e del tutto ommise
quella per Susa; Alpedia — Gessatone — Occellio — Fines — S. Taurinis ,
cioc Statio Taurinis , siccome convien leggere. Questo esempio , ed altri
che altrove si addurranno di luoghi da lui ricordati lontani dalle strade
militari descritte negli antichi itinerari Gerosolimitano , e eh Antonino , e
nella tavola Peutingeriana ci danno a divedere, che egli non ricavò affatto
da questa , e da quegli itinerari la sua geografìa , ommettendovi soltanto
le notate distanze , come per alcuni si vuol supporre. Egli singolarmente
fece uso delle carte particolari , o tavolette itinerarie , le quali sotto gli
imperadori romani si distribuivano a’ generali delle armate , agli uffiziali in-
caricati a regolarne le marce , ed a’ ministri del corso pubblico. Cotesto
tavolette disegnavano una sola provincia , o regione , o quel solo tratto
di paese che aveasi ad attraversare , i confini de’ territori , le stazioni colle
Sir.-'o Fiacco Se errar, àìment. tr con*; ir. ìimir. pajr. 19.
{7} L' im pender Claudio da prefetto sollevò Cozio al titolo di re , indi Nerone
ridesse a condV'on di provincia cotesto si ristretto reame. Dicne Cassio lib. 69 ,
« Sue telaio in Ntr.
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So
distanze d' una ali' altra , e i luoghi circostanti o situati lunghesso il cam-
mino, i quali giovavano a farlo meglio conoscere. L'uso continuo di tali
carte obligaodo a rinnovellarle spesso , le moltiplicò , e non v' lia dubbio
che parecchie se ne serbassero ancora ne’ tempi mezzani. Su di cosi fatti
monumenti Guido prete di Ravenna compose nel nono secolo gran parte
della geografia , di cui non venne finora alla luce se non il meschino so-
pracitato compendio del cosi detto Anonimo Ravennate, formato certa-
mente dal più sciocco de' compilatori (8).
Di sopra Usseau Portarium piccola villa , che ne dipende come pur
quella di Loys o Loo alla diritta del corso del Chisone. Risalendo a manca
del fiume vi ha mano a mano più gioghi di monti , che d’ indi mettono
in Valdisusa. Il più aperto e facile, e che apre un cammino più frequen-
tato, si è il collo di Fenestrelle. I villaggi di sopra Portarium non com-
paiono innanzi il mille siccome appare dalle soprallegate carte della con-
tessa Adelaide , e del cartolare di Oulz , senza eccettuarvi nemmeno la terra
diPragelato, che pur dà nome alla valle, perciocché la carta ulciese CCXL,
la qual rammemora coliti de Pradagelada , non è forse anteriore ai iojo.
Quasi in cima della valle vi ha il piano dinominato Campus Sturarla in
altra carta ulciese CLIX , in cui l' antica chiesa di Oulz s' intitola sempli-
cemente Ulciensis ecclesia , e non vi si fa cenno della Pieve de' martiri :
onde cotesta carta non solamente pare anteriore al iojo, ma appartenersi
al decimo secolo. Indi appiè di monte Sestrieres il villaggio che piglia lo
stesso nome , cioè Porta Sistraria , e Ad Portam Sistrariam , dappoi sem-
plicemente Sistraria , o nell’ undecimo secolo Porta , ed a vicenda Petra
Ststraria , nome comune a quella villa, e all’ imminente giogo del monte,
che noi chiamiamo collo di Sestrieres , donde sorge il Chisone , e fin dove
risale la valle , e di là scendesi nell’ altra detta di Sezana.
Noi pertanto rincontrammo dalla entrata di Valdiperosa infino a cotesta
sommità i mentovati tre luoghi , che conservarono il primitivo lor nome
di Porta } il primo presso lo stretto , per cui entrammo nella valle Diu-
tiasca , indi Portarium , e finalmente Porta Sistraria, tutti e tre in quelle
gole e bocche di montagne, che per un'acconcia rassomiglianza antica-
(8) Non è <?i disperare che un di si rinvenga l’ origi ule della geografia di Guido
- Ravennate , il cui mss. era divulgato nel secolo XV , e in mano de‘ dotti , pa-
recchi de’ quali ne alarono , come Antonio Galateo di tim lapygia , il Biondo ,
Leandro Alberti -c.
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mente appellavansi Porta, e Pyla , come di molte così fatte stretture si
fa menzione da’ greci e latini scrittori. Tanto meno può dubitarsi della ro-
mana origine del nome di essi luoghi , poiché ci si c manifestata la strada,
che per la valle del Chisoue , altramente di Perosa , e di Pragelato ten-
nero i Romani infino da’ tempi della repubblica.
Valdisezana , nella qual discendiamo , fa parte del trasversai ramo di
Valdisusa, antico patrimonio del regolo Cozio. Ivi appiè di Monsestrieres
villa Seguirla , o Segovina , come scrivesi a vicenda , ora Cliamplas Se-
guin , e nell’ antico registro delle terre del Delfinato villa Segoiina est
ressorti ejusdem loci Raudovilher , e dipende tuttavolta da Rovillier in
sul cammino d’indi a Sezana. Ecco pertanto il vallone de’ Segovii , i primi
descritti nella iscrizione del coziano arco immediatamente innanzi a’ Segu-
gini , benché fossero questi il principal popolo, sotto il cui nome sovente
tutti gli altri si comprendevano. Ma Cozio volle in quella magnifica iscri-
zione nominar tutte le sue popolazioni tanto quelle già proprie , che le
aggiuntegli da Augusto. Non sembra che in ricordar primi i Segovii, e
Segugini abbia avuto altro rispetto se non alla loro situazione in sulle op-
poste estremità di questo insigne trasversai ramo di Valdisusa, primitivo
nerbo del suo dominio, ch’era tutto nelle. alpi, e terminava a poche
miglia di sotto Susa. Altrove io m’ ingannai , attribuendo a’ Segoni Sausc
di Cube: a’ non oltrepassarono Valdisezana, dove pur non troppo lunge
da Champlas Segtìin un’ altra Sause vi esiste , e Size detta Siga. Oggi dj
Rovillieres è più notevole; chiamasi RaudtnoviUianum da Abone patrizio
nel 7i9, che l'annovera tra i luoghi di Valdisusa (9), e perciò da non
confondersi con Randouillier presso Briancjon , la cui valle è detta Brian-
tina nella stessa carta di Abone. Bensì in tempi assai più lontani 1' una c
l’altra valle s’appartenevano al Segugini.
Certamente Monginevra non fu, come dell’Italia, il termine del domi-
nio di Cozio. Allorché Augusto gli sottomise i Caturigi , fu quello disteso
insino a’ confini de’Voconzi alcun poco di là di Gap, donde poi infino ad
Ocelo Strabono calcolò la lunghezza del reame di Cozio, come si vedrà
nel capo seguente. Istituitasi poi dal Magno Costantino novella provincia
sotto la denominazione diAlpiCozie, alle quali tolse Ambrun col suo di-
(j) ” Quidquid circa civitate Segtisia , rei in ipsa valle habere ridemor, hoc est
„ io Orbano , Cicimiaoo , Yorostio , RaudenoveUiano etc. " Lee eie col 74*.
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li
stretto unito poscia alia provincia delie Alpi Marittime, ritornò il domini»
dell’ Alpi Corie a ridursi dentro gli antichi suoi termini. Quindi l’ itinera-
rio gerosolimitano scritto intorno all’anno ))) fa incominciar quelle alpi,
o sia la nuova provincia da Rame presso la Duranza quasi a mezzo cam-
mino da Ambrun a Brìan^on. Cotesto termine era. stato pur quello della
prima signoria di Cozio , e de’ regoli suoi predecessori di la di Monginevra.
Quindi è che Tolomeo attribuì tutte quant’ erano le Alpi Cozie a due soli
popoli Segusiani , e Caiurigi , ed ai primi Susa , e Brianqon , agli altri
Ambrun, cadendo il punto di divisione a Rame suddetta (io), fin dove
estendeasi l’antico dominio di Cozio, e de’Segusiani , o Segugiui , cui
Augusto dipoi v'aggiunse i Caturigi.
Ma il celebre d’Anviile volle surrogare una sua conghiettura all’ autorità
di Tolomeo , perché gli c paruto più conveniente estendere i Caturigi in-
fino appiè dell'Alpe Cozia (n), e per questa immaginata convenienza at-
tribuì loro anche la terra di Brìa^on. Egli non avverti che Tolomeo sotto
il nome de’ due popoli principali Segusiani , e Caturigi ha compreso tutte
le piccole popolazioni dianzi suggette a Cozio in questo tratto delle alpi
da Susa infino all’ Alpi Marittime , indicandovi i precipui loro luoghi , per
dimostrar i territori di ciascuno de’ due popoli. Oltre a ciò la compen-
diosa sua geografia rispetto all’Italia, ed a’ popoli alpini ci ricorda l’antico
stato di quelli innanzi che Augusto ne facesse la divisione riferita da Plinio,
e perciò innanzichè i Caturigi fossero sottoposti al dominio di Cozio.
Bensì Tolomeo adottò per anticipazione il nome di Alpi Cozie secondo
f estensione , che gli si dava nella sua età , ed attribuì all’ Italia alcuni
degli alpini popoli , secondochè da Augusto erasi ordinato. Per la qual cosa
non gli aggiunti , ma i propri popoli di Cozio indicati da Tolomeo sotto
il precipuo nome di Seguitarti teneano già prima la terra di BrianqOn , e
non v’ha ragione niuna di trasportar la nazione ed il dominio d C Caturigi
fuori de’ confini , eh’ ebbe dal canto di Rame il territorio di Ambrun. Ma
quando pur la precisa autorità di un antico scrittore già per se non pre-
(to) L‘ er-ore , che ri s' ineontra nel sno testo Ut. j cor. f, è la trasposizione
delle Alpi Graie in vece delle Cozie rispetto a’ Caiurigi , e Segusiani , e delle
, Cozie in luogu delle Pennine rispetto a' Leponzi ; manilesso sbaglio de' copisti ,
come 1' ordine di sito il dimostra , col quale Tolomeo esattamente annoverò i
mentovati popoli ; tanto più eh’ egli avea poco prima collocalo i Ce Utoni ntlle
A'pi Graie, a' qoali veramente t appartenevano.
(li) Narice de 1* ancienne Gaule pig alò.
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n
ponderasse d’assai a «pólla arbitraria idea £ ctnvtnisnpa suppostavi da
d’ Anville , non c meno fallace 1’ unico motivo , su cui vuole appoggiarla ,
cioè a dire perchè Brianzoli venne compresa nella diocesi di Ambrun ter-
ritorio de' Caturigi. Adunque ei non fe’ che ripetere il motivo stesso , per
cui Adriano Valesio è stato il primo a supporre , che non a’ Segusiani ,
ma a’ Caturigi s’ appartenesse Briancon (i i ) , ed amendue argomentarono
dal presente 1‘ antico stato della diocesi di Ambrun.
I territori, che dipoi formarono le province delle Alpi Marittime, delle
Cozie , delle Graie , e delle Pannine , comechc per la più parte trasalpini ,
furono nulladimeno da Augusto sottomessi all’Italia (t j) , e cosi pure il
territorio de’ Caturigi , o di Ambrun fino alla istituzione della mentovata
nuova provincia dell' Alpi Cozie , da cui quella città venne separata , ed
unita alla provincia delle Alpi Marittime. Nondimeno continuò il suo ve-
scovo a dipendere dall’ Italia fino alla piena istituzione della metropoli di
Arles. Quindi poi la parte trasalpina della provincia così detta deli’ Alpi
Cozie rimase unita alla diocesi di Torino { 14 ) , cui erasi pur applicato il
(«a) Notit, Galli* antiq. in Brigando pag. 97.
(n) Plinio ( lib. j co p. so ) dopo riferita l' iscrizione del trofeo dell' alpi, la qual
tutti comprende i popoli, e territori suddetti, seggiugne fuse sst /ralla diit sacra,
ha gauss ejus sic .
(14) Pare che dapprima il Brianzonese e Valdisusa inhno al Po formassero l'intera
provincia delle Alpi Cozie. La notizia dell - imperio romano a’ tempi di Teodosio'
I le comprende fra le XVII province d’Italia, e continuano ad aver un preside
come innanzi ( tildi stet. 54 e js ediz. di Labbe ). Sotto Onorio, o per avven-
tura al più tardi sotto Vtientiniano III fu la provincia dell’ Alpi Cozie estesa in-
fino al Tanaro. Non l'cltrepassó durante il regno del grande Teodorico, percioc-
ché dalla su* lettera XV presso Cassicdorio cariar. lib. XI si ricava, che Asti
era tuttavia compresa tra le ritti della Liguria. Dipoi si prolungò d’ issai anche
di lì del Tanaro , e cotesta sua maggior estensione , di cui parla Paolo Diacono
lib. a cap. 1$ , le fu data dopo I' anno 576 , per compensarla della perdita di
Valdisusa , e dell' altra già fetta alquanto innanzi del Brianzenese , e della Mo-
riina , che Gontranno re di Borgogna ave» tolto alla diocesi di Torino , e all’I-
talia. Al p. Berretti , cui è partito , che durante il dominio de’ Goti in Italia f
nessuno ricordasse la provincia dell' Alpi Cozie (choragraph. Irai. co!. XV II). Sono
«dunque sfuggiti i monumenti , che la ricordano , a’ quali aggi ugnare no la lettera
del gran re Tcedorico ( variar . lib. 4 spisi. )6 ) scritta nel 494 , o al più tardi
verso il 510, nella quale condona il tributo della terza indizione prmìncialibus
Alpium Cortiarum. L' antica Politati» presso il Tanaro , dove Stìlicone nel 403
vinse i Goti , è posta per anticipazione nella provincia deli' Alpi Cozie da Cao;
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resto delle terre di Coito di li de’ monti. Laonde questa diocesi venne a
comprendere non solamente il Brianzonese, ma sippur la Moriana, dove
il principi popolo , i Medulli erano stati da Augusto suggettati a Coaio.
Quindi è che la città di S. Gioanni di Moriana ancor nella vita di santa
Tigris si mette nel mezzo della valle qua dicitur Coi nana (ij). Gregorio
di Tours afferma , che Ruffo vescovo di Torino tra il 560 e il J70 si
recò ivi nel luogo di S. Gioanni , quia tocus Hit ad Taurinensem quamdam
urbcm ptrtintbat ttmpore ilio, quo Rufftis trai episcopus (16).
La Moriana in un col Brianzonesc allora facea parte del primo reame
di Borgogna ; ma sul finir dell’ anno $76 ceduta da’ Longobardi Valdisusa
al re Gontraano , volle questi istituire il nuovo vescovado di S. Gioanni eh
Moriana , e senza consultarne il pap , dimembrò i territori della diocesi
di Torino di là dell’ alpi , ed insieme Valdisusa , e ne formò la novella
diocesi. Invano se ne lagnarono il vescovo di Torino , e pap Gregorio
Magno, il qual ne scrisse a Siagrio , e agl’ i stessi re do’ Franchi Teodo-
rico, e Teodeberto (17), Indi a pochi anni, cioè nel 5 SS vennero a con-
tesa i vescovi di Ambrun , e di Moriana pr fatto de’ limiti delle lor dio-
cesi , c l'istesso re Gontranno ordinò, che vi si ristabilissero quali erano
Stati innanzi. Ripiantaronsi i termini inter parrochiam Maurianensem , et
episcopatus conjaccntes ,- cioè tra le diocesi di Ambrun , di Moriana , e di
Torino. Il primo termine si stabili in parubus Italia in loco qui dicitur \
V elogia , usque in partes provincia ( del Delfinato ) uno distans militari »
4 civitacula nomen sibi impositum Rama (18); cioè a dire dalla orientale
*iodorio , e Giornante , o sia Giordano tao compendiatore ( de reb. Getiàt car.
30 )\ cioè a dire perchè ri era gii compresa a' lor tempi , non però a que' di
Stilicone.
( 1 S ) Appresso i Bollandoti T. Ili /unii.
(tfi) De gloria martyrutn lib. 1 cap. 14 col.
(17) Epistolar. lib 9 epist. ttg T. a col. 1312 , " fratrem nostrum Ursicinum Tau-
„ rinas urbis epistopum . . . grave in parrochii» suìs , qux in Francorum sii*
„ termini! perhibcr.tur , pixiudicium pertullsse . . . . ut alter illic eonrra eccle-
„ liariea statura , nullo eius crimine deposcente , constituerciur antistes. " Indi
nella lettera t<6 ìhid. " fratrem , et coepisropum nostrnm Ursicinum etc. ...in
„ parrochiis aiti* , qua intra regni vanti terminoi sunt consritutae , grave omnino
a, dicunt praeiodicrum sustinere , adeo ut contra eccleaiasticam observamlam ..
,, alte illic noa metuerù episcopus ordinari.
{18) Appresso Besson Mem, dee diecee. de Savoie , «elle prove num. CIX pag. 478.
V’ intervenne pur >1 vescovo di Grenoble riaperto ad altro termine « fumine
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ff
estremità di Valdisusa infino a Rame, dorè incominciava la provincia delle
Alpi Marittime, e quella vi terminava delle Cozie innanzi suggetta al
vescovo di Torino , e poi assegnata a quel di Moriana. Non c ugualmente
noto il tempo , in cui la valle di Brian^on fu tolta alla diocesi di Moriana,
e unita a quella di Ambrun ; il che non pare accaduto innanzi la metà
del decimo secolo, ma bensì più tardi. Se n’ appi esentò l' occasione, quan-
do l’ imperador Corrado il Salico di nuovo assuggettò la Moriana al vescovo
di Torino (19) ; riunione di corta durata.
Ristabiliti i termini del territorio de’ Segusiani , o Segugini al di là delle
alpi, ora giova ristrignerci al vero e natuial limite d’Italia, o sìa aMon*
ginevra , il cui proprio nome fu mons Matrona , nc quello di Alpis Cotti a
aggiuntogli dappoi potè giammai farvi obliare il primo. Perciò l'itinerario
gerosolimitano su la via da Briancon a quella montagna soggiugne indt
ascendi s Matronam. Ammian Marcellino n’ accenna la ripida salita dal lato
d'Italia per un’erta alta e difficile infino alla cima di monte Matrona così
detto per /’ infortunio accaduto a notti donna. D’ indi infino a Briancon
(ad usque castellani Virgantiam) il cammino è declive, più fàcile e spe-
dito (»o). .»
Quella etimologia del monte è favolosa : il suo nome è celtico al pari di
quello del fiume Matrona ( la Marne ) che i Celti già dividca da’ Belgi ,
come Cesare c’ insegna. La tavola Peutingeriana pare sia stata la prima a
indicarci qual monte per V Alpis Conia: a quel teàpo era già forte in uso
il nome delia nuova provincia delle Alpi Cozie, (f parrebbe, che quello si
prolungasse in. ino a’ confini dell* Emilia, se bastasse il dire che a un monte
delle vicinanze della città di Bobbio nome davasi di Alvis-cutia ancora nel
nono secolo, come altrove si notò (11).
La tavola Peutingeriana colloca la stazione in Alpe Cottia a VI miglia
Bus ita , quei in’ rat in /«#r>tn» fama 1, ut qui ai Birientimm cattmm , quei Sahauiia
rtcamr. Non dee far difficolti in qaesta cali il ti'olo di arcivescovo dato al
vescovo di Amb'un, p. ichè papa Bario verso il 465 area riconosciuto Ingenuo
vescovo di Ambrnn per metropolitano , ovvero arcivescovo, supponendolo 'ale,
1 successori d'ingenuo dappoi pretesero questo onore, conrendendo co' metropo-
litani di Arles , insino a che 1 ' ottennero veramente nel concilio di Francfort
del 794.
(<9) Distoma del 10)8 appresso Guicheaon BibU Situi, cent. 1 n. XC 11 L
ao Lib ss cap. 10
da Brianzoli , e dee cadere intorno al sito del villaggio di Monginevra po-
sto quasi in cima a questo varco del monte. Coiai distanza eccede per lo
meno di un miglio e un terzo la distanza vera , intorno alla quale sono
più esatti gli altri itinerari. Elevati dirupi spunrano sopra il burrone dino-
minato le val’.on de l'Alpette vicino allo stesso villaggio dal lato di tra-
montana. Esso già da più secoli piglia dal monte medesimo un come ap-
pellativo , e sembra aver perduto il proprio ed amico. Però 1’ anonimo Ra-
vennate incominciando appunto dalla sommità dell’ Alpe Cozia la sua de-
scrizione d'Italia, ci ricorda ivi per primo luogo Alfedia (zi). Pare fosse
questo anticamente il proprio nome del villaggio, cui il vicino vallone di
Alp.-tta ha conservato. E' molto meno verisimile supporre, die l' anonimo
abbia il nome del vallone trasportato al villaggio , perciocché quello c fuori
delia strada , e non occorreva , che le tavolette itinerarie , delie quali usò
1’ anonimo , o sia Guido Ravennate , nemmeno il rammentassero.
Quasi a due miglia di qua della mentovata stazione scende» nello stretto,
dove scorre la Dora Riparia, che sorge più di sopra. Alla bocca dell*
stretto giace il villaggio di Claviercs separato non sono molti anni dalla par-
rocchia di Monginevra, c vi sta appunto come chiave e porta della fona,
per cui convien passare. A questo lato la montagna certamente c più di-
scoscesa e più ripida che al iato opposto , ma il tratto più erto ed archi*
non eccede la lunghezza di 6o trabucchi nostri tra la capella di s. Gerva-
sio di Ctavieres , e il ponte.
Non prima del finir del decimo secolo, e su l'entrar del seguente s’in-
cominciò scrivere moni Generai , e Genevius , indi pur moni Janus , e
moni Genita , e Genera , e finalmente Ginebra , donde nacque la volgare
moderna denominazione. Innanzichc il divisato tratto dell’ alpi nome pigliasse
da Cozio, desse indi .tintamente eran dette Alpi Taurine, siccome i gioglù
loro chiamansi Taurini saltus da Livio (z j) , all’ occasion della immigra-
zione de Galli Bellovcriani in Italia. Questa generica denominazione di Alpi
Taurine si estese dal canto del sertentnone infin quasi alle Graie, o per
dir meglio infino al monte Iseran , e inverso le fonti dell’Orco} e dal
canto di mezzodì certamente infino a Valdipo, donde poi infino alle Alpi
Marittime, ed alle Viozene tennero i Vagienni clienti de* Taurini; talché
sotto il costoro nome per gli tempi della immigrazione suddetta tutto co-
(*;) Lib. 4 cip ;o
C»l) Lik - 5 c *t>- 34
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tetto lungo tratto di monti poti comprendersi lotto il nome di Alpi Tau-
rine. In cotanta «tensione quello di Taurini taltus a parecchi gioghi può
convenire , i quali aprono il varco d’ Italia in Francia , ma i piu accessibili
sono questo di Monginevra , e l' altro dell* Argentiera di sopra la vallo
propriamente detta di Stura , e di Demonte , il meno alto , siccome assai
meno discosto dal mare. Per esso già infin sotto il re Francesco I fece»
passar tutto il treno dell’ artiglieria francese , benché con istento e fìttici ,
perché non v* erano sentieri fatti , nc talvolta larghezza capace.
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capo v.
*
i
Lunghetta del paese di Co^o dagli ultimi suoi confini sud -
i ovest insino ad Ocelo lungo la strada indicataci daStra-
1 bone per Monginevra , o sia pel passo di Annibaie.
X-/a somma della intera distanza dall’ uno all' altro termine è incirca cento
miglia romane antiche , secondo il testo di Strabone lib, IF , dipartendo
però da’ confini de’Voconzi, eCaturigi, e passando per Ambrun, Brian^on,
e Scingomago infino ad Ocelo. Questa distanza parendomi eccessiva, altrove
io 1’ avea ridutta a miglia LXXX1X , perchè io toglieva Gap ( Fapincum )
a’ Caturigi , a’ quali veramente s’ appartenne. Laonde i confini de* due po-
poli , donde Strabone fa cominciar il paese di Cozio , eran anche più là di
Gap. Ora da V apincum a Caturigas , o Caturigomagus ( Chorges ) detto
poi Rigomagus nella sopradetta carta del patrizio Abone gl' itinerari l’ un
coll’altro combinati ci danno XH M. P; quindi ad Ambrun XVI, quindi
a Brian^on XXXVI , quindi alla cima di Monginevra V , altrettante di li
a Scingomago , e d’ indi fino ad Ocelo Strabone ne annovera XXVII , donde
perciò infino a Gap avremmo miglia CI. Ma neppur cotesta città doveva
essere i’ ultimo immediato termine del suo territorio , e del paese de’ Ca-
turigi ; onde a quel lato per giugnere a’ confini de’Voconzi, convien pren-
dere un poco di spazio di là di Gap.
Certo che gl’ intervalli diretti da cotesta città alla cima di Monginevra
sono minori delle sopraccennate parziali distanze itinerarie , cioè tra Gap
e Chorges X miglia romane anche scarse; da questo luogo ad Ambrua
niente più di XI , quindi a Brian^on XXVIU , donde fino al villaggio di
Monginevra altre V assai scarse , e la total misura diretta appena LIV
miglia, e secondo quella degli antichi itinerari LXIX. Strabone ne conta
LXXII , dipartendo però non da Gap, ma da’ confini de’Voconzi e Catu-
rigi , o sia dì là di Gap ; nè si possono dir eccessive le tre miglia , che
superano la misura notata dagl’ itinerari. Infatti il Burdegalese tra Davia-
num , e Fapineum ( tra Voinc e Gap ) ci dà una stazione Ad Ftnes a XH
m. p. dal primo luogo , e ad XI dal secondo ; sigle evidentemente scor-
rette , essendo nulla più di XII m. p la totale distanza da Veine a Gap.
Ricercando tra questi due luoghi il termine del territorio de’ Caturigi ,
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ewero del paese di Cozio , dovrebbe trovarsi all’ indicata dall' itinerario
mulatto ad Fincs , del cui sito non vi ha vestigio , se non c la divisioa
naturale , che vi fa il fiumicello fiueche a cinque miglia incirca da Gap
andando aVeine, le quali anche troppo abbondantemente compenserebbero
eiò che eccede nella misura di Strabono. Nulladimeno anche colla giunta
di quelle la distanza assoluta dai confini suddetti alla cima dell’ Alpe Cozm
arriva appena a LIX delle miglia romane. \
D’Anville per riconcklare colla misura diretta quella degl’ itinerari , tenne
conto dell' asprezza e delle ineguaglianze del suolo per tutto cotesto cam-
mino , e degl’ inevitabili aggiramenti suoi , come tra Gap e Chorges , pas-
sando la strada sotto il castello di Avan<;on , poi da Chorges ad Ambrun
rimontando lunghesso la Duranza , e quindi a Briancon per una valle , che
torce e ripiega rinserrata di continuo dai monti e dal fiume. Laonde delle
LXfX miglia notate dagl’itinerari non estimò di ridurne più di tre, e ciò
anche soltanto su l’ intervallo delie XXXVI notate da Ambrun a Briancon
Certo si vuole aver riguardo alle inegualità ed asprezza del terreno , e ai
circuiti del cammino , gli uni c le altre ivi però meno forti che di què
del villaggio di Monginevra. Ma tuttavolta l’eccesso della notata misura
itineraria a paragone della diretta sembra troppo grande tra Chorges ed
Ambrun , nc cotanto scabra e tortuosa è la via , per supporre che ne lo
compensi. Io punto non dubito di attribuire ad errore de’ copisti l'indica-
zione di XVI tra Chorges e Ambrun in vece di XIII dell'originale; cioè
a dire inavvedutamente hanno congiunto le due prime unità , e formarono
la sigla V , siccome altre volte l’ hanno divisa , c vi fecero li ; sbaglio
troppo fàcile, né infrequente negli antichi manoscritti degl’itinerari, del
quale solamente la cognizione della località può farci avvertiti.
Abbiam dunque a dedurre sei miglia dalle mentovate LX1X , e ad ag-
giugnere alle restanti LXIII la distanza da Gap a* confini de’ Voconzi , che
dee cadere all’ Ad Fincs suddetto , indubitato termine di due territori. Se
ivi il torrente Bueche n’era il limite, rimarrebbono ad aggiugnersi allò
miglia LXIII incirca altre V. Quel confine era parimente luogo di muta-
zione , o sia di posta de’ cavalli pel corso pubblico , che soleasi ne’ villaggi
stabilire : non ve n’ ha traccia oggidì , ma pare dovesse trovarsi di qua del
torrente medesimo, nc troppo discosto da quello. Non si vuol adunque de-
trai nulla dalle miglia LXXII computate da Strabone, tanto più che dai
confini de’ Catnrigi e Voconzi vanno infino a Scingoniago lunghesso un
cammino disastroso in mezzo a montagne, non ostante l’apparente eccesso
di quelle in confronto della misura diretta. Tra i livellamenti geometrici, è
4 « .
le misure itinerarie non ridutte a retta linea ed orizzontale sono sempre
più o meno grandi le proporzioni da computarsi , o da ridursi in ragione
delle varie inegualità del terreno , e tortuosità del cammino , le quali non
possono esprimersi , nè mai esattamente rappresentarsi su di una carta.
Quindi pur le migliori carte topografiche, nelle quali gli spazi sono deter-
minati per via di accurate operazioni geometriche e positive , ci danno co-
testi spazi piuttosto raccorciati che altramente , a cagion delle qualità e
degli accidenti delle terre pressoché incalcolabili. Ma di tutto ciò tennero
scrupoloso conto i Romani nelle lor misure itinerarie, altrettanto che noi
non vi badiamo abbastanza ; donde dc avviene , che quelle misure paiono
talora eccessive in confronto delle nostre.
Ma non ci siamo ricondutti che sulla cima di Monginevra seguitando
gli antichi itinerari. D’ indi ci portano fino appiè del monte per cinque
miglia di viaggio , donde poi volgono a Susa. Ma Strabone seguitando il
•ammino e le misure della marcia di Cesare , e perciò contro il suo co-
stume notandovi le distanze in miglia romane , ci conduce quindi ad Ocelo
per tutt’ altra via. Era appunto questa la maggior lunghezza del paese di
Cozio , eh’ egli calcolò su quella del mentovato cammino da' confini de’Ca-
turigi e Voconzi procedendo per Gap , Ambrun , Brianqon , Scingomago ,
a pel varco delle dipi infino ad Ocelo : a Scingomago già si chiama Italia :
indi ad Ocelo vi ha miglia XXVII. E’ il vero , eh’ ei suole fare incomin-
aiar Italia dalle radici delle Alpi (i), donde per lo più ella civilmente co-
minciava , innanzichè Augusto avesse fornito di soggiogar i popoli alpini ,
«he poi aggiunse all’Italia; ma è vero altresì, che Strabone scrisse la sua
geografia a’ tempi di Augusto, e dopo quella sua nuova ordinazione, celie
egli qui noti ben distinse il passo delle alpi , o sìa la cima di Monginevra
da Scingomago situata di quà alle falde del monte, nominando questo dopa
di qjclla terra. Nulladimeno è chiaro, che le sue LXXI1 miglia suddette fini-
ccono a Scingomago. Laonde alle LXVIII degl’ itinerari da’ mentovati con-
fini insino alla cima dell’ Alpe Cozia aggìugnendo le V fino a Scingomago*
la totale distanza secondo quelli combina col computo di Strabone, no»
(i) Llb 4 in fin. I Romani avean già prima traicelto Scingomago per notare la di-
stanza da Roma inlino a questa piti avanzata estremità d'ItaTit, come Plinio rap-
porta ( Uh. 2 cap. to8 ) mque ad Cingomagttm eicum m. p. DXVIII ; distanza d-reru *
e perciò assaissimo minor di quella notata negl' itinerari t che ci guidano di luog»
ìd luogo alle successive stazioni soventi Tolte per lunghi inevitabili circuiti.
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4 *
considerate le frazioni calcolate da’ medesimi per un miglio intero , e da
lui neglette. Il che giustifica l’esattezza di questo scrittore, non meno ebe
la correzione da noi fatta su di alcune delle sigle degli stessi itinerari.
Dalle radici di Monginevra, o sia dalla positura di Sezana fino ad Ocelo,
od Usseau Strabene ci rapporta miglia XXVII lungo il cammino tenuto da
Cesare. Ve n' ha poco più di XV per la distanza diretta, ma vi ci troviamo
non solamente su di un terreno alpestre inuguale difficile assai più che all’al-
- tro lato di Monginevra , ma altreò per una strada , che sale , scende , torce,
rigira ad ogni tratto , c oltre a ciò intersecata da’ gioghi ardui o colli di
monti , come quello ben alto di Sestrieres. In cotali casi non è raro che la
marcia , cui siamo astretti , raddoppii alcuna fiata a paragone deila distanza
diretta. Nondimeno la fama della marcia di Annibale avea renduto sì celebre
questo cammino , talché fu de’ primi a ritentarsi da’ Romani. Altroude il
passo per Monginevra è il meno malagevole, nc vi ci poteano pervenire per
la via di Susa , perchè vi sarebbono stati troppo più esposti , e più lunga-
. mente agli attacchi ed insidie de* regoli predecessori diCozio ancor loro ne-
mic j ed altresì facea d’uopo primieramente espugnar la città, onde aprirà
il passo per la valle trasversale, che conduce a Sezana.
Celesta strada per Monginevra, per Usseau, e Valdichisone, eh’ aveaa
te ’.uto i Cartaginesi , già notissima e famosa, c divenuta quasi inconosci-
bile per le esagerazioni di alcuni antichi scrittori , e dipoi per gli arbitrari
sistemi de’ moderni ; gli uni coll’ ingrandir la verità , narrando cose maravi-
gliose e strane, gli ultimi per dir cose nuove, e gli uni e gli altri perchè
parlarono delle alpi senza conoscerle, e le descrissero non quali son desse,
ir, a quali se le immaginarono , affine di proporzionarle meglio alle magnifì-
, cate difficoltà vinte da Annibaie. Comechc le alpi aprano molti passi, peti
nella costui età non se ne conoscevano, oppure non si praticavano che i
q”attto più in signi , cioè per la spiaggia Ligustica guadando il Varo, pei Sa-
lassi , pei Reti , C quello pei Taurini donde Annitale varcò in Italia. Po-
libio istesso quasi contemporaneo di quel generale , e che pur avea por Palpi
viaggiato sulle tracce della famosa marcia de’ Cartaginesi , per riconoscerne
i siri , ed avea parlato con testimoni di quella spedizione (1) , ci rammenta
que’ soli quattro varchi , come riferisce Strattone (j ) , il quale non indicò
(l) I ÌW. 5 cap. 9 in fin., e r 2 p ta.
(j) Life. ^ in svi fine. E* noisfeile , ebe il gran Pompeo recandosi in Ispaen* eonrm a
Settorio, st gloriò di aver discoperto per le al i un nuovo, e a lai più appettano
6
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inai altro patio p« Taurini , fiior quello che ci descrisse per fa tetra dì Co-
«io , nc altra via fuor della suddivisati, siccome quella , ebe da Polibio ap-
pellasi de' Taurini, donde Annibale era varcato in Italia. Questa sì positiva
autorità , per avventura inosservata insioo a ora determina adunque chiara-
mente per Monginevra, e Monte, txieies’ il passo dell' alpi , ed il cammino
tenuto da quel generale.
Allorché dal sito ove egli avea varcato il Rodano nelle vicinanze oggidì
<T Orango, , mosse verso la cosi detta isola degli Allobrogi appresso il con-
fluente dell' I tara , diede a divedere, che volea dilungarsi dal mare, per evi-
tar l'incontro del romano esercito, ed affrettare la sua passata in Italia. La
più vicina a quella isola, ed insieme la più diretta e consueta strada deli'aipi,
fùorichc net fitto inverno , ora da' Francesi dinominata la petite route , si è
certo per la parte meridionale della diocesi di Grenoble, rimontando quasi
lunghesso il fiumicello della Romancbe, e per l’Oisant e Val di Moncsrier
a Brianqon , e a Monginevra , come già Follard assai bene osservò. Si sa che
in que ta* marcia furono i Cartaginesi mole, tati dagli Allobrogi, e costoro
clienti infìno al passo dell' alpi , il che non sarebbe accaduto a quelli , se
avessero preso un’altra via discosta dagli Allobrogi. Talché appare più ma-
nifesto l' errore di Livio , il qual dalla costoro isola fece retrogradare i Car-
passe di quelli) gii tenuto da Annibale, coire appare dalla sua lettera al Secati,
che leggevi nel bb. j de' tur menti delle istorie di Sallustio. Appiano vvrso il
fine del primo libro delle guerre civili indica vagamente Coletta via la errili t
fiumi dii Po e iti Rodano , le fonti de* quali ha mal supposto non esser molto
1' una dall’ altra distatiti. Il nuovo passo ritrovato da Pompeo mi pare quello
dell’ Argentiera per la valle di Stura o di Demante a ao migli) nostre a mez-
zodì delle fonti del Po , ed intanto Appiano ri non ino il Pei. ut) che scorre
presso Avignone, perchè fu desso appunto il cammino più diritto tenuto da Pom-
peo d‘ indi per la Narbonese Egli stesso narrò nella mentir rara sua lettera di
aver il nimico g’à accostatosi alle rime d' Italia d scaccialo dalle alpi , ed ap-
punto Appiano soggiu/ne, ch'indi Pompeo pose il campo ad una terra chiamata
Lauro, la prese, messe a sacco, e la disfece. Egli adunque pel colk> dt'T Ar-
gentiera sceso in aai di Barcellonetta reone immediatamente il cammino che va
n-lla Provenza per le terre dell - Arches, Meyronnc , Jauzieres . Barcell nette ,
hliolan. e Laurts. La notizia di cotesto antico luogo sfuggi ad Adriano de Valuti,
e a d' Amil e. Ai mentovati quattro cammini d’Italia nelle Gallie Varrone ag-
giugneva cotesto di Pompeo ( appresso Servio aneli. Uh. io), e chiama par Li-
gans queliti di Annibale, perchè ( Taurini eran pur Liguri, e tali ai dicono an-
che da Strabono, e da Livio. . . .
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4 »
Mginesi infin li , donde prima erano dipartiti , riconducendoli cosi in Terso
il nemico , da cui e’ cercavano allontanarsi. Livio pertanto scambiò la mancia
di Annibaie, quando .si portò all'isola suddetta, colla sua marcia quando
dall' isola si portò al passo dell' alpi. Però egli è poi d' accordo con Polibio
intorno a cotesto passo, poiché d' indi il fa discendere immediata mente nei
Taurini, ed espugnare la costoro città {4). Non poteva altrove travalicar di
qua nc con minor disagio , nc per un cammino più breve , e conveniente
alle circostanze descritte da Polibio , le quali non si con fanno che a Mongi*
nevra, in sul cui plano potè Annibaie accampare, indi in Valdisezana , donde
salito a Monsestrieres , continuò a tenere la malagevole strada de' monti ,
per non rimaner soprafatto dai circostanti alpigiani. Ivi appunto s’ incontrò
nella montagna attinente al collo di Fenestrelle, d’ in su la quale fece osser-
var all’ esercito la bella pianura del Piemonte , il che non saria stato prati-
cabile in verun’ altra positura delle alpi. D’ indi riuscì finalmente per Vaidi-
perosa nel soggetto piano oggidì di Pinerolo.
Alcuni dotti fisici vogliono credere , che determinandosi precisamente i
luoghi delle alpi travalicate da Annibaie , cotesta scopetta gioverebbe alla
storia naturale di quelle, pel confronto dello stato loro a quell'epoca, so-
(a) Li. 2 r , cap. ]8 . 39 ■ Il treniovato sbaglio geografico di Livio indi sse in er-
rore mr. de jr. Simon ( hisr. de la guerre dee alpee , et i campagne de <-44) il
qual facendo pur egli dall' isola degli All b rovi retrogradar Annibale per Vaisnns,
e Cap, e di li nell' .smbrunese , il fa scende 'e in Valdipn pel giogo di Mon-
viso impraticabi'e pel suo esercito, cioè a dire dal parse de'Caturigi in quel
de' Vagienni, e non gii de' Taurini immediaramon c , come Livi) istesso narrò',
perlnchè io dissi altre vo’re ( d. Il' antico nato d' traila rat-, r 70 ) che Livio si
accordava in ciò cen Polibio , comtchè allora non mi fossi ancora ben avveduto
del sopraccennato suo errore adottato poi , ed accresciuto dal ir Simon. Il S'g.
Grrsley ( riterrai ens set F Italie pag, 40 ) ha in ultimo irtmaeinaro il passaggio
di A noibafe pel gran Moncinisio , perchè gli sfuggì’ nno le avvertenze snddiv'sate,
ed ignorava, che quel piò lungo, e d ffiril cattimi io incominciò solo a ten< r si
nei tempi mezzani. Livio tanto pili ri beffa di coloro , i q\*ali tradncevano An-
nibale a varcar per l'Alpe Penntna , o gran s. Bernardo ne* Salassi , agriugnendo
ntc verisimile est , ea tum ad G alila m partii ss* ilinera. Alt appesto calato Annibai*
in Italia, si trovò ne’ Taurini , id cum inter omnes cantar, eo mayh n.i^or ambigì .
( ibid. cap. in fin. ) Il farlo scendere per l'Alpe Graia, o minoi $. Bernardo
incontri la stessa difficolti , ed altresì non sarebbe discesa immediatamente nei
Taurini, ma tra i Salassi medesimi, e d’indi per Libuos G alias , cioè nel Ver»
ceìltse , come pur Livio avea già notaio*
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condo le detersioni degli antichi, collo stato attuale, per rilevarne quindi
il progressivo digradamento. Converrebbe supporre, che coteste de'crizioni
fossero esatte , altrettanto che sono esagerate , senza, eccettuarvi quella di
Livio. Ma p ichc non sembra potersi ragionevolmente dubitare, che il
passaggio eh quel gran capitano fu per Monginevra, e Monsestrieres , atte-
nendoci adunque a quelle descrizioni , converrebbe dedurne una assurdità ,
cioè a dire che dopo tanti secoli questa parte delle alpi invece di es ersi de-
gradata , è divenuta assai meno scabra e dùttile , che non appariva allora.
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CAPO VI.
i
Scingomagus : Ad Martem , o sia da Secano ad Oulx.
M uovianci ora pel cammino più agevole, che dicesi aperto, cioè rac-
conciato da Cozio. Le sicure indicazioni sopraccennate , le quali ci danno il
sito di Scingomago subito appiè' di Monginevra, sono sfuggite affatto amo-
derni esploratori dell' antica geografia. E* si attennero ad una invisibile ana-
logia di nome, per confondere quella tetra con Segusine , ovvero Susa (t).
Siccome l’itinerario di Bourdeaux , e la tavola Peutingeriana collocano
alle falde di Monginevra Gesdaone , o Gadaone a cinque miglia di qua della
stazione in Alpe Conia , eglino tantopiù s’ indussero a ricercar altrove Scin-
gomago, e a spiccamelo ed allontanarlo da quel monte. D’Anviilc sulle
tracce di Cluverio l’ avea dapprima riconosciuto per quello stesso , eh’ indi
si credette dinominato Gesdao , ovvero Gadto , oggidì Sezana. Ma perchè
questo luogo c dalla Dora Riparia diviso in due parti , conierturò in ap-
presso che dall’ una si rappresentasse Scingomago , dall' altra Gesdao , o
Gadao. Dappoi non pago di questa sua coniettura trasportò Scingomago
alle falde di Monsestrieres , abbagliato dal nome del villaggio di Champlas Se-
guin, in cui gli parve scorgervi alcun resto del nome de 1 altro ( 1 ). Egli
nemrnen si avvide, che staccando in tal guisa quell'antico luogo dalie falde
di Monginevra , e lunge trapiantandolo appresso a q< elle di Monsestrieres ,
non potea più dirsi, che da Scingomago incominciasse Italia, come affermò
Strabono , ovvero eh' essa vi terminasse , come Plinio affermò , e neppure
che da quel luogo infino ad Oc do vi fosse 1’ asserita distanza itineraria di
ventise te miglia romane. Lo stesso nome di Scingomagus indica un luogo
situato al varco di un fiume, oppur lunghesso, qual è Sezana; circostanza
inadattabile a Champlas Seguin assai discosta dalla Dora.
Pare anzi piuttosto che il nome di Sezana sia un avanzo di quello di
Scingomago , il qual ne' tempi mezzani in più maniere venne disformandosi.
I mentovati itinerari ce ne forniscono anch’ essi argomento ; quel di Bour-
deaux chiamandolo Gesdac ne , ci lascia travedere un arar de’ copisti, i quali
(l) Bouche , (tardo li in , Ve«s ting etc.
(ij Notici de 1 ’ ancienne Caule pag 588.
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4 «
nell’ originale non seppero , o non poterono ben dicifrar questo nome. Una
tal lezione apparisce tantopìù arbitraria , dacché nel nono secolo parve all'A-
nonimo Ravennate di leggervi Gasatone ($). Era viemeno leggibile nella
tavola Peutingeriana ( segm. a ) , e ce lo dà a vedere l' antica copia di
questo prezioso monumento pubblicata in Vienna d'Austria nel i7jj, in
cui appena più vi si leggono le prime due lettere, e le due finali, cioè
Ga ...ne , essendo corrose le tre lettere di mezzo , che niente di più ne
ammette Io spazio. Laonde su l’esempio di ciò eh’ era paruto leggervisi nel
sopradetto itinerario , si credette pur qui di potersi supplire , ommetrendo
una lettera , e cambiandone un' altra , cioè Gaiaone , tutti nomi stranieri
agli antichi popoli alpini.
In una copia del sopracitato Ottomano diploma del toot pel marchese
di Torino Odelrico Manfredo trascritta nel t $7 6 vi ha Sinsane per Sisana ,
o Cibane , come scrtveasi in sul finir del decimo , e nell’ entrar del seguente
secolo. Non saprei se ivi Sinsane sia lezione dell’ originale , ma rende alinen
più verisimile I’ opinione ili chi pretese che in documenti più antichi il no-
me di questo luogo fosse scritto quando Scintone quando Centone , siccome
pur da noi , e da’ Francesi prononziasi , e si scrive a vicenda Sezana , e Ce-
sane. Riesce perciò soverchia la correzione , che Hardouin ha fatto nel testo
di Plinio , in cui sta scritto Cingomagut. Giova anzi avvertire non essere
infrequenti gli esempli appo gli antichi dello scambiarsi la lettera S nella
C , o nella G ne’ celtici nomi de’ luoghi. Ma qui le circostanze locali , e
le misure itinerarie tanto prevalgono , che non vi rimane alcun dubbio in-
torno alla vera positura di Scingomago a Sezana. In questo luogo si poco
piacevole i principi o delfini di Vienna usavano risedere frequentemente ,
e tenervi lor corte; talché il delfino Guigone conte di Graisivaudan gli
ottenne poi dall’ imperador Federico I nel 115J il privilegio della zecca 4).
Sezana appiè di alta e vasta montagna è come in fondo della valle , che
porta il suo nome , la quale dai monti di Sestrieres , che la chiudono a
levante , vien dechinando inverso le basi di Monginevra. Quindi il torrente
chiamato pur Dora , che sorge da quelli dietro a Valsammartino , e presso
(0 Lib. 4 cip. ;e. ^
{4) " Putrita rem cudendi. et fabricandi novam monetam in villa, qme diritur Se-
,, zana, quae sita etr ad radirem roomi» lani , quia ibidem antea monetar fabrica
,, non erar , a nostra innestate impetrarli. " Memoires potir tenrii à Vhiatoirt da
Dauphiné pag. yfi.
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*47
all' angolo , ove i medesimi si uniscono alla princ'>pal catena Je!l’ alpi , di
cui dà levante a ponente ne va quasi lambendo le radici , disbocca nel
fiume di Dora Riparia poco di sotto Se zana. Disceso da Monginevra piglia
il fiume la direzione da mezzodì a tramontana infino a Stisa come per un
fondo più basso e scavato. La strada negli antichi itinerari descritta per
questo trasversai ramo di Valdisusa non potè scostarsi troppo dal.'a moderna.
1 villaggi giacciono a’ due lati del fiume: altri se n’allontanano più là nelle
vallette laterali , e subalterne.
Dopo Sezana discendendo vi ha Molleria ( Miollieres ) ( j ) indi alla si-
nistra del fiume Fenili i , che ritiene il nome di Fenils (6). Più in qua si
sporge insino al fiume la montagna di Desertes , il cui giogo inette altresì
nella valle di Briancon. Sembrami che Fenils suddetto fosse 1 ' Ad Fmes del
tener de’ Segovii , perciocché alquanto più sotto entrasi in quello de’ Sa-
vi nca rii , altro de’ popoli di Cozio descritti nel celebre arco di Susa. Ivi
poco lontana alla diritta del fiume la terra di.Sauvenceaux conserva ancora
intiero il nome stesso de’ Sav incatii , i quali benché si estendessero un
tratto di sotto Oulx , e lungo la tirata de’ monti , che divide d’ occidente
a levante il tener di Susa da Valdichisone o di Pragelato , e’ pierò non
toccavano infino a questa ultima valle, come arbitrariamente altrove ho
supposto. Tra Fenils e più in quà del villaggio di Desertes sorge il monte
e collo di Chaberton , che pur mette sul Monginevra presso a Clavieres.
li volgo suppone , che a questo fosse una volta preferito il passo pel Cha-
berton medesimo , il qual soprasta a tutti i circostanti gioghi , ed c perciò
il più malagevole ; il che basta a smentire quella volgar supposizione. Vi-
cino a Sauvenceaux vi ha Sause di Oulx a differenza di Sause, di Sezana ,
ed ambedue queste terre chiamansi Sauda in più documenti del cartolare
Ulciese. La prima vien pur indicata ( in Saudis ) nella carta CXLVI1I , la
qual certamente è la più antica di quante ve sono ivi registrate. E' dessa
una nota o ricordo delle rendite , e de’ censi , eli’ eran dovuti all’ antichis-
(^) Cariar, U’cim num. CLIX, carta anrerìore al decimo seco!.', come di «opra ti
no*ò.
(6) Vegetasi anche ivi la carta CLVIII , che è di Ugo III duca di Borgogna ma-
rito di Beatrice contessa di Albonne figliuola del delfino , donde appare , elle
■ delfini del Viennese occupavano gii nel secolo dodicesimo a danno de’ ac-
cessori di Adelaide contessa di Torino la massima parte di questo ramo di Val-
disusa. . . .
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4 *
«ima chiesa di J. Lorenzo di Oulx, ed è senza data, ma appare per più
argomenti anteriore d'assai al summenzionato Aboniano testamento del 7 $ 9:
10 la reputo scritta su lo scader del sesto secolo, o innanzi la metà del
seguente.
Il patrizio Abone donò pur al monistei© di Novalesa de' beni in Valau-
cis , cioè nella valletta di Oulx , il qual luogo quando Aacis , quando Au-
eiatis , quando l/lces si dinomina ne' secoli mezzani, come può vedersi nel
Placito tenuto dal conte Bosone in Torino nell’ 817 , in altro tenuto in
Pavia avanti al conte del sacro palazzo nell' 880 (7), e in piu documenti
del cartolare Ulciese. Per lo contrario nella soprallcgata carta Ulciese CXLVIII
11 luogo di Oulx continua a ritener il nome impostogli da’ Romani , leg-
gendovi de ecclesia baptismaìe sancti Laurentii in loco , qui dicilur Mar-
tibus in valle Bardonisca ; e annoverando le rendite c i poderi di sua ra-
gione , habet colonia indomimcata in Martibus. E’ questo adunque J’isresso
luogo indicato da Ammiano Marcellino ( lib. 1 j ) lunghesso la strada da
Susa a Monginevra , e di sopra il piano , che dalla costa del monte inco-
minciando, ad usque slaticnem nomine Martis per septein extenditur mi Ut cria.
Soggiugne , che da cotesta stazione si va per una salita più erta alla cima
di monte Matrona. La pianura da lui indicata principia di sopra la terra
di Exilles andando a Salabcrtraud , e appunto si estende infino presso ad
Oulx , donde poi ritornasi a salire. La lunghezza di cotesta pianura eccede
di poco jooo trabucchi nostri , o sei e un quarto miglia romane in linea
retta , che ce ne danno ivi sette abbondanti in misura itineraria.
In un solo intervallo da Ad Martis ( cioè Fanum ) a Briantjon 1 * itine-
rario di Antonino (pag. 557) ci dà XVIII m. p. Detratte miglia X da
Briamjon a Sezana , ne restano Vili quindi Ad Fanum Martis , quante pur
ne conta la tavola Peutingeriana da Gedaor.e ad Martis. L' itinerario ge-
rosolimitano o di Bourdeaux (pag. ^ 6 ) ce ne dà IX, perchè tenne conto
della frazione appena di un mezzo miglio, che fu ommessa dall'itinerario
di Antonino c dalla tavola. Quest’ ultima se ne diede poi carico nel suc-
cessivo intervallo da Ad Martis a Susa, accrescendolo parimente di un
miglio. La distanza diretta dal centro di Sezana a quello di Oulx c intorno
• a jjoo trabucchi; sicché per la misura itineraria vi ha di più un mìglio
e un quinto incirca; eccesso mediocre a paragone del cammino più ripido
e tortuoso da Oulx a Sezana.
(7) Aotii}. iti!. T. 1 col, 359, e 481.
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4 #
Sono concordi i meatorati itinerari su la distanza di XVI miglia da Ad
Marti* a Susa , senonchc la tavola , come già si osservò , ve n' aggiunse
uno , per compensar la frazione ommessa tra Sezana ed Oulx. ? notissimo»
che gli antichi itinerari talvolta intralasciano delle frazioni in più od in
meno , e le computano talvolta per altrettante miglia , afhn di darci sem-
pre de’ numeri interi. Ma finalmente nel corso del cammino per lo più le
compensano l'una coll’ altra, e dove le sigle non sono guaste da' copisti,
la somma delle note itinerarie corrisponde esattamente alla intera distanza
locale. Osservammo poc’ anzi , clic dal centro di Oulx ittfino alla costa del
monte , donde incomincia la pianura tra il monte ed Exilles , abbiamo 1 *
sette miglia accennate da Ammian Marcellino. Il totale spazio duetto lun-
ghesso la moderna sttada dalla costa suddetta, e per Exilles e Chaumont al
centro di Susa c di j+oo trabucchi nostri ; laonde anche qui è mediocre
l' eccesso della misura itineraria di poco più di un miglio e un terzo su
la diretta, riguardandosi al cammino, che talora sale, scende o serpeggia.
Verificate cosi le distanze dalie falde di Monginevra a Susa, rimangono
anche meglio determinate le positure di Gcsdacne , e di Ad Marti s. Oltre
a ciò l’ ultima c chiaramente dimostrata nella carta suddetta , che dinomina
tuttavia in Martihts il luogo ,. in cui alla parrocchiale chiesa di s. Lorenzo
spettano le rendite e i poderi ivi annoverati , la qual chiesa nelle poste-
siori carte vien situata in loco qui Ulcts dici tur. Questo luogo trovandosi
vicino alia bocca della vai laterale di Eardonesca , è talora parzialmente
compreso in quella, come appare in detta carta CXLVIU , talora gene-
ralmente in Vatdisusa, ovvero insieme nell'ima e nell'altra, come nel so-
prallegato placito dell’ 880, cioè Mauritius ... de valle Sex sia de villa qu*
dicitur Ulcts , e poco dopo commanente in vali* Bardonisca in villa qutf
Ulces di itur. All* opposto per indicar anche meglio i dintorni di Oulx, si
usò da Abone il nome di valfis Aucis , o Valaucis , cioè della sua parti-
colar vailetta , che in altri documenti chiamasi valli s Ulcìs , e in valla
Ulcio. La terra è detta altresì Villa Oliati* , non so per qual vezzo, dal
cronista di Novalesa ( 8), e la colloca anch’egli in vai di Bardonesca.
Ma nessuno di questi nomi -dati ad Oulx apparisce innanzi l'ottavo re-
colo. Il volgo per avventura ne usò assai prima , e forse nelle scritture
aolamentc adoperavasi I' antica Mano a mano per un equivoco degno di
quelle barbare età il nome di Martis venne trasformandosi in Martyrit,
(8) Lik. 1 e»p. 14, e lib. j cip. 19. Ber. italtc. T. a pxrt. a.
y
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J*
Un siffatto errore continuava tuttavolta nell’ undecimo secolo, come appar
chiaro dalla carta Ulciese LXXX1U del ioS3, canonie a domini sancii
JLaurineii , qua est constructa in loco , et in calìe Uìcio ad locum qui di -
citar Martyris. Non altramente nella carta CXLVIH si accomuna il nome
di Manis , ed in Martibus al luogo stesso di Oulx , e alla matrice sua
chiesa di s. Lorenzo di poi detta la Pieve de' martiri. Questo titolo fu lo
mimbcllo adoperato da un prete Girardo fondatore della canonica di Oulx
intorno il ioji, per mettere a contribuzione la docile credulità (9).
Il solo nome di Marte ingenerò pertanto i martiri di Oulx. Si venne in
appresso immaginando per lor corifeo un s. Giusto di Susa, e ancora nella
luce del secol nostro uomini dotti attesero 2 racconciare , a contorcere ,
ad alterare , e raffazzonar a lor seDno la leggenda Ulciese , per riconci-
liarla colle sue tante inconciliabili favolette (io).
(9) '"eggansi le carte del 105) n. 154, del 1056 n. 174, del 1057 9& del »o-
pradetto cartolare.
(io, Mi i partirò di dover accennare in una nota a parte altnen le pi 6 essenziali
circostanze dell’ ideato martirio dneli Ulciesi non vedute , o dissimulate , • ne»
(leu* da’ tuoi propugnatori. V. documenti num. IV.
♦
>
. J
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CAPO VII.
‘Vallis Bardonisca : in Valaucis , quindi infino a Susa,
• Nell ' intervallo strada per V Alpi Colie su in Moriana
descritta da Ammiano Marcellino.
'Decliniamo un tratto dal cammino di Susa , c dalla valletta di Oulx ,
che gli sta d’ accanto, e lunghesso, per entrare un poco più la a ponente
nella vai laterale di Baidoncsca. La sua bocca incomincia alquanto di sopra
la casa della prepositura di Oulx. A un tratto staccandosi da questo insigne
ramo di Valdisusa, essa profondamente rientra addentro le alpi , e risale
infino al giogo della Rota (Col de la Roue) (i) , che forma la precipua
sommità della vaile , ed uno de* punti più occidentali deli' Italia. Cotesto
giogo declina incirca a tremila trabucchi nostri a ponente di quello di
Monginevra , e inette di la in Moriana a Nostra Donna di Charme x , e
piu là a Fourn-aux a mezzo cammino da Modane a Santo Andrea.
Il principal luogo della valle già ab antico detto Bardomschia tolse da
quella , oppur le diede il nome , che ritiene. Giace in maniera appiè del
monte della Rota, ch’ivi sboccano e vanno a riuscir i sentieri, che met-
tono per gli altri laterali gioghi de’ monti in Moriana , e in Dclfinató.
Infra le donazioni latte da Carlo Magno , e dal debole suo figlio Lodovico
Pio al celebre moni tero di Novalesa, c riconfermate nell' 84 j dall’ impa-
rador Lottario a Giuseppe vescovo d’ Ivrea , ed insieme abate di Novalesa
vi si comprese di nuovo in un con vai Bari nisca il suo castello appellato
Diobia, di cui erano come appendici Diobiasca, ed Arneasca , sire Aio-
nica fi).
Sembra indicarcisi il castello di Diobia pel luogo più importante della
ralle , ed era per avventura la fortezza della terra di Bardonesca , nelle
(t) Co-ìis Po a deMs ci fi. Ulciese XXXV.
fi) rtn'tq li . T. V eoi. 071 ■ i*i Amtttca è sbaglio del copista , oppur della sttmpa.
Abbum qui u ,0 de" f.rimi esempli dell' sbuso introdotto dai re Franchi di dar in
commenda le bazie e i monitturi a' rescori battaglieri , o raggiratori , t’ cortigiani ,
soldati , buffoni ec.
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J*
«uì vicinanze l’ odierno villaggio de la Roue in costa alla montagna, t le
rovine del castello di Bramefond poco di sotto la terra suddetta, ed altre
prossime villucce rappresentano Diobia , Diohenca , ed Atonica , siccome
ivi pure nel villaggio di Arnaud abbiamo Arneasca. Più la di sopra la terra
di Melerei due alpestri cammini ci si aprono , ma i meno ardui ed erti ,
e men suggetti alle improvvise cascate di quegli ammassi di neve, flagella
delle alpi , che giù del «tonte precipitando , ti soffocano innanzi di seppel-
lirti. tl primo di que’ cammini tende dirittamente a mezzodì pel piano cosi
chiamato del giogo ( Pian du Col ) salendo al collo della Scala { tei de
t Editile), donde scendesi a Branco n. L’altro piu importante cammino,
che pur si spicca di sopra Melezet , tende a ponente per Valle Stretta (A'ù/
itro'tt) infino al giogo detto des P Unenti , donde travalica il monte ri-
piegando al norte, e va a riuscire di sotto Modana come quello pel coll*
della Rota, ma di cotesto assai men aspro e piu sicuro, sebben lunghetta
alquanto più. Quando si racconciasse l’ antica strada da Susa ad Oulx , e
vi si formasse quella per Val di Bardoneche a Melezet, c pel Col d>sP la-
nette! a Modana , noi vedremmo solcate e battute da' carteggi queste alpi
Gnor non use ai carri.
La terra di Bardonesca giace quasi ad ugual distanza di altci due late-
rali e paralleli gioghi di Freius ( Frerurium del cartolare Ulcìesc) che al-
tresì mette in Moriana , e di Lcs Acles, che mette in Deifluaro, c. si
detto dal nome della sua villa, che è il Vicut Aldatcts dell'antico ricordo
delle rendite di S. Lorenzo di Oulx. Altri assai di questi nomi amichi og-
gidì non sono meno disformati e contratti, come Sairagum , Sarei tra
Miìlavers e Rochemolle a levante di Bardonesca. Giù per la valle ridiscen-
dendo , ed accostandoci al torrente della Bardinisca , che l' interseca a di-
lungo, più villaggi s’incontrano di que’ menzionati nel sopracitato privilegio
del 106 f di Cuniberto vescovo di Torino, il qual sottopose alcune chic. e
di questa valle alla Pieve di Ouli. Il più notabile alla diritta della Pardi-
nisca è Bedularium , nome ivi cosi latinizzato e guasto per non so qual
vaghezza di eleganza : in altri documenti del cartolare medesimo scrivcsi
quando Beolarium , quando Btulac , e Btlac { num. Il , e XXVII ) oggidì
Beaulard, che sempre conservò il nome de’ Belaci della iscrizione c'ÌCozio,
al qual popolo s’ appartenne la valle. Il castello di Beaulard distante un
buon tratto a levante del villaggio è sulla via che sale al collo dell’ Orso,
• pel casale di Acles , e di PJampinet discende pure a Brian^on. In que-
sto finir della valle da Beaulard infino a poca distanza dalla casa della pre-
positura dì Oulx u> assai notabile spazio di terreno men inuguale vi .surge
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f»
dove boschivo , dove erboso , donde discopresi gran parte di questa valle»
e di quelle di Sezana , e di Oulx.
Rientriamo in quest* ultima. Noi siam di nuovo alla magione della pre-
posi tura : alquanto più basso la Bardinisca imbocca nella Dora. Il distrett»
appellato in Valaucis dal Patrizio Abone comprende* i circostanti villaggi
di qua e di là del fiume da Fenils suddetto infin verso Salabertrand ; fu già
cotesto il tener de' Savineatii. Ma dappoi usarono i Francesi di appellar
valle di Oulx pressoché tutto il tratto ch'eglino vi possedettero infino a
Chaumont. Attenianci alle terre dell' antico distretto: lungo la sinistra sponda
della Dora rimontando dalla mentovata magione fino verso Desertes e les
Soubras vi ha singolarmente Amazas , e Vazons ; la prima è vicus Ama-
Itgus , la seconda vicus V aionaccs del sopracitato ricordo de’ censi dovuti
alla Pieve di Oulx (così nel mss. , e non Ki tronaces come nella stampa).
Dal principal luogo di Oulx come altrettante sue membra quelli tuttavia
ne dipendono in un con vicus Cavadtnicus del medesimo ricordo, e eoa
nome un po* tronco vicus CaJincus in tempi più bassi , e con accorcia-
mento viemaggiore volgarmente detto il Gad di sotto Oulx , e come que-
sto alla diritta del fiume. Alcun poco esagerato , ovvero veduto non altra-
mente che nella più rigida stagion dell' anno si c il rinarro , che il sopra-
detto vescovo Cuniberto fece del sito di Oulx c de’ suoi dintorni (j). Affi*
di rammollire cotanta asprezza di cielo , parve a lui che bastasse intratte-
nervi de' canonici , i quali però sarebbono stati più opportuni nel luogo
di Sezana appiè del passo di Monginevra; ma l'antico nome di quest*
terra non potea far nascere lo specioso equivoco , che favoli la creazione
de' martiri di Oulx , e la dote della canonica.
Quindi scendendo fino ad Exilles la terra più notabile c Su 'a Btrtani
del diploma del tool per Odelrico Manfredo. E’ noto che Su/a. indica u«
castello , palazzo , corte ec. ; onde qui il castello di Ferrano , oggi Sala-
bertrand. Indi Avtdetum della carta Ulciese CXLVI1I, Devcis villa di
Exilles. Questo luogo appellasi Insili <r in esso diploma dai roci. Exin 0
ìn quello del roip per la badia di s. Giusto, ronzio di Bardoneche aveà
donato alla Pieve di s. Lorenzo di Oulx e a prete Giraldo le decime ed
(3) Locai inter «lpei litos qoi Pltbs JHanynim niuici'pjtur iater Secusiam et Ianl
,, montem lecus ripara Burnirai Durile . . . . inter gelida! Hit* alpes algore oirium ,
n et afliniura bombili sublimitate rupium dumi est , et di&cili» incoiatili et asper.
Chart, XXIV.
54
altre sue ragioni de monti Genevo vsqtic ad pontem Galamire , qui vocatu w
Exillas ( 4 ). Non è che pone Galamirte fosse un sopranome di Exiiles,
com2 è parato agli editori del cartolare Uiciese , ma bensì il nome dell’an-
tico ponte in sul torrente dalla Galanca , che dalle montagne di S. Colom-
bano cala nella Dora presso di Exiiles , la qual terra non si appellò mai
con altro nome , benché il suo trovisi variamente scritto ne' tempi mezzani,
cioè quando de Si' tu nel citato privilegio del 106$ , quando de Exiltit
in altro del 109S ( ibid. n. XXVI) de Exilis nella carta CVI , e perfin
dì Elisiti in altra del 1116 n. XXV. S’ingannano adunque viepiù coloro»
i quali derivano il suo nome da quello di Occlum , oltre che questo luogo
trovavasi agli estremi confini della terra di Cozio , ed Exiiles nel cuor di
quella , e a cui tantomeno si confa la distanza notata da Strattone da Scin-
gomago ad Ocelo. Più in qua Ceno della stessa antica carta CXLVIII ,
Sena» dove pur si rammemora in Cero, ed in Cevo Raurenti alla diritta
del fiume » cioè 1 ’ odierno casale di Sevy inverso le falde del collo di Ble-
gier , donde si travalica in Valdipragelaro. II collo dell’ Assictta famoso
per la disfatta de’ Francesi del 1747 ergesi più a tramontana a' confini dei
tener di Exiiles , e domina i passi delle valli di Susa e di Pragelato.
Ridiscendendo inverso la Dora, Cammone in valle Siusina della carta
suddetta CXLVIII : appellasi Camundts in quella di Abone Patrizio. Ne'sus-
seguenti secoli questo antico nome si volle interpretare in capud o caput
momìi , come nel diploma per s. Giusto di Susa del 10x9, e dipoi Cau-
montium , o Caumonciurn , che torna allo stesso , in oggi ancora Chau-
monr. Più in qua Praium quod d.citur Mvllis , Molarci , altra bizzarra in-
terpretazione del primitivo nome di questo villaggio riferita dal Cronista
di Novalesa (hi. z cap. n) dove trascrivendo il romanzo di Valtario,
«he correva a’ suoi dì , ed anco assai prima » e alcuni fatti esagerando , e
forse traponendone altri , narra fra le prodezze dell’ eroe-monaco , eh’ egli
ttn bel dì scacciò di quel prato , e debellò valorosamente i cavalli del ra
Desiderio» i quali senza sospetto niuno pasccano l’erbe. Tornandosene
borioso di tanta vittoria » senza badar più là , urtò contro di una colonna
di marmo ch’ergeasi tra via, c la rovesciò; donde rimase a quel sito il
nome di pereussio , vel Jerita Waltarii infino a’ tempi del Cronista, secon-
(4) Cieet. V!r. n. (XXL. Non dardo» aurora nè il 'itolo dì Pieve de' Manin alla
rhiesa di Onla. r.è di p'epmto a prete C' r »Mo, appare questa donazione astenni
di alcun acuto all' altra dei to;j fatti da Guigonc I corte di Albosoe.
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}J
(fochi «gli afferma. Ad ogni modo almen vi si raccoglie , che F eri di VaU
tarìo coincide con quella di Carlo Magno , e perciò lo scrittor del romar.ro
non è più antico del nono secolo, seppur non fiori reno la metà del se-
guente ($).
• Al Molard vi seguitano G alisi ac a , e Luxamene del testamento Abo-
niano del 759 , e al nome della prima terra vi succedette quello di Gra-
vere. Ma Calasse chiamasi tuttavolta un suo cantone , e la terra medesima
singolarmente dagli abitanti di questo trasversai ramo di Valdisusa , e cosi
pur Galassc c detto il suo torrente , che indi va nella Dora ad imboccare
vicino alla città , il qual menando giù ghiaia in grandissima copia {gravier) t
di cui ricopre alcuni tratti di quella campagna, diede origine al novello
sopranome di quella terra.
Rispetto a Luxomone si continua a dinominar Lozemon una montagna
de’ confini di Graverò , ed una sua borgata. Il sito della Losa in sul monte
altresì ne dipendeva. Quasi di rincontro a Gravere alla sinistra delia Dora
vi sta' Gallionis cosi nominata nell 1 Aboniano testamento , e Gelone nell*
carta Ulciese XXIV , e nella CV 1 I BUtonetum (selva novella) in territorio
Sec usi enti apud lallonum, Giaglione. Da ultimo in sulla bocca di questa vai
trasversale la città. Entravasi pel famoso arco eretto da Cozio ad onore di
Ottaviano Augusto l’ anno XIII del suo impero : esso che c tuttavia in
piedi , c’ indica la direzione dell’ antica strada in su l' imboccar nella città,
benché fosse già mutata nel secolo undccimo, al dire dei ntentovato cro-
nista lib. 1 cap. iS, da cui pur si descrive quell’ insigne monumento ha-
(0 Questo poema o romanzo s‘ intitolò de prima Attila rxpediriont in CoUiant ,
et de rebus guru U'ahhariì Eepsitanorum principit , dal suo primo editore Federico
Cristoforo Fischer, il qua! lo ha pubblicato in Lipsia nel 1780. Desso è totta-
rolta tronco ed imperfetto ; ma il sig. Fischer lasdossi ingannare da qnanf*
vi si favoleggia intorno a’ fatti di Attila , per ravvicinar alla costui eti 1 ' autor
del poema, ch'ei suppone fiorisse nel sesto secolo. Non altramente il cronista
della Noralesa trasportò cotesto romanzo nella sua cronica , se non perchè ei
credea , come gii molto prima era opinione de’ suoi monaci , che Vallano
1 ' eroe di quel poema non fosse diverso da un Valtario , che fu abate di No*
valesa , di cui e di più altri di quegli abati i' amico cronista del monistero ne
area deaerino la vita , e quel libro era in ir ano del cronista nostro, com’egli
I’ attesta lib. 3 cap. j. Nuli' altro ci rimase del primo se non ciò che piacque
al secondo d' inserir per entro la sua opera , e questi scrisse certtmrnte al più
tardi tra il 1060 e so8». ,
uni murls ipsius ( eivitatis ) de foris , sut qua atim tenera tur via. Egli
accenna parimente l’ iscrizione replicata su le due facce dell’ arco , accioc-
ché a vicenda fosse Ietta da chi passava d' Italia nelle Gallic , o da queste
in Italia. Immaginava fosse il patrizio Abone l' autor dell'arco e delle iscri-
zioni , per indicare di quali e quanti beni aveva arricchito S. Pietro di No-
valesa, affinché in ogni tempo i monaci in pradicto Uetitando invenirent
mi cu, qua ad cundcm locum ptrtincre vidtbantur arca. Trasformati cosi ut
altrettanti poderi gli antichi popoli di Cozio , accenna le molte romane
lapidi sparse ancora a suoi di per tutti i luoghi della valle , e tutte le vuol
pur fatte da Abon: per istruir i monaci di Novalesa delia esimia quantità
de’ beni da Ini donati (6). Tanta ignoranza ed una si fatua credulità avea
preceduto i tempi del cronista , vi si mantenne ancor più anni di poi , e
servi talor di occasione o di pretesto per riscuoter de’ censi , ed accattar
de’ beni al monistero su 1' autorità dì quelle gentilesche iscrizioni , e a no-
me di scadute , e allora ignorate deità.
La foce di questo importante ramo di Valdisusa c rinserrata, a cosi dire*,
dalla stessa città. L’autore dell’itinerario gerosolimitano pare infino a quella
prolungar la Gallia , perche ivi per chi vi discendea , terminava la provin-
cia e la via delle Alpi Cozie. Egli viaggiava intomo 1 ’ anno j j j , o poco
dopo , e se non da Susa fa cominciar l' Italia , da cui perù a suoi di la
provincia delle Alpi Cozie ne dipendea. Non gli parve per avventura di
aver per anco messo piede in Italia, se prima non si vide uscito di mezzo
agli stretti de* monti , ed arrivato nel piano. Ammian Marcellino , il qual
fioriva nello stesso secolo , parlando della strada da Susa a Monginevra ,
l’ attribuisce a Italia. Nazario accennando la spedizione di Costantino di-
sceso pjr questa via medesima , chiama Segusiemium civitatcm Italia
claustrum , ianuam tetti (7) 5 non si può nemmen sospettare in uno scrit-
tore contemporaneo di Costantino tanta ignoranza per interpretar in quelle
parole il principio d' Italia a Susa. Con tutto ciò Wesscling nelle note al
citato passo del mentovato itinerario (pag. j 56 ) s’ideò di veder Nazario
(6) M Similiter per om nes vico*, et erme* (Abb‘>) prarfepit fìfri , quac utqt*e in ho-
„ diernum permanent diem. " A questo i stesso modo egli interpreta i romani
monumenti della città di Vienna in Delimito , nel coi castello dice abitasse
il patrizio Abone , ed in* perciò M alquantas petras .de eadesn re iusait con-
„ scribi. ” Hrr. itali*. T. 2 part, a ccL yt!,
{7) Jiel panegirico di Costantino cop. 17.
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5 ?
d'accordo con quello, e l’un e l’altro con Strabone, il qual fa incomin-
ciar Italia da Scingomago , perchè Wesscling malamente confuse questo
luogo con Seguitone , ovvero Susa.
Ora in sul punto di uscir da questo trasversai ramo di Valdisusa , sem-
bra tornì in acconcio il ricercare come, e quando i principi del De Hi nate
• Viennese il levassero ai nostri in un con Valdipragelato, o di Chisone.
Già di sopra si accennò, che infino dal dodicesimo secolo i delfini signo-
reggiavano più luoghi dell’ una e dell’ altra valle , ed allorché pel trattato
di Utrecht del 171J il re di Francia le restituì ambedue al Piemonte,
estendeva il suo dominio da Sezana infino al territorio diGravere, che già
da lungo tempo era l' ultima terra del dominio piemontese alla diritta della
piccol Dora , come Giaglionc al lato opposto. Ma cotesti confini de' du«
domin) rimontano per avventura anch'essi fino al dodicesimo secolo ì Assai
documenti attestano , che non men questa parte di Valdisusa , che tutta
quanta è l’ altra del Chisone , furono suggette alla contessa Adelaide in-
sinché visse, e rispetto alla prima viepiù ce Io appalesa la carta Ulciese
del 10J7 (8). Cosi pure la signoria de’ principi del Delfinato ivi comincia
ad apparire assai dopo Ja morte di Adelaide , ne poterono quelli forse al-
tramente acquistarne alcuna , se non nel tumulto delle guerre nate di poi
per la successione alla marca di Torino, la quale indi fu in più porzioni
dilacerata.
Ma comunque nella oscurità di cotesti fatti suppongami o più rapide o
più lente le invasioni e conquiste de* Dclfinesi , è il vero , che già innanzi
il 11 78 pretendeano dominare da Monginevra infiuo quasi a Susa, ed in
quell’anno medesimo il conte del Viennese e d’Albonne ordinò che a prò
della chiesa di Oulx si devolvessero tutti i beni de’ peregrini , i quali mo-
rivano intestati per viaggio et monte lana usque Sccusiam (%. Il suo suc-
cessore riconfermò nel 11 38 lo stesso privilegio, e oltre a ciò nel seguente
(d) JVm 1. "XCVI!I , per donazioni di poderi e di dritti «elle parrocchie di Oulx ,
Sezana , Salaberrand ec., ebe vi fecero Adelaide, il marchrse Odd re di Savoia
ano marito , e Pietro , ed Amedeo , Berta ed Adetaida lor flpliu li. Berta fa
dipoi moglie dell 1 imperadore Arrigo IV , 1 ’ altra di Rodolfo dnca di Svevia. Si
maravigliano gli editori del cartolare di Otilx di non vedervi velia citata carta
nominato tra i figliuoli auddetii anche Ottone creduto vescovo d' Asti intorno ai
10^9 s n è questo silenzio bastò a fargli avvertiti delle imposture della pretesa cro-
nica di Rimondo Turco, delle quali non seppero mai nemmen sospettare.
(9) Chan. U Ideo, ». XL\.
s
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anno concedette la decima di tutti i metalli , che si scaveranno da Mun-
gi nevra infino a Chaumcnt , e fino alla Porosa , ed infino al collo deità
Rotai io). Quindi già appare esteso il dominio de' Delfinesi anche per tutta
la valle del Chisone , o di Pra gelato , e già innanzi era il luogo di Setana
quasi la solita sedia de’ delfini. A questo lor territorio di qua delle alpi
nome davasi più comunemente di contea di Grenoble , siccome unito a
quella. Laonde il conte Tommaso I di Savoia nel 1197 avendo conceduto
a’ Certosini allora stabiliti in sul monte di Nostra Donna della Losa nel
tener di Gravere Vallcm Orseriam, et Montem Benedtctum , ne determinò
ì limiti a summitate rupium su ut dniditur comitatus meus a Gratiano-
folitano comitati 1 (tt).
Giacciono a poche miglia a sud-est della Losa la Valle Orseria e Mon-
benedetto ; ma il sito della Losa non parea forse a que’ monaci abbastanza
aalvatico, e lontano dalla città , trovandosi in sul cammino! che da Susa
conduce in Vildipragelato pel collo di Fenestrelle. Altrettanto più concen-
trati in mezzo ai monti , e più deserti e solitari sono Valorseria e Mon-
benederto a* confini delle montagne di Matthie , e di Menous grossa bor-
gata di Matthie stesso,. ma propriamente nel tener di Villarfochiardo. Così
questo comune ancora nel 1 506 sostenendo essere di sua ragione tenemen-
tum montis appellatum lo Sapey Montis Btnedicti , altresì pretendeva
avanzar i limiti del suo distretto infino alla montagna di Selenchia , e di
là prout aqua pendet , et usque ad fines Covaciarum et Dclphìnatus , in-
dicando pel Delfinato l’ ivi lateral valle del Chisone. Cotesti limiti civili
dal così detto Delfinato , ovvero de’ contadi Grazianopolitano e di Piemonte
erano adunque determinati dall' un canto fra i territori di Exilles e di Gi-
glione , di Chaumont e di Gravere. Quest’ ultimo villaggio prendea pure
un buon tratto di terreno nelle montagne, che dal trasversi ramo di Val-
disusa, e dal fiume della Dora sono disragliate affatto dalla principe! catena
delle alpi , cui dipoi si attaccano in un punto solo per mezzo de’ monti
di Sestrieres , i quali chiudono a levante , e al norie Valdisezana , e for-
mano le cime delle valli di Pragclato , e di Sammat tino. Quindi gli altri
limiti erano le stesse montagne , che a mezzodì del corso della Dora di-
vidono d’occidente a levante i territori del ramo longitudinale di Valdisusa
dalla vai laterale del Chisone , cioè a dire le cime de’ monti medesimi , e
(te) IbicJ. n. XXXV e XXXVI.
(li) Ne' documenti num. V.
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J 9
Jc «eque pendenti, che per gli opposti dirupati fianchi di quelli scendono
a mezzodi nel Chisone , e nella picco! Dora a tramontana. Oltre a ciò se-
condo la sopracitata carta del ijo 6 del comune di Villarfochiardo avessi
a levante l' ultimo termine del così detto Delfinato , tirando una lima ,
che dalle cime delle contigue montagne di Villarfochiardo e di Coasse
passava per le sommità di Valdisangone , e finiva nel Citisene intorno a
due miglia di sopra la terra di Perosa.
Nulladimeno nè tutti , nè sempre i Dclfinesi usarono di estendere il
nome della k>r provincia alle valli , che di qua occupavano , od alla linea
di montagne , che le divide dal Delfinato proprio. Infra più carte ne ad*
durremo una del i)i6 (n), nella quale gli uomini del luogo di Chorge*
ivi ancor detto Villa Caturicarum di sotto Ambrun si spiegano , che ar-
rivasi in Lombardia, tostochè si travalicano i gioghi diCalvet, e di Brian-
$on , i quali mettono amendue a dirittura in Valdisezana allora unita al
Delfinato.
Ma innanzi di uscir affatto della sinquì trascorsa vai trasversale , o di-
remo delle Alpi Cozie propriamente dette, giova 'investigar la positura di
un antica strada , che per quelle saliva fino in Moriaua , paese soggiogato,
ma non frequentato mai da' Romani. Ammian Marcellino ( Hi. 15 ) ce ne
fece la descrizione , la quale comcchè assai particolarizzats , è nondimeno
un poco intralciata ed oscura. Cotesta strada disastrosa e malagevole eia
ciò non ostante praticata a’ suoi giorni anche nello inverno , ma certo
dagli alpigiani solamente. Egli ripone a Susa il principio delle Alpi Cozie^
d’indi risalendo su per la valle suddetta , c’indica un lateral giogo di monte,
per cui dalle G.illie calavasi in quella valle , giogo elevato ad una grande
altezza non accessibile a chicchessia senza pericolo. Il monte è tutto in
pendio precipitoso : i pendenti massi dattorno atterriscono e minacciano i
viaggiatori. Di primavera allo squagliarsi delle nevi crescono a dismisura
la fatica e i rischi della scesa per gli uomini e pe’ giumenti. Allora le
carrette più non si traono , ma ligandosene più insieme , ora sospinte , or
rattenure con isforzo continuo d' uomini , o di buoi passo passo giù si di-
volgono. D’ inverno il monte incrostato di ghiaccio , e sdruciolevole ap-
pena sostiene , ma spinge e precipita i passeggieri ne’ suggetn valloni , se-
nonché de’ pali messi in fila di lungo in lungo sono indici della via più
(i») Mèra, pour lei vir 4 l'hiuoire du Daupl.iné T I pag. 56.
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fo
sicura. Dalla cima di questa costa ftalica distendisi per sette miglia urta
pianura in/ino alla stagione di Marte (Oulx; , donde più li un'altra mon-
tagna vi surge più alta e difficile tosino alla vetta di Monte Matrona
(Manginevra) , il cui opposto pendio ì più facile e spedilo infino a B/i-
anfon.
Poche e per lo più esagerate, o troppo vaghe sono le descrizioni , che
gli antichi ci tramandarono intorno alle alpi , e quindi ti disputa e si con-
tende tuttavolta nel determinarne qualchuna di quelle , clic essi descrissero.
Ma la positura della montagna , di cui favelliamo , ci venne distinta con
tali caratteri , che punto non è difficile il riconoscerla. Nondimeno alcuni
pensarono di confonderla col famoso Moncinisio , e r.eppur si avvidero ,
che il medesimo vuol anzi essere escluso dalla serie delle Alpi Cozie ,
dalle quali non solamente n' è distante c diviso per la stessa giacitura sua,
che declina moltissimo a nord-ovest del sito indicato da Ammiano , ma
altresì n’ e distagliato dalla sua valle medesima, e dalla successiva di No-
valesa infino a Susa. Si e da questa città che le Alpi Cozie incominciavano,
coinè anche Ammiano il rafferma , perciocché quindi da tramontana a
mezzodì rimontando a Monginevra, e di là progredendo per la valle della
Duranza fronteggiano e secondano l'antica strada militare, da cui elle pi-
gi .uon nome.
Si è pertanto non discosto da cotesto cammino tra Susa ed Oulx , che
convito ricercar quello descrittoci da Ammiano. Egli aggiugne, che il re-
golo Cozio fece piu strade costruire o rassettare in su per queste alpi , e
vi riuscirono piu brevi ed agevoli, singolarmente quella da lui appella' a
via di me{go più breve e piti celebre , per la quale in ogni stagione sali-
vano , o scendeano le romane legioni senza rischio niuno, e cui gli anti-
chi itinerari hanno descritto. Ma sembra, che l’accennato giogo di mónte
«la non tentarsi senza pericolo non abbiasi meritato la cura di Cozio. La
strada o sentiero, che giù vi scendea, veniva a finire verso la famosa via
militare, e quasi ad incroccichi^si con quella. E' il vero, che l'espressione
■saia da Ammiano di sommità di cotesta china italica nel punto , in cui
va a finir verso il piano , che si estende d’ indi fino ad Oulx , pare scon-
nessa ed equivoca , c converrebbe meglio alla cima del giogo , da cui
scende la strada. Le sue frasi sono talora un po’ scorrette , ma egli è al-
trettanto esatto nella sostanza de’ fatti , quanto è duro cd affettato nel de-
scriverli con rigiro di parole , e con istrasico di barbara prolissità , che
era la eloquenza del suo secolo. Perciò alcuni non considerando , che l’e-
nunziata sommiti a modo niuno esser non può sinonima di un altissimo
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sì
giogo dell’ alpi , vorrebbono trapiantarvi una nuova montagna in mezzo
della comoda via militare tra Susa e Monginevra; altri almcn più discreti
la trasportano, c la confondono con Monginevra medesimo, non imbaraz-
zandosi punto di collocarla in senso direttamente contrario alla narrazione
di Ammiano.
Egli c un fatto da lui spiegato , che pur dalle Gallie calavasi per un
dilHcil giogo nel ramo di Vaidisusa, donde si sale a Monginevra , e che
la via di quel giogo vicn a terminare in su di una costa orizzontale al
piano di sette miglia d’ indi infino ad Oalx. Dalle cose notate più sopra
intorno a ciascuna stazione, e alle distanze parziali di questo cammino
per le Alpi Cozie appare , che la cosi detta sommità Italici divi è la
cima della costa, presso cui incomincia l’accennata pianura visibilmente
di sopra Exillc: inverso il casale di Devets. Ivi cotesta costa esiste ap-
piè del monte , donde risalendo al collo d’ Albino si travalica in Moriana.
Questa via difficile ed erta , serpeggiante in sui fianchi del monte chia-
masi piu comunemente di Ramat , cioè dal luogo donde oggidì si usa di-
partire. Nè già dessa è la sola che da que’ dintorni conduce di là delle
alpi; altra pur ve n’ha di sopra Giaglione pel colto de 1’ Escaliere , e le
vestigie delle trincee , che difendevano cotesto passo , danno a divedere
non esser punto impraticabile per le genti da guerra. Questa è alquanto
più lunga della prima , c men frequentata , approssimante ,i più al piccolo
Moncinisio , e quasi parallela al consueto cammino , eh’ evvi di là più
basso a settentrione di questa linea di monti tagliala ed interrotta da Val-
dinovalesa o della Cinischia fino in sul piano del maggior Moncinisio.
La tirata di alpi che soprasta tra Giaglione ed Exilìes è pertanto quel'a,
che viepiù ravvicina i confini della Moriana a questa porzion di valle, cd
alla stessa città. La divisata via pe’ gioghi od alpi d' Albino non è certa-
mente abbandonata massime nella state , e comechc assai ripida , il monte
non è punto perpendicolare. Accade qui come per lo più altrove su per
le alpi , che alla cima dell’ una incomincia un piano , che è la base di
un' altra , e l’ una spunta dall’ altra rupe. Ma i giumenti vi salgono a di-
sagio , e qualunque fosse la maniera delle carrette , che giù si franano ai
tempi di Ammiano , ci perù non dice , che si tentasse di farle risalire. Il
che parrebbe neppur possibile, quando non si voglia supporre, che dappoi
la sua età abbiano queste alpi patito delle grandi mutazioni. Certo elio
ognor più si scoscendono , e divengon nude e più ripide e dirotte. Nel
corso di moiri anni vi succedono quà e là de' precipizi e degl’ improvvisi
4 %
irregolari dirupamenti' a' pendìi lor regolari , e talora delle viste rovine ai
loro piani altre volte meno aspramente inclinati. Ad ogni modo la sopra
inscritta disastrosa via non poteva essere preferita senon dai più prossimi
alpigiani della Moriana, e di questo estremo trasversai tratto di Valdi-
susa*
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I*
• CAPO Vili.
r
Dalla Moriana pel giogo del grande Moncinisi •
a Susa.
Dalle falde vallicosc del sopradetto piccolo Moneinisio più altri viottoli
si spiccano , e travalicano di quà , oppur serpeggiando intorno al monte ,
portano dall' un canto in sul piano del gran Moneinisio , o scendono dall*
altro inverso la bassa Moriana. Ivi i nomi delle prime terre , che si rin-
contrano , come di Bramanet e di Bramans , fecero a' nostri e ad altri
scrittori nascer l’ idea di trasportarvi i Brannovices di Cesare , strappandoli
dalle vicinanze degli Edui fino di là del Rodano, de' quali eran clienti.
Ma il popolo indicato da Cesare verso cotesti gioghi delle alpi tra Cen-
troni e Caturigi , o sia fra la Tarantasia , il Brianzonese e 1’ Ambrunese
sono i Garoccli, come di sopra si notò. Nel modo stesso che Cesare sotto
il nome di Caturigi ha compreso i vicini minori popoli , che unironsi a
quelli , come i cosi detti Stgugini di quà e di là di Mongiqevra , perchè
fin d’ allora sottomessi al regolo Donno , cosi parimente sotto il nome di
Garoali le popolazioni vi comprese delia Moriana intermedie agli altri due
popoli suddetti. I Garoce/i fossero di fatto , ovvero sembrassero a Cesare
i principali di questa regione , di cui n'occupavano la parte più alta infino
a’ gioghi e alle bocche de’ monti , furono più alla p rtata di collegarsi coi
vicini alpigiani , per contrastargliene il passo. Oltre a ciò tenendo essi di
quà anco la parte superiore delle valli di Viù e di Lanzo contigue alla
Moriana, era il lor nome a’ Romani anche pianoro altrettanto die fu loro
quasi sconosciuta la Moriana stessa, cui non ebbero mai nc interesse, nè
occasione di frequentare.
Dopo l’ età di Cesare , soggiogati da Augusto i popoli alpini , fra co-
testi più non vi compaiono i Garoceli , ed in vece nel trofeo delle alpi si
descrivono intermedi a' Centroni e Caturigi i M,Julli (i) ; cioè tra questi
e i Caturigi vi s’ infrappongono gli Uceni , secondo l’ordine di descrizione
ivi tenuto da levante a ponente , perciocché cotesta piccola popolazione
abitava presso il fiume Romanche a sud-ovest de’ Mcdulli nell’ Oisant , sm
(i) Plin. lib. 3 cip, ao.
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*4
eli una parta dell: cui montagne vi ti stendea pure la bassa Moriana in-
nanzi il trattato de' limiti tra i re di Francia e di Sardegna de' 14 marza
1760. Ma neppur i Mtdulli nell' alta Moriana confinavano immediatamente
coi Caturigi propriamente detti , e nemmeno sotto il costoro nome Au-
gusto vi comprese il popolo intermedio nella maniera altre volte usata da
Cesare , cioè que’ del Brianzonese allor suggetti a Cozio figlio di Donno
chiamati Segusiani da Tolomeo , ma gli ommise del tutto nella iscrizione
del trofeo dell' alpi , non men che le altre popolazioni di Cozio , perchè
erano state pacifiche (a). Augusto avendogli quindi sottommesso gli allora
vinti Meditili , furono pur questi annoverati nella iscrizione dell’ arco di
Susa , e incominciò la Moriana a dipendere dalla signoria di Cozio.
Tuttavolta rimane incerta ed oscura la cagione, che tir’ scomparir i Ga-
roceli , od almeno il lor nome dopo l' età di Cesare , e vi succedono in
questi stessi luoghi i MtduUi a’ tempi di Augusto. Furon eglino dispersi ,
come spesso accadeva? oppur ridurti a pochi si riunirono fórse di poi agli
altri di Valdiianzo rimasi pacifici , e perciò neppur rammentati nel trofeo
alpino ? ovvero s‘ incorporarono eglino co’ MtduUi della bassa Moriana ì
Non erano forse piuttosto nella costoro clientela insino dai tempi di Ce-
sare , e quindi poi compresi da Augusto sotto il nome del lor popolo
principale ? Frequenti ne abbiamo di ciò gli esempli fra gl’ istessi Galli , e
Germani ne’ commentari medesimi di Cesare , il qual rammemora parecchie
popolazioni , delle quali scomparisce di poi perfino il nome , perch' e rami
confuse e unite a un altro popolo maggiore (f). D’altro canto non sem-
bra potersi dubitare, che nella età di Augusto , e in appresso tutta quanta
à la Moriana s’ appartenne a' MtduUi. Strabene ( lii. 4 ) , da cui son detti
Mtdualli , l'attribuisce loro interamente. Perciocché da un tennine supe-
riore al confluente dell’Isera nel Rodano gli estende infino agli alti gioghi
ielle alpi, a quali salendosi ptr cento stadi, s’ incentra in luogo più basse
un gran lago , donde poi si ea/a in Italia , e di lì non troppo /unge na-
sce la D uranio , e al lato opposto la Dora, ch’egli però non ben distinse
dalla Bauzia, che surge nc’tnontaneschi Salassi A cotesti monti de' Mtdualli
(a) " Non suri adiectte Cuti»-» civitatet XII, q ’jr non fuerunt h « ilei. Plin ibid.
(}) Egli rìt Mi Gallic. lib. 3 cor. 4, e lib. 6 cap. )l aingolartnente tra il Reno
e I» Mosa rammenta i Condrusi , i Cereri i Pemani , i Segni', de’ quali non
»i fa più menzione a' tempi ai Augusto, perch' ertasi incorporati nella nazione
de’ Ter.gri.
T 4 '
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dalla parte eli e guardano Italia, ei fa appunto aggiafeati \ Tavrini ed altri
Liguri, nella canpagna do' quali evvi il territorio detto di Donno e di
Cozio. Sono adunque chiaramente indicati il giogo del gran Moncinhio ,
cd il tratto delle alpi al norie delle sorgenti della Duranza e della picco!
Dora infino Terso quelle dell’ Are , e della Stura di Lanzo. i
Questo ior termine orientale non può essere più manifesto; e Tolomcf
di una maniera anche men viga, di quella adoperata da Strabono stabilisce
1 ' altro lor termine a ponente , dicendo che gli Allobrogi noverisi di sotto
t Meditili (4) , cioè questi toccano da ponente a’ confini de’ primi.' Strabono
aggiugne, che i Medita Ili erano superiori all'Isera, perchè non s’avvicina^
vano a qucl s fiume se non verso l'influente dell’Arc, o sia inverso l’estré-
mità della lor valle. A questo lato soltanto , e per un si breve tratto
p 1 fronteggiavano immediatamente il paese degli Allobrogi , come ancor
oggidì la Moriana ivi s’ attacca alla provincia di Savoia. Nel resto n’ era»
divisi dai circostanti monti , ed aveano gli Uceni a sud-ovest , il Brianzo-
■esij a mezzodi , e i Ceneroni al notte. Laonde c' non oltrepassavano i veri
fintiti della Moriana , e dell’ odierna sua diocesi.
Cotesti termini son per la massima parte naturali ed immutabili , e pa-
iono altrettanto certi a nord-ovest delia valle in verso l'influente dell' Are,
perciocché tuttavia nelle ultime età del romano imperio , e assai dopo
fransi pressoché conservati al paese degli Allobrogi gli antichi suoi confini
torto il nome di Sapaudut ( 5) , cioè a dire esso prendea dal lago Leman*
in un con Geneva , e l' odierno Gcnevese la Savoia propriamente detta ,
f le diocesi di Grenoble, c di Vienna di qua del Rodano insino a’ confini
di quelle di Valenza e di Die ( 6 ). Ceduta questa vasta provincia a’ Borgo-
gnoni intono all’anno 44; (7}, nulla per anco vi si mutò, e tuttavia
(4) Life. 3 cip. to. Cesi pure le parole di Vitruvin lib. S cip. ; nrVe alpi alla oc-
jiiin de' Meditili inrargldiice il P tr lo quotili dell acqua , che beone , non ai
* petsoao riferire che a quelli della basa* Moriana. IN ’ è cagione il caldo e !‘ aria
non ventilata , piuttosto che t‘ acqua , rame par arriene in altri coti fitti luoghi
quaat compressi dai monti.
(s) Vedi infra not. 9.
(6) Solamente al n ne il paeae deeli Allobrogi non si avantò fin di H del
Letnano, come di poi fa annzata la SapaaJU , co» pare li apfiotrn r ise Iterdua
presi» il l**o di Ncuchaiel , Kbnénnum Sapaud'at della notizia dell’impero.
( y ) Proserò Attutino im chéti preuo Duchesne Script . R*r. Francie. T. I p. io».
9
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se
nel fia continuav» a Confinar cotta Provenza (8). Non appare, die «'tempi
delta divisione de' regni fatta da Carlo Magno nell’ 806 l’ allora già cosi
detta Sabuia avesse perduto veruna delle sue regioni. Dessa è pur ivi sepa-
rata dalla Tarantasia , e dalla Moriaua , secondocliè lo fu sempre , e come
i Ceneroni e i Meditili il furono dagli Allobrogi (9). Incomincia in appresso,
o segnatamente nel decimo secolo a vedersi divi?* la Scici * in più contee,
cioè della Savoia propria, del Gcnevesc , di Grenoble cc. (io).
Erano gli Allobrogi di già alleati o suggetti de' Romani , quando gli
mitri due popoli Medulli c Centroni viveano tuttavolta indipendenti. Ma
quando pur essi furono soggiogati da Augusto , e in particolare i Medulli
tottoposti a Cozio , rimase quindi la Moriani unita agli stati di Un prin-
cipe , la cui sede era in Italia. Morto Cozio, e da Nerone ridurti quegli
(tari in provincia (ir) attribuita all’ India, e governata da un preside <
procuratore (n), vi continuò la Moriana a restarne unita. Non può dubi-
tarsene infitto alla nuova divisione delle province delie Alpi Marittime, e
delle Cozic. In appresso infino verso la metà del sesto secolo le cose di
sopra osservate ( cap. 4 ) paiono togberue ogni dubbierà. Perche mai il
Briznzonese e la Moriana furono dapprima comprese nella diocesi di To-
tino ? Ceduta verso 1 | metà del quinto secolo a' Borgognoni 1 * Sapaudia ,
(8) Vegetai la lettera LXX di Avito altra vesroro di Vienna a Sigiami rido r ad
Borgognoni , in cui ai lagna, che attraversando la Sopaadia per rica-si in Prura.qa
non finse passato per Vienna: presso Sirmond Opera varia T. a col, in.
' ( 9 ) E" ceno un po’ strana l’opinione di Adriano Valeaio, cni parve thè allora Ih
provincia della Savoia fosse piccolissima , perchè non rra la atesaa del!' odierna
ducei, e perchè ai descrisse da Cari) Magio nella topracittta carta di divisione
dell’ So*! cap I (iter, balie. T. I part. 3 p. li f ) tra il Lionese e la Moriaua,
« la Separò altresì dalla Tarantasia , dal Monciniaio ec. ( Nord. Gtlliar. p. joj ,
fOf) O’Anville tenne dietro a questa opinione ting lamicate perchè la Sabota
di Carlo Magno vieti separata dalla Tarantella , e dal a Moria< a ( Narice ae la
Getle p% p7p j. Appunto queste regioni non appartennero mai alla Sopaadia , •
Sudata , ma Carlo Magno necnmen le tolse quelle, che le appartenevano.
(io) Tra altri do'itmeuti reggasi la carta di Umberto vescovo di Grenoble del ggt
presso '•alvaing de fangr dee Jtr/r chap. j) p. i+o.
' (il) S ve tomo in Nettai cap. i&.
(la) Più i aerinoti ne fin menzione altre quella appresso Gruferò pag. f pj a. f,
pece-aratori et prandi Alpiam Cerri. In lapida discoperta in Susa nel 1781 si no-
miti* Tira Calila {maritar tira rivirarti Ebraiaarnsit . flamini Angariali pmiafim ftr-
I iuta.
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*7
aon risulta, clic vi abbiano par occupatd quelle due regioni, e quando
molto di poi le occuparono , non le sottrassero punto al vescovo di To-
rino , finche levarono a’ Longobardi la valle di Susa , e di questa , e del
Brianzonese , e della Moriana ne fecero una nuova diocesi , ed una sola
provincia. Sebben siasi continuato oltre il sesto secolo ad indicar talora la
Moriana col non proprio sopranome di Coriaria valle , come già notammo»
però nè la meJesima, nè l'altra di Susa civilmente più non appartenevano
alla provincia delle Alpi Cozic, ovvero all' Italia, siccome la prima fisica-
mente non le appartenne mai. Laonde la provincia suddetta a' tempi de’ Lon-
gobardi era a un dipresso ridutta a quella stessa , che ci venne descritte
da Paolo Diacono ( i j).
La parte , onde la Moriana immediatamente si appicca alla Savoia propria»
ai è pertanto alla foce /Iella sua valle inverso l’ influente dell’ Are nell’Isera.
Rinserrata quasi infra due linee di montagne ivi alquanto più convergenti,
che la dividono dalla Savoia stessa, e mano mano dal moderno Delfina»,
«ome pur dalla Tarantasia al norte, non altramente viene allargandosi, se
non pei laterali valloni , che inugualmente rientrano , affondami , o si ri-
tollevano tra le circostanti montagne. Poco nota a’ Romani , perchè da lom
non mai frequentata , nè ciò per 1’ asprezza di mia regione incassata fra
monti, ma perchè lontana dalle grandi vie militari, e allora fuori adatto
di cammino, nemmen una delle sue terre in tanta lunghezza della valle
ai ricordò dagli antichi scrittori. La moderna città assai più vicina alla sue
foce , che alla sua sommità , e quindi in miglior sito e più fertile , non
era eh’ un meschino villaggio ancota intorno all’anno f 70 (14). Indi a poco
la fama de' miracoli ivi divulgati , e la credulità del re Gontranno il mes-
terò ad ingrandirla, e farla capo di nuova diocesi (15). Di qui comincia
(tj) Li. x ctrp. it. Liutprando hi. 4 ce p. a 'eguitò Pa lo Diacono , ed «menda*
furono copiati mila geografia «aera di Carlo da a. Paolo.
(*o) Gregorio di Tour» da g Zar. marryr. Ut. I cap. 14 parlando delle credute reli-
quie di a. Giambatista ivi recate dalla vergine Tigri t . narra , che il vescovo Rafia
ero consigliato a trasportarle a Torino , per una le lasciare in vi/iori loci. La
detta vergine dicevi natia di Moriana , e della villa chiamata Vclocit . come pur
’ leu**' c,ru pubblicata da Ruinart col. 1)41 della sua edizione di Gregorio
di Tonta, oggi ancora Polvi nr inverso la cima del vallone del torrentello Arre,
che sbocca nell" Arco poco di sopra la cittì.
(tj) Quindi nell* oetiaia delle province della GaUìa presto Duchetoc T. I pog, 14
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G8
a compatire Mauri erma urbi cosi detta da Gregorio di Tours. Iconio set*
toscrivesi efiscopus ecclesia Maunennaits ne’ due concili di Macon del
581, e f8j (16). LI nome della nuova città comunicandosi a tutta la re-
gione 1 fece obbliar quello de’ Meditili , e dal line del sesto secolo in ap-
presso cliiamossi o semplicemente Mauriana , e Morienna, ovvero 1 alile
Maurigenica , come nell' Aboniano testamento del 739.
• Ma intorno a sette leghe di sopra la città parve ad alcuni di veder un
avanzo del nome de’ Medulli in quel di Modana. Bensì quasi tre leghe pii
in quà alla diritta dell’ Are abbiam de' Gaioceli un piu chiaro vestigio
■ella terra di Aussois chiamata Oceta od Ocello costantemente ancor nelle
«arte de' bassi tempi. Continuando lungo il fiume ad ascendere per tre al*
tre leghe o poco più infino appiè del gran Moncinisio vi ha Lancium ,
•ra Lanslebourg (17). Sicché ad una delle estremità dell’alta Moriana, al-
trettanto che a quella dell’opposta e contigua Valdilanzo abbiamo un no-
me stesso di luoghi , i quali aprono , a dir così , le due valli toccantisi
per le lor sommità , e riuniscono l’ antico nome in altre regioni pur usar*
di Ocelenses-Lancienses , come altrove si notò (18).
A Lanslebourg notissimo per la positura sua , dacché tiagittasi il Ci-
»isio, la grandezza del monte chiude c ingombra un tratto l'alta Mo-
riana , perciocché viqsiù a quel lato si sporge per le subalterne alpi , che
se ne diramano , si addossano > si raggruppano fino al minor Cinisio , •
’ vi hj sotto quel!» delle Alpi Graie e Penntr.e cintai Marimna a Condì anno nit
Burgondicr.um coiti trucia.
i (16) Altresì nc frammenti delle gesta dì Pippino c Carlo Magno ( Rer. Francia
T. 2 p. 210) chiamasi Jlauricnn* , c altrove Maurienna urbi super fiuvium Arboris:
ci si volle indicar fonc piuttosto 1 * Arve , che V Are ? Altre volte la citri di $.
Gioanni è detta puramente Morienna , come dallAnnaltsta Berti nia no ( Rer. trofie,
T. t pan. ! col. in fin.) narrando il ritorno di Carlo Calvo in Francia nell S77
t ,, transito monte Cinisio perveniens ad locum qui Brios dicitur, misit prò RachiUe,
t9 qua? erat apud Moriennam, ut ad eum veniret . . .. in vilissimo tuguri' mortimi
,, est. ” L* imperatrice 1 * area preceduto nel cammino , e 1 * attendeva nella città
d» s. Gioanni. La viliuccia di Prios n’ è ancor distante alcune leghe.
(17) Si scrive di gii in Linceo Ri :r*o in una carta di Conone vescovo di Mortane
del 1127 a riverenza del *iltaggio , ch'evvi più sopra chiamato Lonceum sufu-rius,
or» Lanslevillard ( presso Besson he. eir. pretini n. 112). Rammentasi a- che. ia
altre carte, come presso Gutchenon preuru pa£ 26 dell’anno 1097, Sabéùutm
cwv diitrictu et homi ni bns in superiori Le acro , cioè in Lanslevillard.
(si) Pism. cispsd. p?g. 40.
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<?<r
rtbo a quelle , die circondano al notte ValJibardonesea , dónde le alfrff
montagne succedonsi , le quali continuano la Moriana a dividero dal Delti
nato , c dalla Savoia propria. Alla diritta dell' Are di sopra Lanslebourg
seguita la valle scavata in parte dal fiume , c volteggiando a nord-est presso-
io radici del gran Moncinisio , prolungasi per altre quattro leghe. All’un canto
fa massa enorme del monte le pende di sopra, e la sua elevazione l’adom-
bra ; all’ altro la comprime un ramo di montagne , die da nord-est già
avanzandosi spiccato dal vasto monte Iseran , separa a dilungo la Moriana
dalla Tarantasia , ed apre insieme più bocche di comunicazione. I torrenti
vi han pure scavato alcune vailette laterali ; quella dell' Averde di sopra
Eessans in- un fianco di monte ancor dipendente dal grande Cinisto c la
più notevole. Sebbcn esso a cotesto lato settentrionale sembri inaccessibile,
però, non lo è per gli alpigiani, i quali sanno per non u-ate vie rigirarvi
intorno , e riuscir al lato meridionale in sul lungo piano della sua propri#
valle , che mette a Novalesa. L' industria loro vinse anco l’ asprezza della
natura, e costrinse alcuni di que’dimpi ad esser fecondi. L’ultimo villaggi
« Bonneval, più alto che fortunato: di sopra vi surge l'Arc. Per gli gio-
ghi di queste alpi dove immediatamente, dove un poco interrotte da qual-
«he suprema vallata di diaccio si connettono le cime delle opposte di:#
valli di Moriana, c della 1 Stura o di Lanzo. Più passi mettono d’ una itf
altra, o travalicano in Tarantasia, o di qua in Valdo reo. La positura delle
sorgenti dell’Aro assai più meridionali della sua foce nellTsera altera alcu»
poco il semicerchio, cui il suo corso descrive , oacui si approssima. Non-
dimeno se gli confa assaissimo il nome di Arco: se gli è il proprio, è
per avventura una version dell' antico e barbaro.
AH’ uno e all’ altro Iato dell’ Are , e lungo tutta l' Occidental faccia di
Moncinisio abbiamo gli altissimi luoghi attribuiti pur a’ Mtdulli insino ai
«onfini d’Italia, o de’ Taurini, e dell'antico territorio di C'ozio, come
Strabone avverti. Si raccontava a’ suoi giorni essere di ben cento stadi J’al-*
tezza della salita fino alla cima di queste alpi , cioè a dire , di c'evaziot»
graduale. Egli parla delle sommità e creste più elevate ed inabitabili , ri-
spetto aHe quali ri sguardava come luoghi assai bassi la positura dell’ indi-
cato lago del gran Cinisio , e delle sorgenti quindi non molto lontane
della Duranza , e della piccol Dora. —
Dagli altrui racconti avea Strabone racco’to cotali notizie , e poco pià
di ciò , e del nome del popolo , che 1’ abitava , si seppe da’ Romani in-
torno alla Moriana. Quello Che parrebbe esagerato in quel racconto , sono
V altezza de’ monti , c l’ ampiezza del lago de’ Mcdualli, La più alta c
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70 '
principale delle loro montagne era appunto ilCiaisio, e i mentovati cento
stadi di altezza rapportavansi al cammino dalle radici alla sommità del
•tonte in salita ora meno aspra e contorta , or ripidissima e tortuosa. Così
dipartendo dal sito più agevole , ci riconduciamo a Lanslebourg suddetto.
L’ erta per cui si sale infino al piano di Moncinisio è di una lega : d’ indi
risalendo alla sommità del monte fino al diaccialo di Ronce , non più per
ina via battuta , ma rigirando a stento in su gli asprissimi suoi fianchi , e
talora di roccia in roccia inarpicandosi , non è troppo facile di calcolarne
i passi. Comunque però dal piano a quella sommità la sua altezza perpen-
dicolare non ecceda di molto la prima da Lanslebourg al piano medesimo»
però la ripidezza tanto maggiore, gli aggiramenti multiplicati , le crescenti
difficoltà della salita allungano a dismisura il cammino senza proporzione
al numero delle tese della effettiva altezza del monte. La maniera pertanto
onde questa detcrminavasi a' tempi di Strabono, era popolare ed imperfètta,
piuttosto che di troppo esagerata. Qui 8 di que’stadi fanno il miglio romano.
Il lago del gran Moncinisio chiaramente indicaro da Stralcine si è certo
il maggiore di quanti ve n'ha su pei monti della Moriana, ma non è già
■n gran lago, com’ci lo dice ( xi>n ) ingannato dalle altrui re-
lazioni. Giace quasi nel mezzo dì cotesta pianura , e la sua circonferenza
à alcua poco minore di un miglio , nè vi ha traccia per supporla antica-
mente più ampia. La contessa Adelaide si contentò di chiamarlo maionm
Uuum morir is Cini sii (i<>), per distinguerlo da que’ laghetti , che giacciano
su per gli fianchi del monte dalla parte d 1 Italia , e scolano nel fiumicello
della Cinischia.
Tutta la pianura , o diremo la valle del Cinisio sembra attribuirsi de
Strabono al Mtdualli. Però si è ad un sol lato a mezzodì del lago , donde
si travarca all’ altro piccol piano appiè del minor Cinisio tra questo e i
monti , i quali fronteggiano l'anzidetta vai trasversale di Susa , che il piano
del grande Cinisio particolarmente attiensi alla Moriana. Per tutto altrove
•sso vi scappa e vi si eccentra , il monte stesso ve Io divide e rinserra ,
ae non che alla sua estremità nordovest vi apre al sito del casale di Ra-
masse come per una fenditura del monte il ripido pendio , che trapassa a
lanslebourg, e su l’ indurita neve dei verno sdrucciola e precipita fin quasi
al margine dell'Arco. Alla estremità opposta la natura eia Cinischia assai
(19) Carli dì donazione per 1 * abazia di Novaina dei 1079 p reato Gaiakeeon Bùr.
il Sui T. 4 f rn. pag. t.
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7t
meglio fendendo il monte vi aprirono la vi* d’itali* per un* china molt#
piu lunga e meno ardua, malgrado la qualità del monte dirupi nato. U*
varco tanto notevole , che direbbesi una ccntinitawcne della vallata stessa,
da cut vi si spicca, e di quella in cui scende , non era ben noto agli an-
tichi scrittori. Per la qual cosaStrabone con ambiguità ne parlò, dopo ac-
cennata Ja salita su per questi monti de’ Mtdualli , soggiugnendo , che si
die tv* aprirvisi quindi la scesa in verso Italia. Non appare , die egli , il
qual tanto viaggiò , abbia pur viaggiato per queste alpi.
Ma perchè già da parecchi secoli comunemente si è preferita alla via
di Monginevra quella di Moncinisio per laMoriana, certuni argomentando
che perciò vi si fosse preferita sempre , trasportarono a questo secondo
monte il nome di Alpis Cotti e , che è proprio del prima La Moriana ,
come vidimo , cominciò a cosi dinominarsi in sul fine del sesto secolo ,
e il Moncinisio in su l’entrar dell’ottavo. Il primo a rammentarlo fu A bone
Patrizio, donando al monistero di Novalesa alpes in Cini s io , cioè a dire,
I' uso de’ pascoli in su que' monti , che ne son fertili : inesausta ricchezza
de’ popoli pastori , e de’ moderni alpigiani del Cinisio e della Moriana.
Nell’anno 7j j il rePippino contra il re de’ Longobardi Astolfo, e nel 774
Carlo Magno contro del re Desiderio avendo pel giogo del gran Monci-
nisio travalicato coll’esercito in Italia, cominciò a rendersi celebre questa
bocca dell’ alpi (10). Nell’ 806 Carlo Magno medesimo nella sopracitata
«atta di divisione della sua monarchia di già annoverava i principali varchi
d’ oltremonti in Italia per Aosta, per Moncinisio , e per 1 ' Alpi Trentine.
Ma certo è ben più notevole il sepaiar eh’ ivi fa la Moriana dal Monci-
■iiio, mtrapponendovi la Taranfasia , e facendo seguitar al Cinisio Ja valle
di Susa (li), cui sembra congiugnerlo. I monti circondanti il piano del
Cinisio tramandano le lor acque nel mentovato lago, la cui positura in-
clinata verso Italia dìrigge a questa volta le sue acque per mezzo del fiu-
micclJo , che n’ esce , di già appellato Ctnisca da Abone. Sicché le acque
pendenti determinando i limiti naturali delle province, il piano suddetto.
(*o) Frtdegario presso Dnchrtw Script. Francie. T. 1 pi». 774. 775 ec Pippinnt
»m mrcit» sa» monti Cinisio tranracto stc., ed Jrmal, Froncor. ai orni 77; ptrrsxit
ipst (Carlo Magno ) per monrmi Gnhiian , ititi. T. a pag. iS , a Regi none ad a».
774 I l Rsr. Germanie, p. 16 , edis di Srruvio.
(ti) " Siboiam , Morienntm , Tarantasiam, moniem Cimai um , vallem Segesisnsm.*
Loc. est, cop, j Rer. Italie. T. I pars, a p. 115.
7 »
iii; pur si è ciò , chi singolarmente s'intende pel Moncinisi# , i appar-
ti :r.j fjricamnnte all’ Italia. N'e' mezzani secoli pare che tuttavia senza dub-
bi?:! niuna na dipendesse. Nell’ S78 papa Gioatmi Vili preparandosi a ri-
tornarsene di Francia, scrisse a Suppone (conte di Torino) di farsegli tosi»
incontro co! suo seguito secondo il costume ed n-ontem Ciniscm (11),
«he vuol dir là dove il territorio incominciava della sua contea. Non gli
ubbidì, perciocché calato il papa in Italia, e recatosi a Pavia , dove aveva
intimato un concilio colla mira di far eleggere Bosone duca della Ptovenza
a re d’ Italia a pregiudizio di Carlomanno , scrisse di nuovo a Suppone
illustre conte cut ut audistis nos in tuos honores ( cioè nella sua contea )
venisse, obviem non concurris (1$)? Ma Suppone non volle tradire il suo
sovrano. Nella carta sopracitata del 1079 , come pur in altra del conte
Umberto II del 1097 si continua a risguardar il piano di Moncinisio per
la cima di Valdinovalesa , considerandovi le acque pendenti per termine
«sturale.
La fondazione dello Spedale in sul p ano di Moncinisio accanto il Iago
coincide a dimostiar il tempo, in cui s’incominciava a frequentare il
cammino per questo varco delle alpi. Fondatore ne fu Lodovico P:o, il
qual diedegli bastanti redditi a fornir ogni di al concorso de viaggiatori.
Lottarlo I nelI'Szf per compiere i! voto del padre, vi aggiunse le rendite
del monistcro di Pagno, e ne commise la cura a' monaci di Novalesa ($4).
'sa) P-esso L..bb- Compier, T. XI J.hannit V>ll epiir. j.17 cu!, jro.
(33) Ibid. spisi. 130. Questo come Suppone è soscritro *1 concilio di Pivi» dell'8v<
per I' ele7Ìon» di Carlo Clivo a re d Itali» ( ligmim Sarpanis romiti Fu, Italie,
T. 1 pan. 3 fa’. 155 ) era doso ruttavi» conte di Torino nell’ 88» , come ap-
pare dal placito di quell'anno nelle Amtiq. hai. T. I disstn. j eoi. qfus. Muratori
ibid. col. iSs il conl'u»e con Suppone due* e marchese di Spoleii, » premi* che
questi vien pur talora intitolai* solamente conte , cioè per costume de' notai di
quella età, come alttove osservammo, m» non mai chi era duca o marchese usi
pigliar in vece il titolo di conte, siccome in quel concilio si fere da Suppone. A’tresl
Muratori conietiurò che il conte Suppone, cui scrisse Gioanni Vili nel" 87S
frisse marchese di Milano e duca dolls Lombardia: Giu'ini ( Mm di Milano T.
I ptp. 379, T. 1 pap. a 1 in fin.) adottò volentieri questa conghietlura , malvada
che ninno vi compaia al ! *ra duca e marchese di Milano . e della Lombardia , e
che il papa scrivendogli non avrebbe ammesso di dargli cotali titoli. Ma come
porrà olirsi il Moncinisio sella signoria del conte Suppone* se questi osse star*
non gii coole di Torino, ma duca della Lombardia, e marchese di Milano?
(34) ” Dum ad domini et genitori! nostri Ladofici Augusti taciutane* uro rotu»
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Dappoiché nell* undecimo secolo 1 * Moriana e Val disusa ritornarono sotto
nna stessa signoria , la strada del Cinisio ancora per molti anni rimase
l’unica, donde i conti di Savoia poteano calar ne' loro stati d'Italia, senza
toccar gli altrui.
La notabile lunghezza del piano di Moncinisio pressoché agguaglia quella
dalla Grande Croce iniino alla Novalesa. Alcuni stretti per questo fuoco
di monte , ed alcuni rigiri della strada anticamente non ben dirozzata chia-
mami dal continuatore di Aimoino Claustra monti s Cinisii , e C/usce negli
annali Bertiniani all’anno 37 $ (1 j). Sono però comuni alle due opposte
chine del monte; onde Gotifredo da Viterbo, il qual valicò per questa via
in Italia nel 1174 al seguito dell' imperador Federico 1 diede nome di Ci-
lenta elusa a tutta la montagna (1 6). Egli si piccava di eleganza nello
scrivere, e questa n’c una alla sua maniera: non vi ha certo analogia nes-
suna tra i nomi del monte Glene di Arcadia, e di Cinisio. A mezzo il
monte in testa al’a valle di S. Nicolao , che pure in valle Novaliciis in-
di stintamente si comprende nel testamento Aboniano , il villaggio della
Ferrera venne rinnalzato da Adriano Valesio all'onore di una delle dodici
città del regolo Cozio (17). Appiè della montagna la terra dì Novalicis
già cosi detta dal Patrizio Abone , e nel Carolino diploma di conferma
dell’ anno So; : in appresso più comunemente Novalictum si appellò.
„ in monte Cinitio quddsm hnsp tale ,d eregrinorum receptionem , eo indiente,
,, fin ri co'ftru'inm etc. ” Ami:, hai T. Ut eal. f 77 ). Nelle sopracitate
Cane di Adelaide, e di Umberto li del 1079, e 1097 chiamati " dorai» eleerao-
a j aria m Mia Ciniaii.
(ss) R»' Italie . tce'nr. T. a pari. § pag f( 4 , indeqtn per Moeiennam iter agtnt
( papa Gioanni \ I 1 ) per cime mentii Cintili Italiam a Baiane . et axo-e tiiu de-
ttimi iatraiw.
(s6) Per. Germanie, t crine. T. s p. ; 14. il ca'dinal d" Aragona scrittor del secolo
XIV dfscnierdo lo «elio viaggio di Federi io I , chiama il Cinlaio montim Sena-
ami ( Ber. talee. T. | col. 46; ). Anche Guicciardini ( tu. <t liti. ìii. t ) dice,
che Carlo Vili nel 1494 passò in Italia par la montagna di Monginevra piò age-
vole a pitaarr d qeclla di Monaaneae. Con fatte diiformaiioai indotto a rendere
inintelligibile la geografia. ■ ^
(>7) Nelle tote al capo io, lib. 15 di Ammtin Marcellino. Annovera per anco fri
le cittì Collane Lanalebonrg , a capriccio nominandolo Anntbar^am , Nmliciam me.
Non arrestiamoci a combatter log ni. li p. Berretti [ Cherograpk. hai. lece, i re. pj
edotto queste far detto acconce al suo sistema di confinar tu per queste s!p : le
protrine a delle Alpi Cesie da' tempi di Nerone infitto a Giuatiuiano , aenxacbi
póme eli* trascorresse un pesto di qui.
f
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Il famoso monistero di s. Pietro alquanto' di qua di Noi? alesa fu descritto
dal suo cronografo (iS) come difeso e circondato dal borgo e dalla sas-
sosa rupe , in cima a cui eranvi le celle degli antichi monaci ; a un altro
lato dall’ elevato e selvoso monte Panario ; e quindi il Rocciamolone
( mohs Romuleui } il più alto delle circostanti montagne dominava a tra-
montana tutto il monistero , ed alle sue falde est iter quo vehitur Burgun-
diam , cioè nella Moriana e Savoia , province non molto prima separate
dal secondo regno di Borgogna. A' tempi di questo cronista cioè oltre k
metà dell’ undecimo secolo, e molto innanzi l'antico monistero era già
• rovi naticelo. Egli il dinomina Nova-Lucis , contorcendone, e interpretan-
done a suo senno il nome. Non sì rilevò più dacché nel 906 i Saraciui
di Frassineto dierongli il sacco , siccome pur fecero di altri monisteri , nei
quali le ricchezze erano piucchè altrove condensate.
Ma non si è finora ben avvertito , che ì Saracini sbarcati a Frassineto
erano troppo in picciol numero , onde poter invadere quasi a un tempo
tanti luoghi d' Italia , di Provenza , c di Dcifinato. Bensì i ribaldi di queste
’e di altre convicine province associavansi sotto un sì temuto nome, ed
uniti con alquauti de’ Saracini divagavano, depredavano, mettevansi al soldo
-di chi gl’ invitava. Cotesta barbara licenza avea preceduto d' assai 1 ' arrivo
de’ noe molti Saracini a Frassineto , ed era incominciata intorno all' anno
.7JI, allorché la prima volta passarono i Saracini di qua del Rodano, c
dipoi presero Arles , e indi Avignone nel 757. Fu il duca Eudo, che gli
invitò , c ad esso loro si unì (19). Il Patrizio Abone ci reca di cotesto
.abuso un altro esempio ( loc . cit. col. 7J4)> ricordando un tal Riculfo
de’ contorni di Ambrun , il qual erasi collegato co’ Saracini contro dei
Franchi.
Accostandoci a Susa , Penavi! in valle Segusina , Venaus : indi in
LastaJio , menzionati l’un l’altro nello stesso Aboniano testamento ($0).
Conservasi ad un sito del tener di Venaus il nome di Lo Stadio , come
pur vien detto nelle sopracitate due carte del 1079 , e 1097, ed anche
Le Stady , di sopra cui vi si fa pure incominciar U ralle di Novalesa.
E’ nome di un determinato terreno , e perciò la contessa Adelaide ivi dice
ab ilio termino , qui appellatur Lostadium , del quale riconfermandone il
(»8) Chron. Noralie. lib. 1 c«p. 2 e q.
(39) Freflegario m chron. eap. tot-
(jo) Rer. Italie, acript. T. % part. 1 col. 746 , e 74$. >
\
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7J
conte Umberto II due porzioni a’ monaci della Novalesa , le distende usque
ad Petramstrictam , et summitatem montis Pantani. Una làida di questa
montagna sporgendosi in verso Venaus , si ravvicina al site di Lottadia
anticamente destinato agli esercizi ginnastici , e segnatamente delia corsa ,
come l’ appalesa l’ ivi serbato nome di stadio , cioè della misura , cui so-
lcasi determinar la lunghezza di cotal sito , la quale però variava secondo
i luoghi (ji).
Nella mentovata carta di Abone dopo Lostadium si soggiugne in Grum-
olo , che non essendo nome di alcun luogo di questa valle , ne facendosene
più menzione dopo il 7J9, pare che con questo/alcun poco alterato, o
mal trascritto nome esteso come il primo a’ tempi di Abone su d’ un ter-
reno più ampio , s’ indicasse anticamente quel sito , che serviva di entrata
alia carriera , cui marcandosi dapprima con una linea , o cordicella , che
compieva la larghezza dello stadio, e disegnava il luogo donde aveasi a
cominciar la corsa , chiamavasi gromma ( ) , ed in vece si ridusse
dipoi ad una specie di steccato , senza mutargli nome. . E’ da notarsi che i
Venausini conservarono l’uso di un esercizio, che pur facea parte dell’an.ica
ginnastica, voglio dire del disco, cui usano tuttavolta per giuoco e per
sollazzo nel sito medesimo dello stadio sopradetto , ignorando eglino per
avventura da qual rimota origine derivi la loro scelta di cotal sito , e di
un tal giuoco.
(ji) L'ancora «si sten te stadio di Atene misurata da alcuni viaggiatori Inglesi è lunga
ts-, pedi geometiici , largo ,7 L'Olimpico era di 600 pud greci, ma ve n'e-
rano in Grecia anco di loco , C- me nar-a Ceni Tino de èie natali rap. XIII. In
Italia non era paia I n 1 ' «o dell' Olimpie 1 , od ordinario atadio di Grecia, cioè di
ilf piedi romani , eh' erano sii un mezzo police minori del piede greco.
4
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CAPO IX.
\
Susa.
D i sopra l' influente della Cmischia, o Cinisella Del fiume della Dora
ritorna Susa , che Segusio è detta da Plinio , e da altri antichi , ir/a'cut '
da Tolomeo , e quando Segusium , e Stgusìa , quando Secusia in alcuni
antichi marmi pubblicati da Gruferò , e da più altri. Tanti scrittori , e
tanti monumenti de* tempi romani ricordano quest* antichissima capitale del
regno delle alpi , che non accade aggiugnervi nulla : in ogni tempo città
più famosa , che grande.
Se possiam perdonare a Cluverio , a Cellario , e ad altri moderni , i
quali non avendo ben inteso Strattone , dove narra ( hi. IV ) che ’* s’ ap-
„ parteneva a* Taurini, e agli altri Liguri la terra detta d’Ideouno, e
,, quella di Cozio, ” immaginarono due distinti reami, l’uno nelle Cozie ,
1 ‘ altro nelle Alpi Graie ; non sono più da scusarsi coloro , i quali caddero
nel medesimo errore , dappoiché viemeglio si divulgò 1* iscrizione del cele-
bre arco di Susa , dove Cozio è detto figliuolo del re Donno.
Non è chiaro, se Donno sia stato il primo di cotesti regoli. Ovidio (t)
pare indicarcene degli anteriori , facendo discendere Vestalio prefetto del
Ponto Eusino dai re delle alpi. Ma venendo più al particolare , il fa poi
della schiatta di Donno ( progenie s alti fortissima Donni ). Regnava forse
egli infin da’ primi tempi della guerra Gallica mossa da Giulio Cesare , ma
nè lui , nc altro capo de’ popoli alpini non era per anco amico de’Romani.
Donno istesso poscia il divenne , onde adottò il prenome di Giulio .(1) ,
e in una sua moneta vi ha la testa galeata di Roma (}). Cozio fu 1 " ulti-
mo de’regeli delle alpi. Ancora dopo la metà del quarto secolo il suo no-
me , e il suo sepolcro eretto vicino alle mura della città erano venerati in
memoria della sua giustizia, e per la pace conservata ai popoli (4).
(t) Lib. 4 de Ponto elig. 7.
(a) In isciizione rapportata dal Doni clast. I nwm. ]t.
! )) Nel tesar» Brandeburghese di Begero T. I , pag. j»i.
4) Ammia'n Marcellino lib. 15 cap. io.
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7f
La positura della cittì comechè signoreggiata da’ monti , che le sopra'
stanno , è però tale , che a un tempo imbocca a dir così in tre valli , e
come porta ne guarda di tutte l' ingresso e l'uscita (j). Perocché siede in
sulla foce della sopradescritta trasversai valle , e taglia quasi in due la valle
tua longitudinale c precipua dal giogo di Moncinisio infino alla Cliiusa. JLa
prima vittoria del magno Costantino nel ) 1 1 centra l' imperador Masse»'
zio fu la presa di Susa. Disceso per Monginevra incontrò la città su i suoi
passi , in que' dì riputata fortissima per natura , e per arte , e provveduta
di assai guarnigione preparata a resistergli. Egli pur impaziente di avan-
zarsi non fa trincee , non fosse , non appressar macchine , ma fu quasi un
istante lanciar fuochi alle porte, gittare scale a’ torrioni, render pericoloso
a* difenditori ogni posto , abbattere , entrar nella piazza , incendiarla. Co-
mandò finalmente di spegnere le fiamme , ma gli fu più fàcile ordinare
l’ incendio , che arrestarlo e salvar la città (<f).
Essa non ebbe miglior fortuna ne’ secoli barbarici. In circa l’anno f 48
i Franchi occuparono la Moriana , ed il Brianzonese , e quindi in Italia
invasero le Alpi Cozie , e assai terre delia Liguria , o region traspadana ,
e perfin gran parte della Venezia (7). Susa ebbe sempre a padre di cotesto
rapide loro irruzioni succedute da rapide foghe. Distrutto il possente reame
de ! Goti , o del gran re Teodorico a sommo infortunio d’Italia, ritornò.
Susa in potere del greco imperio , e vi si mantenne alcun tempo , dappoi -
(-,) Tanto più amicamente-, onde Nazario in pantgyr. cap. 17 dice , che superate
le alpi , Susa Italia clausrrum obiicir. Oggidì non reggerebbe , ma bastava allora
la città stessa posta alla gola dtiu alpi fòrtissima di mora , • di sito , come pur U
descrive V anonimo Panegirista di Costantino cap f. Questo nuovo imp-radore si
era sottomesso tra via le province delle Gallie da Boulogne infitto ai monti ditti
da' Romani Alpi Cojit ; come notò Sozomeno lib. 9 cap. u, e racccgliesi da O-
limpiodoro appresso Folio pag. 182 , e da Nicefbro Callisto lib. tp cap. ;. Adun-
que non toccò punto la Moriana, che non era au la sva via, e nemmeno a’suoi
monti , nè al Cinisio , a’ quali i Romani non accomunavano il nome di Alpi
Cozie , checché ne sia paruto ad alcuni moderni.
(6) Sono i mentovati panegiristi di Costaatino , r Anonimo cap. f . e Nazario capi
21 , i quali narrano , ovvero esagerano questa insieme difficile , e subitanea vit-
toria. .
(7) Procop io di bill. Gorh. lib. 4 e* 34. Questa invalsone fu come assai altre dì
costi durata: V. Mario Arcnticesse ad am. appresso Duchesse Rtt. Franaci
T. ! pag. *14. .
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7 *
chè il resti deli' Italia occidentale era già sottomesso a* Longobardi. Tre
dQchi di questa nazione nel 57} per la via di Monginevra invasero il Del-
fina to , e la Provenza j erano passati per Susa, senza offenderla, né i Se-
gusini emisi opposti al loro passaggio. Ritornandosene indi sconfìtti per la
stessa via , furono attaccati e batruti da’ Segusini e da Sisinnio generale
delle imperiali milizie , e governatore della città (8). Isolata e divisa per
tutta la lunghezza della Langobardia dal resto del greco dominio in Italia,
dove» cader finalmente sotto quello de' Franchi , o de' Longobardi ; e quella
sua si poco generosa azione affrettò la sua caduta in man di questi nel j7 j,
i quali furono indi a non molto ridutti a cadérla a' Franchi in un con tutta -
la valle.
Il nome di questa città in tante maniere si disformò ne’ secoli mezzani,
die taltnio meno attento potrebbe dubitare , se sia pur dessa , di cui fa-
vellano gli scrittori di quelle età. Stosium , Stutium , Settee , Stgucia , e
quando Sexsia , Seusia , e Settcta più spesso vedesi dinominata: quindi in
valle Settsrana , o Sensia , come da Gregorio di Tours , da Annoino , dal
continuatori di Frcdegario , e da piu altri, e in molte pergamene. Cosi
pure nella legge Salica (9) secondo le prime edizioni di Herold, c Wcn-
deling si qttis canon Scgusium magistro suo furaverit , e secondo 1 ’ edi-
zione di Lindenbrogio , e di Bignon ri quis cantm Scusium etc., e noi di-
ciamo ancora cane Susino, il segucio de' Toscani , che Pier Crescenzi fa
sinonimo del bracco. Nella Ieg;;e de' Bavari (10) si quis canon Sette em ,
quem Lcichiunt vocant , furaverit , c di più si Seucem doctum , quem tri-
phunt vocant. Nella legge de’ Borgognoni si chiama canis Seguititi (n),
e in quella degli Alemanni (11) canis Stusius , eh’ ivi si distingue in cane
di corsa , e di guida , cui essi appellavano in lor linguaggio Lauhiunt.
(8) Gregorio Turoftese Hit'. Franco. Ih. 4. can. ]q " rumque usque Sigusium
„ [ Sittium t€ rnss ] urbcm perirli ( Langnbardi ) fuissent , et eot incoia loci
,, dure susciperent, prxsertiin cum Sisinnius tnagister militum • parte impera-
,, tori» ( Giustino II ) in hac urbe resideret ere. ” Q ueiu r.amzio' e fu poi co-
piata da Paolo Diacono IH. J cap. t . il qual però ommette , o cerca sempre di
scusare alt uni fatti per isiuinuire H disonore , eh’ ei pensa venirne alla sua ita-
‘ àfone.
(9) Tir. VI 5 1 e j.
1 '(n>) Tit. XIX SS t, a, « j.
' (ri) Addirament. I, tit. X.
(t*j Tit. LXXXU SS- •» e a. ‘ i '. *
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79
Cotesta razza di cani trasse il nome dal luogo di sua origine , e in qualun-
que maniera desso sia scritto , indica sempre quello di Susa , e della sua valle,
nc punto vi ha nei barbari secoli altra terra di tal nome, nè più famosji ,
,nè in tutte le divisate maniere dinominata. . .
Ad ogni modo alcuni dotti Tedeschi senza badar punto a questa origine,
si avvisarono di ricercarla nella natia loro favella , e chi la derivò da Seu-
ghen porco, chi da Sucher , o Seucker , investigatore, e spiegano Seguili,
0 Scucii per cani porcini , ed investigatori e cacciatori di cinghiali. A co-
testi stiracchiatort di parole , e trasformatori di cani in porci fece plauso
.il dottissimo Ducange. Nessun di loro seppe veder dò , eh’ era pur tanto
visibile , cioè che le stesse leggi sopraeitate dimostrano affatto stranieri alla
lingua alemanna i nomi di Segusii , c Scucii , a' quali perciò elle vi sog-
giunsero il nome vulgarc alemanno.
Ma la fama de’ cani Segue) era assai più antica delle menzionate leggi,
e n’ era già ab antico nota 1 ’ origine c la patria loro. Arriano nel cinege-
tico (cap. j ) ricorda appunto i cani Segusii (TtycrCm) così detti dal no-
me di una gente Gallica , nc' confini della quale son nati , ed incomincia-
rono ad esser in pregio. Adriano Valesio non dubitò di veder qui indicati
1 Segusiani di Telomeo , a’ quali appartennero Susa e Brianzoli. Niun’ altra
gente Gallica ritenne in ogni età costantemente questo nome , ovvero in
uno tutti i sì fatti nomi ; perciocché i Segusiani del Uoncse niun vestigio
ne serbarono nelle lor terre, clic mai nemmeno gli s’accostasse. Con tutto
ciò Ducange incaponito delle baie di quegli etimologisti osò diniegare ,
che i Segusini fossero gente Gallica , e Susa nelle Gallie , e volle piuttosto
infingersi di saper nulla della Gallia cisalpina , che innanzi e dopo di Ar-
riano continuò a dinotare questa parte d’ Italia.
Se dal numero delle molte chiese , che son ricordate in Susa ancor nel
i°6 5 f r J ) , può trarsi argomento dell’ampiezza e popolazione di una città,
sarà da dirsi che risorta dalle sue rovine non fosse dessa nell’ undecimo se-
colo ancor di troppo scaduta. L ' uno de’ suoi antichi borghi era Orbanum
cosi detto nel testamento Aboniano del 759 , e dinominato Urbiantim nei
susseguenti secoli (14), finché nella carta Ulciese CXI del 1107 ci « ram-
-• (lì) Chartar. Ultiens. num. XXIV.
(14) Nella caria Ulciese del 1075 num XCVI leggesi Brajda [campo contiguo al
luogo] qua apud Urbianum est , indi tlulaneum porta, cioè il pedaggio, che ri-
•coteasi alla vicina porta delia città. Si aggiungano le carte ivi LYH, LXXVII,
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8o
anemora soltanto clausttm Urbi ani , o sla 1 * avanzo del recinto di quel luogo,
che oggidì è una villa di Monpantero , e 1' un 1' altro ancora dipendono
dalle parrocchie della città. L ' anno più funesto a Susa , ed a più luoghi
de’ suoi dintorni è stato il 1174, allorché l' imperador Federico I su lo
acader di settembre cali pel Moncinisio , arse 1‘ indifesa città , e tutte ne
atterrò le già deserte case, per vendicarsi de' cittadini , i quali nel ri 6S
l’avean ridutto a paventare, a nascondersi, a fuggire (if).
I meschini compilatori della nostra istoria accennarono appena co testg
rovina di Susa , perché non vi ci seppero vedere che un accidente ordì*
nano della guerra. Anzi Guichcnon con una indifferenza non so se più as«
aurda , o più barbara non vi ci trova un gran malt , parchi Federico ti
fosse contentato di distruggere gli uomini , e le mura , e non le scritture (16).
Ida nemmeno vi ha prova nessuna , che i conti di Savoia ritenessero in
Susa i loro archivi: altronde sarebbonsi messi in salvo innanzi l’arrivo del
nimico , siccome i cittadini salvarono se stessi , e le robe loro di alcun
pregio.
Intorno alla fuga di Federico I dall' Italia nel 1168, e alle circostanze,
che prepararono , e poi la rovina consumarono di Susa , giova ricorrere
ad un testimonio oculato , e presente, qual èstatoGioanni di Salisbury (17).
Sconfitto , circondato , inseguito da' Lombardi l’ imperadore latitava , non
e XCII : in quest’ ultimi si fi coerente »d Urbiino la Via Pocamatit. (I cronista
Movale» anr ( lib 1 cep • j) collocando altresì cotesto borgo presso di Susa, vuol
darci a intendere, che il Patrizio Abone innanzi di fondar il moni' te ro presso
Moralesa , l‘ avesse fitto costruire nella stella atti iti locj , cui tocaMum ni
Utbiana.
(fS) Cotesti fimi tono piuttosto accennati, che descritti dai cronisti contemporanei.
Nel marzo del itt?8 Federico ( vergognosamente fuggi d'Italia. Ottone da s. Bia-
gio ( Rrr. halic. T. VI coi Spf) ai contenta indicare, che giunto a t ìus» , fraudi
eirium eccidi leniabatur , e se ne scampò travestito; Ottone Morena ( ibid. col. tipi.
Uff) che passò in Lamagna " per terra m cornili» Liberti de Savogna (Savogia)
» SHi quondam corniti» A madri , qui et Comes dicitur de Moricnna ; “ Sire Raul
( iUd. eoi. Ufi , Ufi ) che iurta Sauricam ( Sigitela» ) fece impiccare uno degli
•staggi Lombardi, poi nei 1174 vanir Sacxiam (Susa) et combusti! tam.
(<6) Hist. de Savoie T. I chip. 8, p. 156.
(»7) In una sua lettera indiritta al vescovo di Ogford , nella quale gli fa il raggas»
glio di dò eh’ era a que’ dì accaduto in Francia , ed in Italia , dove egli viag-
giava. Fu pubblicata piò volte , e da pii , come por da Duchesse tra gH *cnt-
toti della «tona de’ Franchi. T. IV p 471 c *cg.
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Si
area modo di uscir d’ Italia. D’ altro canto offeso da lui , e aderente ai
Lombardi il conte Umberto III gliene chiudea l'uscita (t8). Il marchese
di Monferrato invitò il conte a lasciar fuggire l’ imperadore , fece larghe
promesse, sollecitò, ottenne (19). Federico già vicino a Susa uno impiccò
de’ Lombardi ostaggi , ed introdusse gli altri nella città. Chiuse , e guar-
date le porte , i cittadini armati glieli levarono , non sofferendo che i lor
vicini cd amici fossero tratti a perire in Lamagna , nè di esporre se me-
desimi alla indignazione delle città Lombarde. Vide Federico il nuovo suo
pericolo , dissimulò , si travestì , scampò.
Il conte Umberto gli mancò egli perciò della data fede ? non n’ è punto ' *
tacciato da’ coetanei. Apertamente da Ottone dì s. Biagio ne sono incol-
pati i Segusini. Solamente il monaco Gottifredó da Viterbo cappellano di
Federico I sembra in qualche maniera accagionarne il conte (zo), cioè
compir ant Ligure s , o sieno i Lombardi così ancor detti a vicenda nel do-
dicesimo secolo, profugus re x inde recessit , nel 11685 indi passa a dirit-
tura al suo ritorno in Italia, cd alla sua vendetta nel 1174,
„ Rei rediit , Morianna luit , Cilenia Clusa
,, Przboit introitimi regi , pereunte Segusa.
Ma la Moriana ha patito nulla in quel passaggio dell’ imperadore : il ve-
scovo n’ era del suo partito , ed in mercè usurpava la signoria di parec-
chie terre (ai). Onde quel Morianna luit non vuol dir altro, senonchè il
conte di Moriana , come intitolavasi Umberto III , scontò colla rovina
di Susa 1 ’ affronto fatto a Federico in questa città , o sia stato di sua in-
(18) " Eique Maurianenais Comes ob iniurias sibi illatas otanem exitum praeclusis-
„ set t ut Lombardorum manus nulla ratione posse evadere videretur. ibid.
(19) " Imperator. .. ad redttum properans venit ad Sanctum Ambrosiani .. . mane
„ festioantcr egrediens , prope Secusiam in eminentia cuiusdam montis suspendit
„ quemdam obsidem nobilem Brixiensem . . . alios vero obsides secum duxit in-
„ tra Secusiam. Cives autem et incolse loci portas Claudi fecerunt, appositis cu-
„ stodibus armatis , et tyranne obsides abstulerunt , dicentes sibi ab aliis cjvita-
„ tibua ( Lombardie ) excidium et extermtnium imminere , si vicinos suos et
„ amicos , viros Italie nobilissimos sic patercntur abduci in Alemanniam occidcn-
t , dos etc. ibid . p. 473.
(30) In chron. part. XVII. Rer. Germanie. T. 3 pag. 3 14. Edia. di Sfruvio.
(31) Federico gliene riconfermò il possesso nel 1175 , e n’abbiamo il diploma
nella storia di Brcssa del Guichenon.
1 1
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§x
telligsnza, oppnr si supponesse. Non si sa nulla di certo, ma la rovina di
Susa c accennata da Gottifrcdo per una pena , o vendetta contro del conte.
Questi non potè forse contenere i cittadini , se fo presente , ovvero tol-
lerò quella commoiion di popolo. Federico uccidendo l’ostaggio avca bar-
baramente violato la fede de’ trattati ; laonde il conte , e i cittadini etano
dispensati dal serbargliene alcuna. La promessa del conte ristrignevasi alla
sicurezza del tragitto, e non potea mancar nel resto agli amici; Federico
abusò della promessa , e del territorio.
Alcuni esterni scrittori ingannati dai nostri non di rado inesattissimi ac-
cusano Umberto III di aver sagrificato la politica alla sua pietà , abbrac-
ciando il partito di papa Alessandro III contro di Federico I , donde poi
nacquero la perdita di molte sue tetre, le ribellioni di alcuni suoi vassalli,
l' ambiziosa sedizione di alcuni vescovi bramosi di profittar delle spoglie
del partigiano del papa , e le domestiche guerre , e le novelle perdite
quindi nate. Costoro traveggono , turbano , immaginano i fatti , e discor-
rono a caso. Fu gloriosa al conte Umberto la lega con Alessandro III ,
il pontefice più benemerito della umanità e dell' Italia, perchè dìsciolsc la
prima dalla schiavitù, e colla pace di Venezia vendicò l'altra dalle violenze
di Federico I. Da un pezzo era quasi ereditaria l' inimicizia degl’ inipera-
dori tedeschi contro de’ conti di Savoia. Dacché Arrigo IV , e il re Cor-
rado suo figliuolo vollero occupar gli stati e l'eredità della contessa Ade-
laide, a dirittura mossero guerra a’ suoi successori legittimi. Arrigo V fa
ripigliò: Lottario III nel n $6 invase molte terre, ed espugnò Torino':
Federico I altre pur nc levò all’ istesso conte Umberto III , e se le riten-
nero un tempo il marchese di Monferrato , e i vescovi di Torino , di Mo-
riana, di Belley , e di Tarantasia (zi), autorizzati da Federico I comun-
que scomunicato dal papa all’ uso di quella età.
Laonde erano già ben antiche e continue , e nate quasi ad un tempo
con quelle de' Lombardi le cagioni di guerra tra gl’ imperadori tedeschi e
(22) In su I' entrar del 1155 Federico tendo venuto coll'esercito a Torino ( Otta
Ftiting. ìib. 2 re/\ 1 6 ) «vca cominciato ad inciderla in un colle terre de’ din-
torni , e le abbandonò poscia al vescovo Carlo con diploma del 1159 ( presso
Ughelli hai. sacra T. IV col. tey.S). Tra le molte terre di qui e di là del Po
usurpate dal marchese di Monferrato a nome dell' itnperadore parecchie furono
assai tardi restituite a' successori di Umberto Hi , come per convenzioni partico-
lari nel 1350 , e mano a mano, altre finalmente pel trattato di Cherasco dei
t 63 (.
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, 8j
i prìncipi di Savoia (aj). Federico I le accrebbe ed inasprì; onde Um-
berto III aderendo a‘ Lombardi serviva alla sua politica, e insieme alla li-
bertà d'Italia; nc altramente fu partigiano del papa, se non perchè il papa
era capo della lega. Però l’anno dopo l’eccidio di Susa trattandosi della
pace tra’ Lombardi e Federico , il conte Umberto per addolcir 1 ’ uno , e
rassicurar gli altri , gli s’ accostò , intervenne all’ accordo , e promise per
l’ imperadore (14). Fu l’unica volta che gli comparve innanzi, e coma
amico ; perciocché è falso che fosse intervenute all’ assedio di Milano ,
come s’idearono i nostri ed altri scrìttOj^H che già nel 1158 avesse an-
ch’egli inviato de’ ministri alla generai ma di Roncaglia, cioè i vescovi
di Moriana , d’ Ivrea , e di Torino : il primo nemmen vi comparve , il se-
condo non gli era nemmen suggetto , e questi ed il terzo vi andarono per
conto lor proprio, come gli altri vescovi lombardi (ij).
(3;) Umberto li erari gii collegllo cogli Astigiani inaino del 1098. Piem. cispad.
p. 546.
(24) Compromise. tnn. Ilyf, Aniiq. Ita 1 . T. IV col. 37 f. Perciò tra coloro, i quali
concordarono a nome di Fedenco I colle citti collegate non vi si nomins espres-
samente dapprima se non cunei Sa voti , sebben ivi gli eletti da Federico erano
Cotonimele orchiepiecopus fraur imperatorie , Comes Savoie , Otto Palotinut carnet. Fa-
nelli Guerci ut cancellatine imperatorie. Ibid. col, 376.
(15) Radevico lib. 3 cap. ). Quindi appresso il vescovo e la cittì di Torino ri-
masero del ptrtito di Federico I, ed intervennero al famoso trattato di Venezia
del 1177 per la tregua co’ Lombardi. Antij. Ital. T. IV col. 3Ì), sSj.
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*4
CAPO X.
Da Susa Ad Clusas Langobardorum ,
oggidì la Chiusa , e Chiavrìe.
Dacché incominciarono le incursioni de' barbari , questo più fèrtile , ed
una volta popoloso inferior r^Éfe delia valle fu sempre il più suggetto ai
guasti singolarmente de' Fraticmr A coteste calamità ve ne succedettero
altre più lente e corrodenti nate dalle servitù de' bassi tempi , ed altre mul-
tiplicate dai torrenti , e dal fiume disarginato , caduta che fu la strada romana.
Talora i nomi stessi di alcuni luoghi circostanti danno a divedere , che la
culta faccia del mondo romano erasi trasformata in una più ispida e selva-
tica. Abìfim subito al norte della città Forestum , indi Canussum ( Chia-
noc ) : di qua del fiume Mediami , da cui dipende la villa di Altaretto.
Matanatis del testamento Abonianó ( Matthie ) e neppur tutte oggidì esi-
stono le terre in esso rammentate senza venia ordine di sito , cioè Cor-
vo i/icum , P e trac ava , Trebocis , Ctcìmianum , V troxium , Cammite supe-
rior, et Cammite subterior.
Matthie dinominossi anche Matengum nel sopracitato diploma del 1016,
Matingum nella carta di s. Giusto del 1029 , la qual pur rammemora i
luoghi sopraccennati , ma più innanzi Maticum , e Matium , donde il no-
me moderno : quello di vicu s Matieius più lungamente gli si conservò , e
luttavolta scrivevi virus Maticus nella carta Ulciese XC 1 V del 1080. Ap-
pare sempre più come i nostri Taurini o Liguri , ed i Germani e i Galli
aveano gli stessi nomi di luoghi , e di popoli , perchè la loro lingua era
la stessa , e non variava che pei diversi dialetti. Così Matisco ( Macon )
non c diverso dal nostro Maticium , come pur Mattium capitale de 'Catti
(Marpurg) così detto da Tacito (1).
Seguita Buceletum del diploma Ottomano del 1001 pel marchese Odel-
rico Manfredo (2) , che Bofoletum è detto nella carta di s. Giusto del
(■) Anna!, liè, 1 : quindi Maniaci quel popolo (ffirror. Ut. 4, e it Germani) Tolo.
meo chiama por quel luogo M arri'anei, derivativo del nome del popolo , come da
Mattium derivano Maniaci in Germania fenili di Plinio lib, fi cap. »,t Malli* -
cas aqnas di Marcellino Ut 39 , t tra noi 1 ' anzidetto Ficus Muiciut.
(a) Adelaide illustrata part.a p. la.
toif , ma ne|la Ulciese CXXVII del t t 37 sciivesi già BocoUn più ana-
logo al moderno nome di Bussoleno provegnente da Buxetum, o Buxoli-
cus , e di origine sicuramente romana. Antignasco è villa , che ne dipende.
S. Georgius dove la chiesa di Oulx possedea terram ad modios LII 1 I , co-
me vedesi nell’ antica più volte lodata carta CXLVllI. Nel diploma sud-
detto del tool appellasi S. Glorius , accorciamento conservato ancora og-
gidì , cui diciam S. Giorio. Villart Falcarti , c più in qua S. Agata della
mentovata carta del 1019, Villarfochiardo, e Santo Antonino. Ne’ monti
e nelle vailette del primo giace Monbenedetto con valle Orseria , come
già si notò. 1 viceconti di Baratonia lo furono un tempo anche di questo
luogo , e son dessi che poi donarono, più terreni alla Certosa di Monbe-
nedetto supra Villarium Fulcardi (3). Il luogo di Sant'Agata cedette il
suo nome al più moderno di Santo Antonino , cui vi si era dedicata una
chiesuola su 1’ entrar dell’ undecimo secolo , e venne più di moda , cioè in
valle Secuxia in targo Sanate Agathee , et est constructa in honore infra -
scripti Sanai Anthonini , la quale , tranne la terza parte donata a s. Giusto
nel 1019, fu poi ceduta dalla contessa Adelaide, e dal marchese Enrico
suo secondo marito a’19 maggio 104$ monasterio et canonica Sancii An-
thonini , quod est constructum ultra montem in valle qua dicitar Noti-
lense. Il conte Tommaso I di Savoia concedette poscia al parroco la terza
parte del luogo, e riticnla in fèudo, y aionaces della sopracitata carta Ul-
ciese CXLVllI , oggi Vayes , nome ne’ secoli X e XI raccorciato , e lati-
nizato in vaga , la qual terra fu l' ultima , che a questo lato della valle
diedesi a s. Giusto di Susa nel 1019, dicendovisi usque in territorium , et
finem ti villa qua dicitur fuga. Essa appunto confina alla Chiusa di s. Mi-
chele.
A mezzodì di Vayes e de’ monti della Chiusa travalicando inverso la
vallata del Sangone , termina il territorio , che in un colia città di Susa ì
Longobardi cedettero al re de’Borgogaoni , il qual lo unì alla nuova diocesi
di Moriana , cioè tra i monti suddetti e Giaveno , ed a levante i confini
di Avigliana. Tra mezzo a cotesti termini ewi Valgioia, come ora suol
(3) Cosi asseriscono a figliuoli del viceconte Enrico in una loro carta di conferai!
16 giugno 1119, adottando l’ espressione usata dal padre in altra 9 giugno taoo;
il quale agli 11 febbraio laoy donò poi quello, che spettargli in Banda fra il
tener di Bussoleno e di Villarfochiardo , dove in appresso la Certoat di Monbe-
aedetto fi trasportata. De' Visconti di Baratonia , e Villarfochiardo più carte esi-
stono, e tra le U Ideai le CXXXVH, CXCY 1 , CXCV 1 I ic.
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u
chiamarsi : la villa giaceva altre volte più là in fondo di quella vailetta inverso
Avigliana. Sembra questo il limite stabilito nel 5 88 tra le diocesi di Mo-
riana , e di Torino nell’ atto di divisione sopraccennato , est aute-n urrns
terminus in partibus Italia in loco qui dicitur V ologia (4), o sia Valogim,
come ne’ manoscritti , donde ne’ bassi tempi prese nome il ponte di y al-
io vi a accostantesi ad Avigliana, e riconosciuto ancor nel 1108 dal vescovo
Morianese per restremo termine della sua diocesi (j). Parlasi dello stesso
ponte nel diploma di Federico I del 1161 pel monistero di s. Michel della
Chiusa , in cui narra , che ad uso di quello aveva Ugone di Auvergne
Comprato dal marchese di Totino Ardoino HI il terreno infra pontem de
Riole , et pontem de V aliate , siculi aqua defluii in flamine Duria ;
due termini dal mezzodì del monte della Chiusa , deve ponte Vallocia ,
fino a settentrione , dove l’ altro , e sccondochc il rivo scorre.' nel fiume
di Dora.
Tirando quindi una linea insino alSangone su i confini di Valgioia e Gia-
veno col territorio di Avigliana una volta assai più ampio , appartengono
al termine antico di Valdisusa le terre poste a ponente di cotesta linea
nella supcrior valle del Sangone , cioè Coazze c Giaveno. La prima appiè
del collo della Rousse , donde pur si trapassa in Valdipragelato , e donde
surge il torrente del Sangone, chiamasi già Covacia nella carta del iojj
pel monistero di S. Solutor di Torino , fatta da Alrico vescovo d' Asti ,
e da Berta vedova del marchese Odelrico Manfredo , dipoi riconfermata
dalla contessa Adelaide loro figliuola nel 1079 (6). Altresì è ricordato Covacium
in territorio Corrado , en la vai de Covacio nella carta Ulciese CXCV.
E’ parso ad alcuni di scorgervi in questo nome un vestigio di quello de
Quadiatii della iscrizione di Cozio, perchè non avvertirono, che nessuno
de’ popoli ivi descritti occupava un sito tanto inoltrato in qua , e sì basso
a paragon de’ popoli alpini ; e oltre a ciò che Quadratium ( Queiras ) con-
serva troppo visibilmente il nome de’ Quadiatii. Indi yicus Gavensis del
■cronografo Novaliciano Uè. ) cap. 4, e Gavennum nella donazione del
(4) Presso Besson dei divoriti dt Sancii pag. 478.
(l) Ibid. prnvu mtm. 11+ p. +St. Il vescovo con alcuni de’ suoi canonici vi ti léce
a prenderne giurìdico atto, " Venimus uaque ad pontem de Vallovia prope Avil-
,, lianam fungcntes officio nostro , et episcopali auctoritaie , quia acimus vallem
,, Secosi* usque ad dietnm pontem esse de epiicopatu, et iurisdictione Maurìa-
„ nenai. ■
(6) Ani, ‘5 ItaL T. I co). 5 ai. - • .
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*7
io} r al monistero suddetto di S. Solutore (7). L' istesso cronista ivi pur
ci fa intendere , che mentre il re Desiderio nel 77} difenderà il passo
della Chiusa contro de' Franchi , Carlo Magno per quest' altra via tramezzo
le montagne , che asserisce essersi detta via Francorum lino a’ suoi di .
venne a discendere in planicicm vici , cui nomai crat Gavcnsis. Quindi
raccolto 1 ’ esercito , sorprese il nemico alle spalle. Checche ne sia di ciò ,
non c vcrisitnile , che questo cosi apparente cammino siasi , com' ei sog-
giugne , allora solamente discoperto da’ Franchi , i quali gii da tanti anni
tutta signoreggiavano questa ralle , e conosccano per pratica ogni passo
delle sue montagne.
All'altro lato della Dora, rimontando inverso Canusco, o Chianoc ,
donde innanzi ci dipartimmo , vi seguita Brosiolis del testamento Allontano,
o sia Bruxolum dell’Ottomano diploma del tool (8), altramente Brusiolum
della carta di s. Giusto del 10*9 , Bruzolo. Fano Borgonis , che nella
stampa del sopracitato testamento del 7}9 scorrettamente leggasi Tanno
Borgonis ( Burgone ) detto Burtono nella carta del 1029 setiz' altra ag-
giunte , perchè già da un pezzo erasi perduta insin la memoria dell'antico
suo tempio , il cui nome sembra indicarci una deità locale quando ideata
a capriccio , quanJo in memoria di un benemerito cittadino, quando sotto
un nome strano indicava alcuno degl’ iddii comuni. Più sopra al norte Fras-
sineto luogo di romana origine da Fraxineus , sebben con volgar inflessione
già si dicesse Fraxinere ne' secoli mezzani. Moccum , che dipoi per istrana
eleganza de’ notai dell' undecimo secolo si scrisse Mance , come nella carta
dell' accresciuta dote al monistero di s. Giusto del toj} (9), e nella con-
ferma di Corrado Salico del 1037 (io), Mocchie, la cui valletta però an-
che allora continuò a dinominarsi vallis Mocccnsis , ma è tutt’ altra della
valle Moccense ricordata dal Patrizio Abone , alla qual s' appartiene il Mer-
curio Macco cosi detto dal luogo stesso , in cui i Galli il veneravano ,
come appar dalla lapida illustrata dal Bimard nella dissertazione de diis
ignotis inserita da -Muratori nel nuovo tesoro d’ iscrizioni ( T. I pag. j 1 ).
Da Mocchie si sale alla montagna di Nostra Donna del Colombardo , d’ indi
all’alpe della Sagna, donde scendcsi a Lemie in Valdiviù. Di sotto Mocchie
(7) Adelaid. illustr. part a p. 191.
(8) Ibtd. pag. la.
(9) Ibid. pag. 198.
(10) Anni}, ita). T. 1 co), j^t.
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ss
Condovi , e più a levante Caurum del mentovato Ottomano diploma del
laot: dal conte Amedeo III nel 1147 chiamatisi Condovi*, t Cauri* ( 11).
Quest’ultimo luogo è il vicus Cabrius del cronista di Novalesa hb. 3 cap. 9.
Chiavrie prese nome dal monte detto anticamente Caprasius , e tuttavia
Caprario , rimpetto a cui ergcsi all' altro lato del fiume il monte della
Chiusa dal cronista suddetto grossolanamente appellato Porcarianus , e da
Bcnzone per beffa nel panegirico di Arrigo IV Porcarana (u) , ma dal
monaco Guglielmo della Chiusa Pyrchìriana (13), e cosi pur a vicenda
Pirckunianus , e Pirchinianus nella vita di s. Gioanni già romito in sul
monte Caprasio , e da alcuni malamente confuso con Gioanni Angelopte
arcivescovo di Ravenna (14). Il luogo di sua dimora per alcuni si reputa
la terra di Celle di sopra quella di Chiavrie ingannati da si fatto nome.
Assai villaggi cosi dinominati esistevano sotto i Romani in varie province
dell’ imperio, ed erano pressoché tutti su per monti e colline con casucce
di contadini. Ancor parecchi n’ esistono in Piemonte cosi pur situati in
costa. E’ noto , che quindi furon detti circumcellioncs que’ malandrini , i
quali scorrendo le campagne a mal fine , andavano poscia per cotesrg celle ,
o altramente ville a pascersi delle altrui vivande , arraffandole a’ villani.
1 due monti sopradetti alquanto più in quel sito convergenti formano lo
stretto di questo ramo longitudinale di Valdisusa , cui gli antichi dinomi-
narono Le Chiuse. Ne rimase pur appropriato il nome al villaggio appiè
del monte Pirchiriano , e cui villam contigua m nomine Clusam appella il
mentovato monaco Guglielmo, il qual fioriva intorno alla metà dell’ unde-
cimo secolo. L’antico autore delia vita di s. Gioanni suddetto secando
(il) Presso Guichenon Prtufts T. 4 p. 36.
(la) Pubblicato da Menkenio Rer. Germanie. T. I , e da Luderrig selle Reliquia
monuscripronim T. IX.
(13) Appresso Mabillon Annoi. Bmtdicr. T. HI in append. num. $ 8 .
(14) Spial-g. Ravennar. hisr. Rer. halle. T. i peri. 3 pag. fòt. 11 romito Gioanni
assai prima del 966 crasi ritirato sul monte Oprasio al nòtte di quel della Chiusa,
e di li sognare di veder su! vicino Opposto mente Pirchiriano sollevarsi globi di
fiamme, che surra partano arderne la selvosa cresta : vi andò sn, e vi fabbricò un
tempietto 1 S. Michele. Indi a poco la fama di quel bagliore di luce, e la cre-
dutiti , e la curiositi de' peregrini fecero il resto. Costrutto , e popolato il mo-
nastero, ei ritornò alla sua solitudine in cima di monte Caprasio, donde sovente
ripassava in su 1’ altra senja aiuto et asino o di cavallo , ma co' suoi pie • , e stn;a
stento ( ibid. pog. y 66 ). 11 che se aliar parca prodigioso , oggidì indica tutto si
più , eh' egli non era ni vecchissimo , né troppo mal in gambe.
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*9
l’oscura sua maniera di spiegarsi volle indicarci esser» di mille passi la
larghezza dello stretto e piano fino a toccar il villaggio della Chiusa (15)}
certo non gli eccede, e quando il fiume innonda, occupa la metà del
piano.
A questo stretto terminava la valle , e il tener di Susa s«tto i Longo-
bardi e i Frauchi ; onde Carlo Magno nel progetto della divisione de’ suoi
stati nell’ 8c 6 circoscrisse vallem Segu stanarti usque ad Clusas , senza nem-
ncn far cenno dell’altro suddivisalo termine a mezzodì della montagna
della Chiusa, eh’ è troppo fuori di cammino. Spaccatura, o bocca de'monti
Pircariano, e Caprasio chiamasi nel soprallegato diploma di Federico 1 del
1161 (16}. Divenne celebre per le guerre de' menzionati due popoli; per-
ciocché i Longobardi soleano affortificarvisi , affin d’impedire a’ Franchi il
penetrar di qua , i quali ancor non sapeano , oppur non osavano tentar altri
passi dell’ alpi. Cosi la cronica di Fredegario avvertì , che intesa dal re A-
stolfo la mossa de’ Franchi , usque ad Clusas , qua cognominatile valle Scu-
sarla , veniens ibi cum orniti extreitu suo castrametatus est (17). Altret-
tanto fecesi pur da Astolfo 1 ’ anno seguente , per impedire , che i Franchi
entrassero in Italia (18), la quale allora cominciava appunto dal forte della
Chiusa. Ma il re Pipino disceso alle Chiuse , dove 1 Longobardi contrasta-
vangli il passo , statim Franai solito more , ut edotti erant , per montes
et rupes erumpentes ( cioè per le aggiacenti montagne , e singolarmente
per 1 ’ anzidetta via Francorum ) in regnum Aisttilphi cum multa ira , et
furore intrant ( toc. cit. ). Anastasio Bibliotecario ci narra lo stesso nella
vita di papa Zaccaria (19), e soggiugne, che il re Pipino Clusas Jonditus
eorumdem evertit Langobardorum , cioè a dire le opere costrutte , per chiu-
dere lo stretto , le quali consistevano fabrìcis , et diversìs macettis (*°).
11 cronista di Novalesa aggiugne , che i Longobardi usavano serrar lo stretto
con mura tirate dall’ uno all’ altro de’ sopradetti due monti , e oltre a ciò
le rafforzavano con torri, e fortini (zi) dal villaggio della Chiusa fino a
(15) ” Uique li rietini Idusam [leggasi Cìutam ] recitatimi ad radicete unius bornia
„ mentirne ridelicet Pyrchunianum Auioniis finibili. ” Ihid. pag. 565.
(16) " A crepidine utriusque mentis Pircbariani salice! , et Caprsjiì.
(17) Script. Francie. T. I pag 774.
(18) Ibid. pag. 77 S.
(19) Rer. Italie. T. (II part. I ptg. 170.
(ao) Ibid. p. 18;, nella vita di papa Adriano.
(:i) Llb. ; cip. 9 " nini usque in prxsuiiem dY,:i 'nuroruiti fondamenta apparent,
1 z
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»<*
quello di Chiavile , die gli sta quasi di nmpetto. Riguardano a questa
maniera di trincee gli annali de Franchi , dicendo (adann. 77*) c te Cario
Magno avendo ritrovato clusas aptrtas , haliam inrrtivit ; cioè aperte
perchè il re Desiderio allo improvviso vilmente abbandonato da’ suoi già
indulti a tradirlo , méntre gli stessi nemici disperando di vincere , stavano
per dar volta in Francia, fu astretto ritirarsi, lasciai loro libero il passo,
c chiudersi entro le mura di Pavia. Carlo premiò i traditori , clic gli po-
sero Italia in mano , conservandoli ne' loro governi , come i duchi del
Friuli , di Chiusi , di Spoleti ec., e sollevando degli uomini nuovi ad altri
uffizi compri colla loro perfidia. Così cadde il regno de’ Longobardi già
dimesticati Italiani. A questo modo fu soddisfatta la mano ambiziosa , che
da tanti anni la rovina loro ordiva ; c l’ abuso della religione , la viltà , la
seduzione, la frode furono le armi, che sottomisero Italia agli stranieri (11).
Questo sito delle Chiuse de' Longobardi ognor memorabile per un av-
veafmento, che da tanti secoli influisce su la smozzicata ed invilita Italia,
non fu mai ben noto ai dotti stranieri (ij). Di qua del villaggio, che ne
serba il nome , salivasi parimente al tempio c inonistero , ora la Sagra di
$. Michele , in summitatc montis tanquam in specula , come il sopracitato
monaco Guglielmo vuol disegnarlo (zg); perciocché il monte terminando
in angolo la serie di quelli, che il trasvcrsal ramo di Valdisusa distaglia
dalla catena delie alpi , rimane a levante e al norte staccato da ogni altro.
Quindi finisce quasi in punta, su cui fabbricossi il moni stero , die isolato
« guisa di specola guarda , e domina lunge assai. A queste due bande più
„ quemadmodum facilini de monte P . rea riano id vicum Cabrium , ubi palatimi
„ illis diebus ad hoc spectaculum factum lucrar. ” Cotesto palazzo mi pare di
troppo,
(22) Intorno a scssant’ anni dipoi Agnello Ravennate con bugiarda millanteria cercò
di attribuire a Leone vescovo di Ravenna l’empia vaniti di aver mostrata a'Fran-
cbi la via d' Italia , e snnecirato Carlo Magno a soggiogarla. ( Pontificala tib. 4
Rer. Italie. T. 2 p. 177 ). Tanto il clero italiano era avverso a’ Longobardi man-
tenitori de* lor diritti , e sperava ne* Franchi prodighi deli’ altrui.
(2;) Il p. Berretti Ccragraph. Irai. col. iùg confondendo le Chiuse con claasera montìt
Cinìsii del continuatore di Fredegario , le colloca appiè di quella montagna. Mu-
ratori Anna /. <f Irai, all 1 anno 773 dice vagamente Lo Chiuso 4 * 1 ? Italia verro il
mente Cinisio : altri dissero peggio.
(24) Presso Mabillon loc. cit. pag. 66 j, soggiugne p. 664, che tutti veneravano
quel monistero , fuorichè i Torinesi , qui ranquam scyUmi * canea semper oblstra-
„ vcront , et lìvido oculo ccenobii commodo obliqaare non cessa ver ut. ” Avranno
avuto il lor perchè, ma parve meglio al monaco di tacerlo.
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ripido e più dirotto è però dovunque accessibile per sentieri più brevi , ma
un po’ discoscesi ed erti. A mezzodì gli è come scala il monte minore ,
cui si connette , e va dechinando in verso Giaveno. Il tempo ornai atterrò
quell’ antico nidio di monaci , ma risparmiò la chiesa. L’ ignoranza de 'bar-
bari secoli avvezza a travedere , a immaginare , a mendicar de’ prodigi nelle
cose anco più semplici si avvisò d’ interpretar il nome di monte Pirchi-
riano per fuoco del Signore , ovvero città di fuoco. Da così fatta etimolo-
gia nacquero le visioni delle fiamme , che la notte ardeaoo altamente in
cima al monte, ccosì pur vi nacque l’ideata città Pirchiriana, odi Pirghi
nel sito ove dipoi fondossi il monistero (ij). Lo stesso nome del monte
sembra indicarci , che il greco governatore di Susa massime al tempo della
irruzione de’ Longobardi abbia fatto o rassettare , o costruire ad uso di
vedetta , e di guardia di questo passo una o più torti ( trvfytc ) m cima ,
e appiè di esso monte , donde poi gli rimase il nome di Pirchiriano , o sia
montagna 'delle torri. Infatti i Longobardi medesimi mantennero questa
maniera di difesa contro a’ Franchi.
(ac) Anche il p. Berretti li lasciò trarre de Piogene in questo errore ( toc . cir. cel.
no): il primo non vide forse mai queste balze, e potè supporle capace dì Bua
ritti ; ma Piogooe , il qual 1' area seti’ «echio , eia pur mal reggeste I
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CAPO XI.
Termine dell ' agro di Susa a rincontro di quel di Torino
lunghesso la strada romana , e termine de ’ due territori
a' tempi de' Longobardi. Origine delle miglia dette di
Piemonte.
Sono concoidi gli antichi itinerari nel determinare a quaranta miglia la
distanza da Susa a Torino , dipartendo dal centro delle due città. L' Anto-
niniano ia due luoghi descrive questa strada, primieramente sulla via da
Milano adArles, passando per l’ Alpe Cozia , Taurini s. XVIII Fìnti. XXII
Seguitone (r). La tavola Peutingcriana con ordine inverso taglia cosi pure
in due sole distanze il total intervallo di XL miglia, Segusione XXII Finti.
XVIII Augusta Taurinorum ( segm. 1 ). Lo stesso itinerario di Antonino
lungo la strada medesima da Milano a Vienna di Delfi nat* ripete bensì la
total distanza suddetta fra Torino e Susa , ma varia in quella parziale di
ad Finis de’ due territori, levando due miglia a quel di Torino , ed accre-
scendole a quel di Susa, cioè Taurinis XVI Finti. XXIIII Segui ione (i).
L’ itinerario Gerosolimitano è cotlforme circa la distanza totale , ma la
taglia oltre a ciò in più intervalli ($). Civitas Secusiont. XII mutatio ad
Duodecimum. XII mansio ad Finti. Vili mutatio ad Octavum. Vili Civitas
Taurinis. Laonde consideranti* le parziali stazioni espressamente particola-
rizzate da quest’ultimo itinerario, non vi si può in modo niuno supporre
occorso errore ne' numeri , in vista delle due stazioni letteralmente indicate
ciascuna di otto miglia, oade V ad Finti è a XVI da Torino. Tutti i di-
visati numeri componendo insieme la somma della intera distanza notata
negli altri itinerari , evvi una preponderanza pel Gerosolimitano , e 1 * Anto-
niniano , i quali per la seconda volta descrivono la strada aazidetta da Mi-
lano a Vienna di Delfinata Convien dunque stabilire a XXIIII miglia da
(t) Pag. 541 , edizione di Wesseling. Merita appena di essere avvertita 1 ' errore
de' copisti, i quali aggiunsero le sigle X, e I al numero tra Finn , e Segui ione ,
e scrissero XXXIII coatra ciò , (he l' itinerario medesimo poco dopo torna a
notare. •
(a) Ibid. pag. 3|6.
(?) Ibid. pag. 356.
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•9Ì
Susa la mansione ad Finis , o sia il termine dell* agro Susino lunghesso
la strada romana. I punti degli altri suoi limiti pur a levante non erano
paralleli a quello di ad Finis , ma in quà meno avanzati , c più naturali .
uè diversi da quelli , che ancor servirono nel j7 6 pei termini di Valdisusa
ceduta a’ Borgognoni , come innanzi osservammo.
Alia sinistra del fiume non finisce , come al monte della Chiusa, l'altra
linea di montagne , che questa valle immediatamente dividono da Yaldiviù.
Collegato a monte Caprasio altre assai gli succedono prolungandosi in qua,
insino a che ripiegano, e sporgonsi inverso mezzodì , terminando nel monte
Mussuniano volgarmente ancor detto il Musini. Quindi ne risulta un pic-
colo seno intra questa montagna , e quelle imminenti di Collo S. Gioanni ,
e la Dora. E’ questa la più lieta c fertile porzion della valle , perchè meno
adombratata da opposti monti vicini, ma più aperta all’occhio del sole,
e al brillante meriggio , che la scalda e fomenta. Perciò Riparia era altre
volte il nome appellativo di tutto questo tratto , nel qual senso parimente
così dinominavansi altre consimili fortunate situazioni tra i nostri monti ,
e non perchè le lor falde o da fiume, o da rivo sieno bagnate e termi-
nate. Le precipue sue terre sono Curri Rubiana della carta di S. Giusto
del toi9, donde spiccasi la strada, che sale aValdiviù. La montagna detta
del Codialo divide Rubiana da Collo S. Gioanni, che s'appartiene a quella
valle. Riptria , che ritenne il nome dianzi appellativo di tutta questa costa:
Sanctus Maurus , VUlaretum , Almtsi della carta suddetta. Le ultime due
si scrivono Viilare , tt Almtxium nel soprallegato Ottomano diploma del
toot. Più in quà il villaggio di Castelletto è de’ bassi tempi: esso noa
meno che il vicino di Camerletto , dove Campus Merliti ancor nel 109 j
(4) paiono nati dalie rovine di antichi luoghi. Le XXIV miglia romane da
Susa terminano di quà di Castelletto , dove rimase ad una regione il ionie
di Li Fmi. Esisteva il quel torno una villa dello stesso nome , che nei
secolo dodicesimo dipendea da certi signorotti appellati di Celle dal nome
della terra sopradetta ( cap. X ). Pare sia l’un di cistoro l’Alberto de Cellis
vassallo del marchese di Monferrato , cui era tenuto per la ragion di de-
cima quarti habet in Finibus , some appare dall’ istromento del 1114 nella
(4) In diploma di "Arrigo IV Aatiq. /tal. T. VI col. chiamasi però anche tilt*
Camerini nella carta della contessa Adelaide del 1070 per la badia di Novale»
appresso Guicheaoo T. IV pag. j.
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9 ♦
corretta edixion di Torino dei 1780 delia cronica di Benvenuto S. Gior-
gio (*)•
Dalla diritta del fiume ripassava quindi a manca la strada romana. Forse
dapprima era tutta su quest’ ultimo lato più lieto e scaldato dal mezzodi.
Ivi mutano ad Duodecimum dell'itinerario Gerosolimitano cederebbe poco
in qua dell’ odierno villaggio di S. Didero , nome che sembra nato dal
primo , trasformatosi in bocca del popolo , c dalla superstiziosa ignoranza
ili poi santificato , come ve n’ ha tanti esempli anche tra noi. Alquanto
piu in qua il sopradetto Fanum Burgonis coincide ad indicare, che vi
passasse la detta strada , perciocché non erano rari i templi lungo le vie
romane, e se già di sopra Susa incontrammo quello di Marte, n’ abbiami
qui altro più singolare dedicato ad uno di que' dei topici , ed epicori , ov-
vero locali e municipali non conosciuti altrove , ne giammai comuni ad
altre terre (6). I torrenti che a questo lato dirompono la strada , e mas-
sime il rovinoso torrcntaccio di Mocchie paiono un ostacolo allo stabili-
mento di quella ; ma la diritta del fiume è suggetta a un di presso al me-
desimo incomodo a cagion de’ torrenti della Chiusa, e della Giaconera. La
differenza , che notammo negli antichi itinerari circa la mentovata positura
di ad Ftrus pct due miglia allontanata dapprima viepiù da Torino , e dipoi
per due miglia ravvicinata viepiù alla stessa città , rende maggiormente
probabile la succeduta mutazione del cammino , per la quale convenne va-
riare la stazione ad Fines. Quindi è da dirsi , che i compilatori de’ men-
zionati itinerari usarono in questo luogo di due maniere di carte parziali ,
o tavolette itinerarie descritte in tempi diversi , o sia prima e dipoi ia mu-
tazione suddetta.
Ma checché ne sia sfato , la strada romana da Susa a Torino un poco
di sotto Castelletto rivarcava alla sinistra della Dora. Però di sopra questo
villaggio si mantenne ancor ne’ bassi tempi alla diritta del fiume passando
per Sant’ Ambrogio appiè della Sagra di s. Michele (7). Cosi pure già ve-
L-) Ibid gag- 58 io fin.
(6) Ad alias Tigianes nunquam transeunt , come Servio notò iti Atntid. lii. 7 a. 47 '
(7) Arrigo IV nel MCXl ad inchiesta del conte Amedeo 11 (altramenti III) con-
cedette alla città di Torino " pnblkam stratta), quie ultramontani» partibui per
,, burgum Sancii Ambrosii Romani tendit .... et iustitiam transenntium pere-
,, grinorutn. " Guìchenon non seppe trascriver bene le date di questo diploma
datato dal campo appresso a Suiti addi 33 marzo MCXl indict. IV , regni V ,
imp. 1 ardiiutionu tias. Neu fu però incoronate se non a’ 13 aprile, Fra i Destri
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9: i
demmo f caj>. IX noi. 19) che nel r 1 55 l’ impcrador Federico I recandosi
da Torino a Susa , vi albergò la notte. Mi dal luogo sopradetto voltando
la strada di là del fiume, si evitava di farla torcere tanto più, come fa
da Santo Ambrogio in verso Avigliana , e di affogarla no’ burroni quindi
infino a Rivoli. Quell’antico e più diritto tratto di cammino a manca del
corso della Dora non si abbandonò , innanzi clic più terre a quel lato oc-
cupate da’ marchesi di Monferrato, fossero astretti i conti di Savoia a tra-
viar da quello. L’ erezione dello spedale di Rinversa quasi a mezzo cam-
mino tra Avigliana e Rivoli fu indirizzata a solleticar la divota curiosità ,
cd invitare i peregrini a torcere di quà , e a vincer la noia c l’ incomodo
della moderna strada infino a Rivoli , a cui 1 ’ uso c’ indurò.
Inverso la positura di ad Finti la montagna di Collo S. Gioanni spor-
geutesi per mezzo de' suoi rami fin presso al fiume , facendovi alcun poco
circolate la strada , rendeva anco più naturale il termine del territorio di
Susa a quel lato , siccome alla diritta serviano di termine il monte di S.
Michele, e la strada stessa un poco ripiegantesi nel varcar di là del fiume.
A’ tempi de’ Longobardi il tener di Susa terminando alla Chiusa e a Chia-
vrie , ebbe adunque almcn due miglia di minor distesa. Allora fu che alio
stretto delle Chiuse tra i convergenti monti Pirchirianó e Caprasio si venne
guastando l’ antica strada per le fortificazioni da’ Longobardi praticate ia
più maniere attorno a questo passo, onde ripararsi dalle irruzioni, o 4 s!la
rabbia de’ Franchi superstiziosi e rapaci , come sollecitati per lo più dalla
ambizione e dagl’ interessi de’ papi.
Dall’ ad Finti suddetto la distanza vi porta mulatto ad Octavum tra Al*
pignano e Pianezza. Discendendo dall' ad Finti inverso Alpignano , il ci-
glione della via ancora solida e diritta , che tuttavolta esiste per un buoa
tratto , pare un avanzo dell’ antica. In qua di detto luogo accostandoci a
Pianezza, le restanti Vili miglia portano infino al centro di Torino. Tra
questa città , e l 'ad Octavum eravi un’ altra positura intermedia ammessa
dall' itinerario Gerosolimitano , ma ricordata ancora in più carte de’ secoli
mezzani. Basti per tutte il sopracitato diploma del 1047, che riconferma
a' canonici torinesi del Salvadore tcclaiam cardinaltm sanai Maximi in
sottoscrìssero Rjyneriu t A» Monttftrrato , Manfrtdas de Romagnant marchienti , Al -
i/rmr dt Blandraio , Vuido dt Canavisia. Di quest’ ultimo si parlerà nella notizia
della marca d' Ivrea; e rispetto al marchese Saineri è desso il secondo de' discen-
desti di Aleramo , il qual pigliò titolo dal Monferrato.
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9 <
Quincto , cioè l’antica parrocchiale chiesa oggidì di Collegno dedicata a
». Massimo primo vescovo di Torino. L' antico luogo , a cui succedette
Collcgium (Collegno) dinominavasi adunque ad Quintum , perchè lunghesso
la strada militare a cinque miglia romane da Torino , le quali pur comin-
ciano dal centro della città:
Ne' bassi tempi continuava la strada tra la città e il fiume poiché di sopra
ad Quintum già fin ab antico ripassava alla diritta di quello. Così nella
carta del iojt pel monistero di s. Solutore, ch'età fuori di città vicino
alla porta di Susa, il marchese Odelrico Manfredo facendogli dono di un
podere vicin » al palalo , c a manca mano uscendo di città , o sia tra la
porta Palatina , altramenti detta Durianica , e quella di Susa , gli fa coe-
renti a un lato le mura della città stessa , cioè a mezzodì , all’ altro le
terre del monistero , cioè a ponente , all 1 opposto lato un podere di An-
fredo giudice , c finalmente ex quarta parte tirata Rcmea (8). Egli c chiaro,
che quindi la strada romana non potea confinare al podere donato se non
a tramontana inverso il fiume delia Dora , cui essa ne costeggiava la di-
ritta insino un po’ di sopra Collegno.
Non si può determinare qual si fosse allora il vero centro di Torino ,
ma su 1’ accennata direzione della strada cominciandosi la misura dalla mo-
derna chiesa della Consolata , donde alquanto piò là sembra vi esistesse la
porta di Susa , abbiamo quindi infino alla mentovata antica parrocchia di
Collegno poco piò di zzoo trabucchi nostri. Aggiugnendovi la distanza
dalla chiesa della Consolata al centro della città, che sembra non possa
supporsi minore di zoo trabucchi, avremo appunto le cinque miglia d’indi
u\l‘ ad Quiruum suddetto (9). Donde rimontando infino in tomo a Castelletto
summentovato distante dall’ indicato centro di Torino poco meno di tra-
bucchi 7700 , abbiamo le XVI miglia da Torino all' anzidetta stazione ad
Fines , e di lì altri 1 1 zoo trabucchi ialino al centro di Susa , i quali cì
(8) Adelaide illustr. part. a pag. 191.
(9) Da questo luogo insili a Torino tratto a tratto scosta vasi più o meno la strada
dal fiume. A mezzo cammino da Collegno una scorciatoia dctia ite’ bassi tempi
tia Celimeli , nome ancor ivi rimaso ad un rigagnolo, e al circostante podere
apiccarasi dalla strada romana, e 1' una e f altra si rammentano in carta 7 no-
vembre 119] di vendita de prora una terree qua iacet in territorio Taurini inter rum
Romerrm , et vinai Cotleascam. L' intervallo , ebe poi divideale , era mediocre ; quindi
la strada Remerà chiamata a vicenda turata Taurini passava rimpettn a Luxintscuiu
( Leccato ) a non molta distanza da questo villaggio posto di !i della Dora.
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danno t) iJJ miglia romane. I mancanti due terzi di miglio sono frazioni
ommesse nelle indicazioni parziali , che dividono , e compongono l’ intera
misura di questo cammino , e sono compensati al varco de' torrenti , che
talora il fanno rigirare.
11 corso di cotesti torrenti tra i laterali monti , donde precipitano , è
lungo più assai di quello che pare. Ognora più rovinosi e’ traono con so
maggior porzion di monte , che non faceano innanzi , perchè oggidì meno
saldi à monti medesimi per gli grandi alberi tolti loro , e gl’ interi annosi
boschi svelti , e recisi smodatamente , i quali come spranghe tencanli piò
fermi , di leggieri si lasciano dalle acque sgraffiare , sconnettere , sbricio-
lare , e staccar gli stessi massi , che giù insieme rovesciando colla piena ,
ingombrano i campi , e spengono le speranze de’ coltivatori.
Le suddivisate distanze itinerarie ridutte ad una quantità di trabucchi
nosrri ci conducono a far paragone del miglio romano antico con quello
dinominato di Piemonte. Il primo fu già da molti discusso, e determinato
su di una misura moderna più nota • più comune, cioè a 7J 6 tese pari-
gine. Nessuno il valuta meno, altri gli aggiungono fino a due tese e qual-
che piede : evvi un minutissimo difetto nel pnmo valore , e un poco più
di eccesso nell’ altro. 11 nostro piede contenendo ì S pollici , 1 1 linee , e
— di linea del piede parigino , il piede ed il trabucco di Piemonte sono
loo «*
rispetto al piede e alla tesa di Parigi come ifo a ìf } ; quindi il valoro
del miglio romano antico ridutto, come soglio fare, a 480 trabucchi no-
stri, è rappresentato anche più esattamente (io). Calcolata la distanza da
Susa a Torino su la direzione dell’ antica strada romana in miglia attuali
di Piemonte da 800 trabucchi caduno , queste sono rispetto alle miglia
degli antichi itinerari come ) a j , o come 14 a 40.
Quantunque non sia nè antica , nè uniforme in tutto il Piemonte la pre-
cisa misura del miglio stimato ad 800 trabucchi , è però certo che da piò
secoli il medesimo superò non poco la misura del miglio comune d'itali*.
Oltre a ciò nei secoli X , e XI ornai si accostava agli 800 trabucchi nostri,
a’ quali si è fissato nella nostra età piuttosto a caso, o pef aver un nu-
mero intero, cui già molto prima si approssimava d’assai, e no* per ve-
run riflesso d'imitar ciò, che per avventura neppur si conosceva. Un*
(ir) 's’el Pira, citpai. pag. i6t è scenetta la stmps trai. 4.8 S . come pure «lire
Ciri e lutila ste:sa p giri a.
•1 1
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p rova chiarissima !• ne rinvenni nel frammento della vita di s. Benedetto
abate della Chiusa scritta dal sopracitato monaco Guglielmo. Questi ci narra,
che giunto a SusaUgone d’Auvergnc per tratur col marchese Ardoino III
dell’ acquisto del sito , dove intendea fondarvi il monistero di s. Michele ,
cd avvertito ritrovarsi il marchese nel suo castello di Avigliana, Hardoini
marchionis curiam , qua trtdecim tantum milhlus in castro A vi Ulano lune
uberai , ctltriter aieunt (il).
La distanza itineraria da Susa fin rimpetto al castello di Avigliaiia è di
10700 trabucchi: quindi si sale al castello, od alla bicocca in cima a un
monte alto e ripido , che domina i dintorni in faccia al moderno cammino.
Il borgo è nel piano più là a mezzodì : d’ indi al castello la salita è age-
vole , e n' è la via propria per più di altri 400 trabucchi. Sicché
da Susa per Avigliana infino a cotesto castello il valor di caduno delle
menzionate XIII miglia era per lo meno di trabucchi nostri 790 (iz).
L' antico miglio romano area continuato ad essere in Italia non meno
per gl’ Italiani , che pei Goti , e Longobardi la comune misura itineraria ,
e non si alterò punto , se non dopo la conquista de* Franchi. Quindi prese
insensibilmente alcun poco di augumento, come pur accadde al moderno
miglio romano , ma più assai al miglio comune usato in Lombardia. Que-
sto generalmente si approssima a quel di Milano , che sembra anzi il più
lungo , essendo regolato , secondochc appare dalle carte del suo censimento
a trabucchi 6 8j jjf di misura milanese, corrispondenti a trabucchi di Pie-
monte J79 ijj. Ma non sarebbe desso il più lungo, se il miglio comune
d'Italia si volesse pareggiare al geografico, o sia a tese di Francia jjo ijj
secondo la stima del sign. Cagnoli rinomato astronomo di Verona. Con
tutto ciò mentre la maggior lunghezza del miglio non eccedeva in tutto
il resto d’Italia la misura di quel di Milano, o piuttosto n’ era inferiore.
(il) Appresso Mibillon Amai. Benedice. T. IH ùi aepend. <v«. fi, L’ istesso antico
scrittore teftupne , che monte Pirthitiano ì distarne dodici miglia dalle alpi. Questa
distanza può verificarsi in più maniere sa la medesima base del miplio , ma con
mioor precisione , perchè non indicò i penti delle alpi , e di monte Pirchirisno
da lui presi per termini dell' accennata distanza. Però sembra , che 1 ' uno debba
pigliarli da Susa, ove incominciavano le Alpi Cozie, e I' altro appreaso il luogo
di Santo Ambrogio.
(la) E' stato riconosciuto , che le misure delle lapidi miUiarie locate da un pezzo
su questo riatto di strada non sono esattamente itinerarie, come le lapidi sembrano
promettere , nè tanto meno orizontali.
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99
quello di Piemonte 1 * eccederà di tanto nella provincia di Susa, donde si
estese mano a mano alle prossime sue province , di modo che. il miglio
piemontese divenne non già sempre fisso , e regolare , ma sempre netabil-
mente il più lungo di tutta Italia.
Ricercandone 1 ’ origine , mi parve chiaro eh’ essa risale infino alla do-
minazione de' Franchi in Valdisusa dopo 1 ' anno 576 , i quali v’ introdus-
sero la misura itineraria della lega gallica, ch'era in uso tra di loro. I Se-
gusini noa n’ adottarono il nome , ma ritennero quello di miglio per dino-
tare la novella misura , che perù di tanto lo eccedeva. Accadde io stesso
in Inghilterra, dove l’uso avea pur conservato per la volgare stima delle
distanze sotto il nome di miglio una misura corrispondente alla lega sud-
detta (ij). Era dessi composta in origine di 1500 passi, come infra altri
attesta Giomande nel capo ji della storia de’ Goti , o sia di un miglio e
mezzo romano, come il danno a divedere Ammiano Marcellino (Iti. 16 ) *
e gli antichi itinerari, e perciò di 1144 tese parigine , o di trabucchi no-
stri 710 in circa.
I Franchi e i Borgognoni avendo ancor essi adottato questa misura iti-
neraria , od antica lega de’ Galli , come i Goti e i Longobardi il miglio
lotnano , tuttavolta le conservarono in alcune province francesi il nome di
miglio , che innanzi vi era in uso , del che ve n’ ha in quelle degli esem-
pli ancora nel nono secolo (14). Altresì a questo modo introdussero la lega
gallica nella provincia Narbonese , dove prima riteneasi l’ uso del miglio
ramano , come in Italia. Ma in vece che 1 ‘ una e l’ altra di queste misure
aveano dianzi una grandezza determinata, e stabile, si venne poscia alte-
rando la lega suddetta nella volgar maniera (fi contar le disranze , e diedesi
a quella poco a poco un valor arbitrario , che la rendette inuguale quasi
in ogni provincia. Si ringrandì dove più, dove meno, insino a che di due
leghe galliche si venne a formare la moderna lega di Francia, e mano a
(13) Cambden Britaania cap. I.
(■4) D'Anville traiti in mauri! iihurairn , psg. 134, 1)5, 1)6. Egli osservi pag,
i)i la molta convenienza e proporzione tra la gallica antica lega, e l'atrual mi-
glio di Piemonte , però non credette , che questo derivasse da quella , ma bensì
dall’ essersi il miglio piemontese composto di piedi liprandi adoperati nella Lom-
bardia , talchi notabilmente si allungò. In questo caso l’ allungamento sarebbe
atato di un terzo in circa pio dell'usato miglio romano. Ma perchè mai ne'secoli
X e XI lo eccedeva molto di piò nella sola provincia di Susa, e non ancora
in altre terre del Piemonte , e tanto meno della Lombardia , dove per altro il
piede lipraudo era in nto , e non prima in Svu'
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IOO
mano ad allungarla anche più. Ma coretto eccessivo augumento è poste-
riore al nono secolo , nè mai passò di qui delle alpi. Laonde la vera base
del nostro miglio fu propriamente la lega gallica antica , cui di poi 1' uso
volgare , e non già alcuna regola allungò alquanto più , siccome di una
maniera assai chiara l’appalesa l’esempio delle XIII miglia da Susa al ca-
stello di Avigliana.
Alla riunione della provincia di Susa a quella di Torino, le quali sotto
Carlo Magno incominciarono a formare una sola contea , ed al costume
de’ conti poi marchesi di Torino tutti o di nazione , o di origine Franchi
in ogni tempo tenaci de’ propri, e spregiatori degli usi altrui, vuoisi attri-
buire la propagazione deil’anzidetta misura itineraria sotto il nome stesso
di miglio in tutta la contea. Ciò non ostante colai misura fu più o meno
accresciuta ed ineguale, come pur altrove era accaduto, nc potea non ac-
cadere, tostochè erano mancate le lapidi mìlliarie, che appresso i Romani,
e gli antichi Galli , i quali n’ aveano l’ uso adottato , fitte lungo le prin-
cipali strade ne dimostravano Je distanze. Non ebbe altra origine il nome
stesso di lega (if).
Nè già perchè risulti, che ne’ secoli X e XI adoperavasi dalle alfa in-
lino ad Avigliana una misura di miglio , che avvìcinayasi agl' interi Soo
trabucchi, si vuol inferire, che la medesima fosse ricevuta con ugual pre-
cisione in tutta la contea, ma bensì che fu anteriore d’assai ali’ epoca in-
dicata dal citato monaco Guglielmo il si grande augumento dato all’antico
miglio romano singolarmente in questa parte della contea di Torino, donde
poi trapassò nel resto di quella , e finalmente nel Piemonte proprio.
(t^) " L(t:h lipidfm Brirtnnice significai : dixerint eruditi Galli , ii Laica non inde
„ noruen inreaerit. " Cambden /».*. cir.
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EOI
' CAPO XII.
Prime notizie intorno alla dinominafione di Piemonte. Ter-
ritorio di Torino di qua delle Chiuse de’ Longobardi , e
per la via de’ colli insino al fiume Chisone , quindi nel
piano insin di qua del Sangone.
Al tener di Avigliana incominciava alla diritta del corso della Dora Ri-
paria il territorio Torinese. Avillianum , come vidimo innanzi, e talora
Avullianum dinominavasi questa terra nel decimo secolo. Nell' eminente
suo castello in sul monte sopraccennato* usavano dimorarvi sovente gli an-
tichi marchesi di Torino o per cautela , o per diffidenza , ovvero per una
cotal selvatichezza , e per 1 ’ e Serrato genio di quella età.
Un ampio territorio s’ appartenne già a quel grosso luogo 'situato più
là a mezzodì. La villata di Vriola ancor ne dipende, e innanzi anche But-
tigliera. Altra sua villa fu Sanctus Colombanus , dipoi Campus s. Colomba/ti
così detto in carta del conte Umberto III del nS8 (i). Si rammemorano
Lacus de Aviliania , et vivarium vocatum Vuangery nel diploma di Cor-
rado Salico del 1057 per S. Giusto di Susa (1) , cioè i due laghetti a mez-
zodì della terra , vicino a’ quali passa la strada , che va a Giaveno in VaL
disangonc , dove pure tra questo luogo , e Trana finiva 1 ’ antico territorib
di Susa.
Altra divisione succedette in tempi più bassi , per cui Avigliana fu se-
parata dal territorio di Torino , e unita a quello di Susa. Cotesta division
novella è del ii)$ per le terre ai A villana infcrius date in appannaggio
(t) E’ fitta a prò del vicino spedale di Saato Antonio di Rinverrà (fl/*ur Intrnus)
nè già contiene la primitiva sua fondazione, ma una parte della »ua dote. Forse,
allora nè lo spedale, nè la chiesa erano compiuti ; l'ultima ci si ricorda poi nella
carta Ulciese CCXXII all'anno tijo icclesia sancii Antonini optiti Fi vom Inrtrsum-
La fondazione dello spedale coincide a un di presso coll' abbandono dell antica
strada , ed invitò sempre piò a deviar da quella. Ma inaino del isp7 i frati sp«-
dagtieri trasformaronsi in canonici regolari di Santo Antonio; furono riformati nel
><♦ 4 . e finalmente soppressi nel 1776.
(a) Anùq. itaL T 1 col. 54!.
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IO*
dal conte Amedeo IV al suo minor fratello Tommaso II ceppo della linea
de' principi di Acaia. Nel 1 14; riconfermandone l' appanaggio , disse di vo-
lervi comprendere tutto ciò , che di qua de' monti per suo diritto della
contea di Savoia , e del marchesato <t Italia ei vi possedeva di qua di A-
vigliana in partibus Ptdcmontis. Questa carta, che insìno a ora è la pri-
ma, in cui il nome di Piemonte incominci tra noi a comparire (j), cir-
coscrivendolo nelle sole terre concedute allora in appanaggio , sembra darci
a divedere, che il Piemonte novellamente cosi detto si ristrignesse al ter-
ritorio di Torino di qua di Avigliana , e quasi per tutto il tratto che ci
rimane a descrivere in questo, e ne' seguenti capitoli.
In una carta io luglio ir; a 1 * appanaggiato conte Tommaso rinvesti
Federico di Gioaani di Romagnano delle castella e ville gii tenute da que-
sto in Pedemonte in podio , vel in plano de feudo comitatus Sabaudi tt ; e
la casata de' Romagnani già da un secolo innanzi ne possedea sparse per
tutto il divisato tratto. In altra carta 5 agosto 1171 del vescovo Gaufredo
e de’ canonici di Torino per lo stesso spedai di Rioversa rammentasi Maf-
feo de Pedemonte index curia civitatis Taurini , indicazione troppo vaga ,
seppur non vuol dirlo natio del distretto della città stessa. Ancora ne' se-
coli XI, e XII era ignoto, ovvero inusitato il nome di Piemonte in tutta
questa contea , la qual disegnavasi col nome di Lombardia infìno alle alpi (4).
Anzi nel cominciar del secolo decimoterzo il conte Tommaso I di Mo-
riana in carta z8 gennaio ìzoz colloca tuttavolta la casa di Santo Antonio
di Rinversa in Lombardia , siccome in altra per la canonica di Rivalta
data intorno all'anno ino Amedeo III intitolavasi Lombardia Comes (j).
Ma se innanzi al 114; finota non comparve altra scrittura, che ricordi
il Piemonte, per indicar il tener di Torino di qua di Avigliana, non è
che questo nome fosse nuovo affatto, oppur nato in quell'anno, perocché
(j) L‘ «nonime scrittore itegli annali milanesi all’anno iato rsmmentò comitana
de Peitm.nte assalito allora da O berlo di Ozino (/far. Italie. T. XVI col. 641);
ma f annalista borirà oltre la meli del secolo decimoquioto , ed ignorare ceno ,
•e questo nome fosse in uso all’ epoca, di coi livella.
(4) Con la carta Ulciete XCVfl del 109! accennando I’ arrivo del conte Umberto
li in Susa dalla Sa rida , dice tjuandodomieui Vbtrtut ingrestus est Longebardiam,
Vi ha par delle carte posteriori , le quali estendono ancora il nome di Lombardia
infino a Valdisezana.
(?) Appresso Guicbcnon protra T. IV psg. jq.
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IO*
già adoperava*! , per dinotare un molto pii esteso tratto di paese aache
maggiormente discosto dalie alpi. L’imperador Federico II intome al 114;
scrivea d’ «sser venuto per rilevanti negozi dell' impero in partibus Pede-
montis , ubi terram marchionis Monrisf errati proditori s nostri continua
depopulationi subiicimus , e contava di ritornarvi presto a compiervi il
guasto (6). Non è credibile , che Federico ivi parli delle poche terre già
molto prima occupate da' marchesi di Monferrato nel territorio di Torino
tra i fiumi di Dora , e di Stura , oppur di sopra la città ne' colli. E’ non
potea vantarsi per si piccola cosa di aver guasto lo stato di quel mar-
chese , con fiducia di tornare a rinnovarvi cotesto mal giuoco. Il nerbo
delle costui terre era alla diritta del Po infino a Valenza e Basignana , e
più luoghi tenea del Tortonese , dell’ Alessandrino , dell' Astigiano , del
marchesato di Gavi , e della provincia di Acqui , oltre assai tetre di qua
del Po da Trino a Valdilanzo. Se l’imperadore per avventura non ci venne
in persona , léce quella devastazion eseguire dal re Enzo suo figliuolo spe-
ditovi appunto nel >245 in soccorso della città di Savona. Fu certamente
in quella occasione , che le terre del marchese furono guaste , ed eran
quelle , eh' egli ténea nelle province suddette indicate nondimeno nelle parti
di Piemonte , perchè quasi alle falde degli Apennini.
Le quali cose considerando , mi pare chiaro , che il nome di Piemonte
fosse piuttosto appellativo , che proprio , e in questo senso venne dappri-
ma esteso a molta parte della Lombardia accostantesi agli Apennini e alle
alpi. Un contemporaneo scrittor genovese rapporta all’anno medesimo 1x4$,
che quel comune per viepiù strignere Savona , misti in Pedemonte , et fecit
( 6 ) Leder* LXXIil del libro ? fra quelle di Pietro dalle Vigne. Fssa fu ccritta
circa il 1*43» o al più tardi nell’anno seguente, perciocché solamente nel 124»
il marchese di Monferrato abbandono il partito di Federico II , e eollegossi col
papa, co* Genovesi, e Milanesi nemici dello imperadure (CalLro aiuta/. Guatili,
lib. 6 , Rtr. Italie. T. VI eoi. fot ). Si rappacificò e si riunì a Federico nel 1*45
{tiid, eoi. foli) E’ bensì vero, che nel 114; è stato Federigo nipote dell' im-
peradore quegli che sconfisse l' esercito delta lega condotto dal marchese di Mon-
ferrato ad assediar Torino , la qual citti tenea per 1 " imperadere , del che questi
pur ne scrisse in una lettera citata da Tristano Calco , ma punto non implica ,
che l' impetador medesimo nello stesso anno abbia messo a sacco gli «tati del
marchese', anzi appar viemeglio, che cotesti non erano nelle vicinanze di Torino
tutte allora travagliate dalle armi de! marchese medesimo.
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104
saldar t milita CC (7). Cotesto Piemonte non er* certo li conte* di To-
rino , ma quello stesso paese , eh' eia pur cosi dinominato da Federigo II,
e oltre a molte terre di qui del giogo degli Apennini comprende* gli stati
del marchese di Monferrato. Il che tanto più è vero , perciocché ancora
nel secolo dccimoquinto si continuò a dinominar Piemonte un buon tratto.,
di quelle regioni allora del tutto fuori de’ dotninj de’ principi di Savoia , e
del paese , cui in senso più ristretto già si appropriava il nome di Pie-
monte. Del che non sono pochi gli esempli , ma basti recarne alcuno.
Intorno alla metà del secolo decimoquarto il famoso cronista Gioanni
Villani oltre ad attribuir al Piemonte la città di Tortona , narra all’anno
116}, che Manfredi re di Sicilia e di Puglia fece suo vicario in Lombar-
dia il marchese Palavisino di Piemonte suo parente , per opporlo a Carlo
di Angiò (8). La cronaca del Malvezzi afferma lo stesso (9). Cotesto mar-
chese era Oberto Pallavicino capitano o tiranno di parecchie città di Lom-
bardia , e piacentino di nazione , c anche per le terre di sua famiglia. Ap-
pare data quindi al Piemonte una troppo vaga estensione. Però l’ istessa
cronica del Malvezzi aggiugne circa il 1190 (/oc. cit. col. 958) che il
marchese di Monferrato ” adunatis gentibus Pedcmontium , Vercellarum ,
„ Novarix , Bertoni, Alexandria;, et Papi*, super tenas Astensium irruit."
Qui per Piemonte vien la città e distretto di Torino, di cui egli a que’dì
era capitano , e sippur le terre poi dette di Monferrato.
Nella cronica dì Pietro Minerbetti scrittor toscano del secolo XV nar-
rasi , che nell’ottobre del 140; " i cittadini quasi tutti della città di Ales-
„ sandria della Paglia di Piamente si rubellaro al duca di Milano ” («o).
Un’ altra nozione n' abbiamo assai più antica ancoraché tratta dalle vite
de' duchi di Venezia compilate bensì da Marino Sanuto sul fine dello stesso
secolo XV , ma c.avate da vecchie cronache di quella repubblica. Ivi il
Piemonte si amplificò molto più, poiché accennando i signori Franceschi ,
e Piemontesi , i quali accompagnarono Gotifredo di Buglione all’ impresa di
Terra Santa (ir), vi si comprende sotto il nome di signori Piemontesi
(7) L' uno de’ continuatori degli annali genoveti di C darò , cioè Bjrtiloflimee di
Bonifacio cancelliere della repubblica , al quale a' appartiene il libro VI di quegli
annali dall'anno 11^4 al 1:6). Re’. Italie. T. VI col. fO) in princ.
(I) Rer. Italie. T. XIII cot. sai in fio.
( 9 ) Ibtd. T. XIV eoi. 941.
(10) Nella Fiorentina eiunta alla raccolta Rer. Italie, tetipt. T. a cap. il col. 48 J.
(t 1) Rer. Italie. T. XXII c*l. 4S1.
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gran pitto della Lombardia cispadana , che n' area fornito un maggior numero.
Tra Avigliana e Rivoli , e più là a mezzodì inverso il torrente di San-
gone il terreno è un piano elevato, ora interrotto da poggi e collinette,
or vallicoso, e più o meno acclive. Su l’estrema sua falda giace a un lato
Rivoli a pendio , e all’ altro Rivalla. Declinando più verso il Sangone , vi
ha Rtgianum detto a vicenda Reanum. Quest’ultimo nome pare il primi*
tiro , e tuttavia chiamasi Reano. Parecchi antichi monumenti vi si scava-
rono, de’ quali se ne serbano alcuni nel suo castello, ed è notabile il ve-
dervi scolpiti e boschi , ed antri , e i fondatori di Roma allattati dalla,
lupa , donde pare tragga origine il nome della terra , e diremmo con Si-
donio Apollinare {carni. V)" videas hic fusa metalli! antra RheJt, foe-
,, tamque lupam. " In una di quelle lapide si rammemora un collegio o
aia società di marmoristi ( sodalicium marmorariorum ) e se n’ hanno lo
cave ne* vicini monti , ed anco oggidì occupano più lapidari.
Reano insieme alla più parte de’ villaggi de’ suoi dintorni vicini al San-
gone sono già ricordati nella carta di fondazione della badia di Sangano
fotta da Gezone vescovo di Torino verso il fine del decimo secolo , cioè
,, Corte qux dicitur Sanganum , vallis Novelasca , Palatiolum , Susinascum .
„ et Regianum prope vel iuxta eandem Curtcrn iaceates. ’’ Il vescovo Lan-
dolfo successor di Gezone nella sua carta di conferma dell’ anno MX 1 ri-
pete lo stesso, aggiugnendovi le chiese di altri convicini villaggi dipen-
denti allora dalla Pieve di Sangano , la qual terra vi si fo come centro e
•apo di quelli, cioè ’’ de Trana, de Bruino, de Plociasca , de Kbcano,
,, de Prelis , da valle de Novelasca .... et omnem decimam totius curtis
,, de Trana, et de Bromo , et de valle de Novelasca, et de Prelis, et de
„ Bassa, et de Cursano.
Alcuni di cotesti villaggi sono distrutti , e vi s’ alterò il nome di alcun
altro, come de Prelis oggi Le Prese, Bassa Villar di Basse non diverso
da Bacianum o Bassianum del sopracitato Ottomano diploma del tool.
La terra di Sangano giace appunto quasi nel centro alla diritta del torrente,
da cui sembra aver tolto il nome, ancoraché l’uno già si dinomini Sango e
Sangone, e l’altra Sanganum nel decimo secolo, come appare dalle carte
soprallegate, e da quella del marchese Adalberto del 919. Non s’appar-
tiene all' inferior vailetta del Sangone la vicina Plociasca suddetta , o sia
CastrumPlautiascka della carta di Sigifrido del 1037 a’monacì di $. Giusto (11),
(•sj AdeUiJ» i, lauti!» piti, * p. 24 j.
*4
toi
ma bensì al successivo gruppo di colli e di montagne, che dalla prima
dividono quella del Lemina , e poi Vatdichisone. ComkavUna in carta
Jeir ottavo e nono «colo si dinomina non meno Cumiana, che la valletta*
in cui giace questo luogo diviso in più borgate; in tempi più bassi Como-
yurta , come nella carta Ulciese LIV. La cronica di Rivalta vi ritenne
l'antico nome (15), scrivendo, che nel 1139 il conte di Savoia acquisti
Comtaviana da' signori di Trana. Feruciades , e quando FtrruciascUm co-
me nel diploma del 1037 per s. Giusto di Susa (14), e nelle carte Utciefi
LUI , e LIV , ma in quella del conte Umberto II del 1098 per la badia
di Pinerolo l' istesso Frossasco appellasi Ferrcvidas. 11 suo nome in altra
maniera pur si travisava, come nel diploma di Federico I del 146} pai
Rotnagnani , castrum Montcalvtt cum villa Ferruchas. Esistono di sopra
Frossasco le vestigio dell'antico castello di Montccalveto : il villaggio che
vi rimane , chiamasi Monistero.
: Ora più a sudest ridiscendiamo nel piano vicino al torrente di Lemina
dove Buriades , e più la verso il Clùsone dove Magtllum , donde dipar-
timmo , allorché ricercando il principal luogo de’ MagtUi , ed il tener loto,
.entrammo per un momento nella pianura di qua del fiume di Chisone
( cap. 3 ). In verso il confluenrc del Pelice Ficus Odonis così detto costan-
temente ancor nel nono secolo, e nel seguente , e sippur nell'antica copia
del più volte citato Ottomano diploma del 1001 , e non Ficus Godoni ,
come nella stampa. Questo nome si alterò poi in bocca del popolo , e si
scrisse a vicenda Figus per Ficus , e Figusgodonis , e finalmente Figo-
done , donde nacque il nome odierno di Vigono { 1 j). Più là Ctrcinascum,
e Firla del diploma stesso del 1001. Alquanto di sotto del confluente del
Chisone in Po Pancheratt , altramente Pancherada , come nella carta del
1040 per la badia di S. Silano di Romagnano (16), Pancaglieri.
(n) Ber. Italie. T. XVII col. i)ai.
(14) Antiq. Ital T. I col. 348. •
(13) Net diploma di Corrado il Salico del tasti ne’ documenti qui in fine num. a,
ed in quello sopracitato del 1037.
( 1 $) Pim. citpad. pag, i6f. Il volger nome di Pancaglieri comincia a comparire
verso la metà del secolo dodicesimo. Nella carta de’ marchesi Romagnani del 1137
t prò della chiesa di s. Iacopo Ctrtis Ftnhr ( Corveglia ) si accenna via di Pan-
ativi» utqut olirà fiuvium Pad».,., in loca ubi diciiur Ronfia; in altra del 1133
per la stessa chiesa si nomina pur Lombnascvm altresì vicino al PO a levante di
Pancaglieri, ma uà di quello, nè di Corona Rainuii, Quinti , Jirasca, ni *
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ioy
Di quà dal Lemma SctUtiga , più lì Gorreta. villucciola scaduta , e ram-
mentata pur nella carta del vescovo Landolfo del ioj?. Ma SceUnga , Sca-
lcagli* , è detta altresì Caltngts nolia carta Ulciese XXVIII. Infra il suo
territorio, e quel di Cetcenasco suddetto un luogo vi esisteva anche più
notevole , se argomentasi dal numero delie sue chiese ricordate nella men-
zionata -carta dì Landolfo , cioè Suavis cosi detto dai Svevi ( Sua vi ) suoi
fondatori , o almeno antichi abitatori , i quali con altre barbare nazioni
accompagnarono i Longobardi in Italia (17). Scrivesi Suave nella soprac-
cennata carta di concambio del 1054 tra l’abazia di Nonantola, e il conte
di Pombia (18). La terra era gii scaduta quasi del tutto insino dal fine
del tredicesimo secolo- Più a nord-est Castignola dell* anzidetta carta di Lan-
dolfo del 10)7 , e al notte di Castagnole Castrum Nono di quella di Man-
fredo e Berta del toi 1 (19). None fu così detto non già dalla ideata per
alcuni cololina mitliaria ad nonum lapidcm , ma dal vicino torrente None,
eh' ivi piglia maggior incremento dallo sboccarvi che fanno il Riotorto ,
• la Cisoia dirivanti da’ monti di Piozasco , e di Cumiana. Quantunque po-
tesse qual luogo già rincontrarsi su la via da Torino a Pinerolo , donde
per Ocelum, e l’AlpeCozia traghettava?! nelle Gallie, però la sua distanza
dovendosi misurar da Torino, è tanto eccessiva, che smentisce affatto l’in-
dicazione volutasi ricavar dal suo nome. Dal palizzato di Portanova a None
passando per Candiolo, vi ha circa 6000 trabucchi. Aggiugnendovi la di-
qualcun alito villaggio di qur' dintorni vidimo finora alcuna carta anteriore al *e-
tol dodici , benché paiano terre assai antiche. Giova qui avvertire , che nelle ci-
tale carta del USI , e >>S7 Manfredo ed Olivieri Romagntni s’ intitolano bensì
marchesi , perchè figliuoli di altro Manfredo pur marchese , e vi rammentano an-
che Guido e Ardissonc lor consanguinei , ma nessun di loro prende il titolo di
marchese di Romagnsno come di feudo nemmen nel diploma suddetto del n6j t
in cui Federigo I tutti li piglia sotto la garanzia dell' impero in un co' Uro hai
ii feudo 0 di allodio, fra quali apparisce la prima volta Castrum Romanian, Camum
Gritotca , liUam Ara ere,; che probabilmente erano allodi. Romagnano nel No-
varese pare non abbia potuto Confóndersi gel nome di questa famiglia , le aon
dopoché il duca di Milano glie I' infeudò nel 1441. _ 2 . _ '
(17) Paolo Di-cono lih 3 cup. 36 in fin, afferma che Alboino menò seco piti genti
in Italia, " onde usque fiodie eorem , in quibus habitat» vicos, Gepidos, Bul-
„ garet, Ssrmatas, Pannoniot, Sua ics , Noricos , sire alila huiusetmodi nomici-
,, bus appellamus. "
(18) Antiq. Ital. T. II coL 870, T, V col. 4jl.
(19) Piem. cispad. ptg. sol, io a. * -
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Voi -
stanza da quel piazzato al centro di Torino antico , donde ha da co min*
ciare il primo miglio romano , ae avremmo presso a quattordici infino a
None. Reggerebbe la stessa difficoltà, supponendo contra ogni verismi-
glìanza , che l’ indicazione ai Nonum procedesse da Pinerolo a questo luogo,
perocché vi hanno trabucchi J400 dall'uno all'altro, od undici miglia ro»
mane abbondanti , per la più corta passando per Riva , ed Airasca.
A non molta distanza ai levante di None Puklict del diploma del 99}
a prò di Amizone vescovo di Torino (10), ma anticamente Publtcite ,
Piobesi , cui diede nome la famiglia Publicia , siccome già coniemiraron»
gli editori Aa Marmi Torinesi (ai). Questa lor coniettura diveniva una
prova , se avessero avvertito , che appunto l' iscrizione , eh’ ivi stamparono
di Caio Publicio Aziano , e di Caio Publicio Evodo erasi con più altre
disotterrata a Piobesi, come s’impara da una nota del 1C98 , che trova*
vasi in lor potere. Ma e‘ usarono ommettere quasi sempre d’ indicarci |
luoghi, dond’etansi tratte le lapide di quella lor raccolta. Indi anche più
a levante Vicusnovus delia menzionata carta di s. Silano del 1040, dove
pure in Figonovo a vicenda si scrive.
Ricondurti in verso il Po tra Lombriasco , e l’ influente del None il !
precipuo luogo è Cargnanum , altramente Carnianum , come scrivesi mi
sopracitati diplomi del 99 f , 101S , ioji , e in dette carte di concambi
del 10J4. In quella poi di fondazione dell'abazia di Pinerolo del 1064
forse per leziosaggine del notaio si scrive Cangrianum , e in villa Can-
griant , e vi s 1 accenna il suo porto in sul Po , ed una tal cosi detta Pi-
se aria de Barba Jingia. Nel dodicesimo secolo tornò questo nome a rad-
dolcirsi in Carinianum. Eravi nel tener di Carignano il piccolo villaggi*
di Cerrttum con castello, minati dipoi l’uno e l’altro nel secolo XIV.
S’incominciò di nuovo a rialzar il castell*, ma in sul finir di quel secolo,
• nell’entrar del seguente si rammenta soltanto Mota , sta principium et fon-
iamentum castri de Cerreto (il). Più in qua Ravignascum della carta di
s. Silano del 1 040 , cui succedette la Loggia , nella qual borgata conser-
vasi tuttavolta il nome dell’antica Ravignasco. Sablones altra antichissime
terra scaduta da gran tempo , la qual parimente giacea nella odierna te-
*uta della Loggia , e rimase il nome al moderno casale ancor dette
(»c) Ibid. pi|. J07.
(ai) Part. a pai 7 <.
(aa) Dalli Provaoa panò sili Deposita tatara* al 140*.
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de’ Sabbioni, die pare certo dedotto da Sobnlttm. Desio t ricordato mI
fine dell* ottavo secolo nella carta del mentovato vescovo Reguimiro , as-
segnando a’ canonici di Torino anco i beni, che la chiesuola di s. Remigio
di Polonghera possedeva in Sablone cum medicate decima tiusdtm villa.
Più luoghi antichi dinominati Sablones in vane province d'Italia, delle
Gali», e altrove esistettero dopo le conquiste de' Romani (14). Più in quA
Kicus Calpix , e Corte Colpite vi Ila t a alttesi distrutta , e ricordata più fiate
ne* tempi mezzani (14). £' rimasto il nome di Carpice alla cosi detta sua
regione , anche più nota sotto quello de* mulini di Carpice.
Fra i torrenti di None e di Sangonc Suppunincum , e a vicenda Sapo-
ni cum. L’ abazia di Novalesa in sul fine dell' ottavo secolo si appropriò
•na parte di questo villaggio. Per giustificarne 1 " occupazione se lo fece di
poi riconfermar intero da papa Benedetto Vili , cioè con tutto il territorio
in Stupunico (15), e mano a mano da Corrado il Salico nel teid, dove
si torna a scrivere Suppunicum , Stupinigi (16), A ponente Orbacionum ,
più là y oh cria ambe queste terre cosi nominate nelle donazioni del 1019,
e 1 oj7 per s. Giusto di Susa (17), e ritengono il lor nome.
Rimontando più là, tocchiam di nuovo a fintino suddetto, e all' inferior
vaile di Sangonc. Varcate il torrente » siam a rincontro di Rivalta , e sul
margine deli* ineguale elevato piano sopra de scritto. Ripelta già volgarmente
detta Rivolta msin del ioitf (docum. VI qui in fine) ha nome dal sito,
some Rivoli più al notte. Ripoltensis Canonica fu fondata intorno alla
metà dell" undecimo secolo, poi sottomessa alla chiesa di Quiz in circa il
(a;) L‘ itinerario di Antonine par. ne rammenta uno sulla via di Colemia Tra-,
iena presso Clé ves a lulìscum , Iutiere*. La distanzi di 1 6 leghe galliche dalia prime
positura infiso a Sabhna fa trovar questo luogo ad lat’Sand ira G usiti re e Ve ilo,
£’ notabile, eh* il moderno tedesco nome di quella terra è una version dtil’ an-
tico, e viene t dir Sabbione, eoo gii sempre magro , ma per lo più rena grassa
mescolata con pietrelle piccoline, come si è un (ratto quella del nts'ro Snkhntt.'
(14) Vefgant! le carte della contessa Adelaide pel monastero di a. Solutore. Amiq,
hai. T ) coi. fto, t appresto Guicheoon Hitt. da Sanie , pecora T. IV. paj. si.
(ss) In bolla dal 1014 nell' Italia Sacra T. IV col. 1419.
(*6) Nel diplomi di AtTÌgo III del 1048 gli editori scorrettamente trascrissero La-
panica f AnrUf. bai. T. V col. loft. E' pariménte' una scorrezione netta Crfs'ea di
Novale» lib. J cop. }j Sapiarìcm in vece di Sucmicus. Ma in diploma del 109)
[ Anfùf, Ite/. T. VI col. ftS ) di gii «cri resi Sapunigo, desinenza dì poi conser-
vata nel volgar nome di Stupinigi.
(17) Ibtd. T. I col 34* , 34! : e Adelaid. illustr. pari a pag. 169 , e *41.
iioSj Come raccoglisi dalla carta Ulciese CCLX 1 I. Impariam dalla cro-
nica di Rivalta pubblicata nel tomo XVII degli scrittori delle cose d’Italia,
«he la terra fu messa a sacco, e pressoché distrutta nel tip; dal re Ar-
rigo VI, e rifabbricata nell’ anno seguente , ma senza piò ricignerla di mura.
^ Quindi ridiscendendo infino al Po , abbiam tra via Durio , altre volte
la Pieve di s. Maria in Durione pur assegnata dal vescovo Reguimiro in
dote a’ suoi canonici del Salvadore. Conservasi il nome di Doirone al sito
«d agli avanzi di quell' antico villaggio. Casirum et villa Gun\enarum , di
cui nel 919 Adalberto marchese di Torino ne fece dono alla chiesa di
santo Andrea in nn colia corte sancii Dalmatìi super Sangont. Rispetto a
Gun{ena c desso il luogo medesimo del castello detto Goncives , nel quale
ai datò la carta di Odilone monaco di Bremc , dalla cui abazia dipendeva
il priorato di santo Andrea di Torino , ora la Consolata (z8). Gangave si
dinomina poi da Arrigo IV nel 1095 (19), Gangole nelle pergamene po-
steriori , e tuttavia chiamasi Console ridutto da più secoli ad un casolare.
Il villaggio suddetto di S. Oalmazzo in riva al Sangone da gran tempo
anch’ esso rovinò , però non è licordato innanzi il decimo secolo. Sembra-
mi che insino d’ allora il nome del santo abbia soperchiato e spento quello
antico del luogo , che era Standalti cum. Infatti a’ tempi di Reguimiro al
più tardi tra il 790 e 1 ’ 800 la Pieve di S. Dal mazzo vien collocata nella
villa di Scandaltico , e perciò nel diploma di conferma del 1047 segui tossi
a nominare cortem 'in Scandaltico cum plebe in. honort sancii Dalmatìi ,
Ancoraché già piò di un secolo innanzi il nome della Pieve avesse fatto
«mai dileguare quello del luogo.
Già più volte si rammemorò il vescovo Reguimiro ; giova adunque de-
terminarne l’età, poiché Pingon il fa vivere insino al 1070 per la ragione
Messa , che il dimostra morto un gran pezzo innanzi , cioè a dire perchè
rimperador Arrigo II riconfermò nel 1047 le donazioni fatte dalla felice
memoria di Reguimiro (30). Agostìn della Giiesa non seppe troppo allon-
tanarsi da Pingon. Ughelli si accostò ad ambodue. Muratori il credette
bensì più antico , ma non ebbe agio , nè modo di guardar più là. E* sono
p,ris d’ accordo , che questo vescovo fa il primo istitutore de’ canonici
— ... •• • i-i «••••. - ' * f ■
• (»8) AJ«1»M. iUottr. parr. * p. ili.
(19) Aniiq. Ita 1 . T. VI col. 3 al.
(30) IMA T. V toh tpj-
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^ella cattedra! di Tonno f j i > , ed è certo che monumenti anteriori alfe
metà del secol nono attestano già l' esistenza di que’ canonici. L’ autore
del Pcdemontium sacrum ( pag. ij e 112) ne allega dell' 8 ed 8<Sj*.
e fissa l’episcopato di Reguimiro intorno all'anno 75» a: panni tra quest?
anno e 1 ' Soo incirca.
Ma col detto diploma del 1047, nel qual si trascrisse la carta medesime
dì Reguimiro , l' imperadore fa nulla più che riconfermar quella di fonda-
zione fetta " a beate memorix Reguimiro eiusdem sedis episcopo institu-
„ tore eiusdem canonie* domini Salvatoris. “ Questa testimonianza basta
per tutte. La dote della canonica, come ivi appare, era di chiese per lo
più parrocchiali colle dipendenti lor decime ecclesiastiche sia nella città ,
che iu parecchie terre non troppo distanti. Adunque sono desse veramente
la prima dote ; sicché furono assegnate dal fondatore. Egli è perciò il sol*
nominatamente specificato. La conferma generica di ogni altra donazione
de’ re , impcradori , e vescovi ivi soggiunta è una pura foemoJa di stile , la
qual bastò nondimeno ad imbarazzar l’ autore del Piemonte sacro , il quale
disse di non saper discernere le cose date da Reguimiro (pag. 111),
mentre il diploma non parla che di Reguimiro solo , a cui si attribuisce
a dirittura la creazione di venticinque canonici , ond'egli medesimo esclude,
che altri vescovi posteriori n’ abbiano accresciuto il numero , benché pos-
sano averne variato gli uffizi , ed aggiunti alcuni beni.
Finalmente ravvicinatici a Torino, ci rincontriamo in Rocca Padi chia-
mata dall’ Annalista Sassone piucchè tedescamente Rokke-Pandolf , narrando
che Lottario ITI nel njtJ l’espugnò in odio de’ Torinesi ($2). Si dino-
mina tuttavolta la Rocca il sito del castello, che allora vi esisteva vicino
al Po tra il Valentino e la citta. Quasi rimpetto a quello all'altro lato
de! fiume eravi altra fortezza in sul vicin poggio , ora il monte de’ cap-
pucci. Se ne perdette l’ amico nome , ma ancora ne’ tempi inferiori vien
ricordata coll' appellativo di Bastila allora più comune. E’ mtt’ altra la
Bastia accennata da Guglielmo re de’ Romani nel diploma del 11 j* pel
(31) Agostin delta Chiesa ignorò questa circostanza, e per isbaglin attribuì in vece
a Reguimiro la fondazione dell' abazia di a. Solutor minore. Il citato diploma
uria bastato 1 disingannarlo. Egli però rammenta già i canonici di Torino ti
tempi del vescovo Claudio Iconoclasta tra 1 ’ 8is ed 820, 1 ' un de’ quali è sui*
■1 costui accusatore { Chrsnologia episc. ite. pag. 62 ).
(32) Appresso Ecard Rei. Germanie, icripr T. I eoi. 674..
eie
•ente Torama» II £ Sito!» , laddove nomina fontem Taurinense»! et B , ►
jtiam qua est iuxta ptiutm (jj): era dessi in testa ai ponte sulla diritta
riva del Po.
(33) Lunif età. diplem, liti. T. I tei. fpf.
I
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I
CAPO XIII.
«ij
v
Prima contea di Monferrato
situata nel tener di Torino.
Poiché ripassammo un istante in su la destra del Po, gioverà far men-
zione di alcuni antichi villaggi de’ vicini colli rapidamente accennati , od
ommessi del tutto , allorché altrove si favellò di cotesta pane cispadana
della contea di Torino.
All’ un tratto de’ colli di sopra la città nome davasi ne' mezzani tempi
di Montephurraio , o Montcferrato , e l' istesso vescovo Reguimiro avea
pur conceduto in dote della eretta canonica la espella di s. Solutore in
Montepharrato. Egli pare indicar non meno il monte e distretto , che il
villaggio dello stesso nome , in cui esisteva la chiesa o parrocchia donata.
11 sito dell’ una e dell’ altro ritrovasi vicino a quello , dove nel secolo XVU
fondossi l'eremo de’ camaldolesi nelle colline di sopra Torino. Quella re-
gione conservava il nome di Monferrato. La espella di s. Solutore era pur
dianzi servita da quei monaci , ed essendosi da parecchi anni lasciata af-
fatto rovinare, si perdette così il più antico monumento dell’ introdotto
«ulto di cotesto creduto martire Tebeo, di cui e di tanti intitolati com-
pagni suoi non vi ha sicura memoria innanzi l’ottavo secolo, e per molti
di loro anche assai più tardi.
L’ imperador Ottone I nel 961 riconfermando le antiche donazioni fatte
al monistero dì s. Pier di Pavia in vari luoghi d’ Italia , vi comprese anco
tutti i beni , qua Monteferrato delinei cum omni fiottare eie. fi). Formava
pertanto un peculiar distretto fornito pur esso di dritti signorili. Ma poi
nel <71*7 il troppo famoso Ottomano diploma pel marchese Aleramo pare
annoverar per una contea anche il Monferrato tra mezzo a quelle di Asti
• di Torino (z) , le quali a cotesto lato confinavano veramente insieme a
( 1 ) Arttìq. hai. T. VI eoi. 68 ■ Carraio Salico nel io;; (ti riconfermò questo ri
altri privilegi , ed altresì osmio qutr in Montefirrata , et qua in eomitaiu Vere II tosi,
et Yporegitmi tic. ibii. T. I col. Pronunsiavasi adunque, e si teriaca questo
nome a vicenda nelle divisate due maniere.
(a) Rtr. Italie, script. T. XXIII avi, )*6. Ottone I concede ad Aleremo la proprietà
di sedici corti o villaggi situati ne' luoghi deserti tra i fiumi del Tanaro e dell’Orba,
• il lido del mare , e tutti gli conferma i beni , che per ragione di eredità , or-
ti
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1 l'i-
di Uugo , e a così dire si combaciavano. Donde ne conseguirebbe, che dal
titolo di contea dipoi si onorasse il distretto di Monferrato tra il peli , e
567, nel qual tempo e a mano a mano sotto l'impero degli Ottoni ven-
nero ognora piìk dimembrandosi le contee urbane, ed a multiplicarsi le
minori. Nulladimeno io sono d'avviso, che l’annoverarsi qui in complesso
tra le notate contee il Monferrato sia stata una inavvertenza dell' ignorante
cancelliere , in vece di nominarlo separatamente in ultimo luogo , cioè et
in Monteferrato , come veggiam fatto nel precedente diploma dal pii, e
di nuovo in quel di Corrado il Salico del so;; , che appunto riconferma
il primo, e non avrebbe certo mancato di unire tra l'ivi scritte contee
il Monferrato , se già u' avesse avuto il titolo.
Novella prova ce ne fornisce la carta di concambio dell’anno 1054 tra
il conte di Pombia , e l' abazia di Notiamola , la qual possedei de' poderi
in assai terre del Piemonte , e sippure in Monte/ errate , come se vi si
parasse di una terra , 0 di un distretto ( j). Ne' poderi comutati essendo
succeduti i figliuoli e nipoti di Vuido , o sia Guido conte suddetto di Pom-
bia , possiam rilevarvi almeno alcuno de’ villaggi del distretto di Monfer-
rato , ricorrendo alla carta di fondazione dell’ abazia di s. Silano di Rom£-
gnano del 1040, in cui luti ta corni: issa , et film aiius t^uidonis (4) as-
sistita dal marito dona di quegli stessi poderi comutati dal padre, e situati
in più luoghi segnatamente della contea di Torino, c di seguito in Gorri ,
et in Cavatina , in Orcinàsco , et in Pieino , e non rammentò neninttìi
più il Monferrato , in vece che la menzionata carta di concambio semfc
vero di acquisto possedera in comitale Avverisi. Stranimi nrctum Animi , et Mon-
. .. litfanaii •/ Towintnti ne. Pare incred'bile , che da questo diplomi si potesse infe-
rire , od immaginarvisi mai la creazione di ubi nuora marca , oppur la riconfer-
ma di un* antica entro i divisati confini a prò di Aleramo , e de’ suoi : eppur si è
quello che appunto vi t’ immaginò , e fu credute senaa sospetto niuno. *
(}) Antiq. Ital. T. V col. 4 J S , e T. Il col. 171 : faide coma Itami corniate Plum-
bictttt.
(4) Queste ultime parole sfuggirei» nella stampa di questa pregevolissima Carta
Piatti, cispai. pag. 36 f Un. 6, cavita dagli archivi canterali di Torino. Fu poi ri-
pubblicata nei Monumenta Attenua pori. 3 col. fo i colla stessa ommissione, seb.
ben vi ti dica nette mendatior. Si ammendò veramente in tal parte , ristampandola
in ultimo nel tommario della causa della commenda di Ferrania voi 3 pari. 3
cap. } pag. 361. Giulitta dicesi figliuola alitu Vuidoms . perchè Olderico suo ma-
rita iotitolata marchese era figlio ancb' egli di un Guido pur marchese. .
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venir al particolare di cotesti villaggi nominò genericamente il distretto ,
che li comprendea. Appunto il tener di Picinum , o sia Picinum , come
a vicenda ivi si scrive ( Pecetto oggidì ) comprende la regione di Monte-
pharrato , e gli altri a Pecetto vicini , o poco lontani villaggi suddetti si
accostano al distretto medesimo , ed alcuno gli era unito come Orcenasco.
in un con più altri della odierna campagna di Chieri , di Revigliasco , e
«li Moncaglieri.
Principia da quest' ultima città la tirata di colline , cui nelle età mez-
zane nome diedesi di Monferrato, cioè dapprima d'indi appena infino al
monte in oggi di Sopperga , e a mano a mano nel corso di alcuni secoli
msin dove i successivi colli progrediscono costeggiando il Po insino di
sotto Valenza. Perciò alcuni scrittori del secolo XIV, e XV ed anche in
appresso argomentando tuttavia da ciò che fn una volta , ciò che più non
era &' loro di , continuarono a far il Monferrato incominciare donde a
Moncaglieri quella tirata di colline incomincia. Aleramo ebbe certo in
questo primo tratto parecchi poderi e villaggi , cd i suoi successori gli
accrebbero , arrogandosene i signorili diritti. Ma al sorgere de’ comuni di
Lombardia , e verso la metà del secolo dodicesimo i comuni di Chieri e
di Asti levarono a que’ marchesi o tutte , o la massima parte delle castella
C de 'villaggi di questo primitivo Monferrato. Laonde il vecchio marchese Gu-
glielmo IV chiamò dipoi in aiuto le armi di Federigo I , per vendicarsi
degli Astigiani, e Cheriesi fj). L’imperadore vi fece un guasto grandis-
simo senza alcun prò di quel marchese , perciocché ritroviamo indi a fioco
possedersi il più di quelle terre dai conti di Biandrate , dai Romagnani ,
da’ vescovi di Torino, e dai Cherieri medesimi. Quindi cessò tanto pe r
tempio il nome di Monferrato a quel distretto , cui dapprima unicament e
('appartenne, ed in vece questo nome trapassò a quelle tante terre infra
il Po , e il Tanaro , e più là, le quali pirima non l’ebbero, seguitando
le persone , e i conquisti de’ cosi detti dipoi marchesi di Monferrato , co.
me 1’ ombra il corpo.
La donazione suddetta della contessa Gralitta a S. Silano fii secondo l’uso
autorizzata cum notitia ( approvazione ) D. Ottonis marchiami et comitis
t upratcriptì cernitami , et marchio Montisferratensis. Non crasi per anco
(5) Vrffrinsi Ottone di Triiingi Iti. a cap. 16 Iter. Uclic. T. VI, e Gontero Lt-
c pirau Uà. a* - - w . - . - * *
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I it
■ominata la costui contea, onde nello stile di queste rozze sbramatici»
scritture il suprascripti comitatus non può altramenti che riferirsi al Men-
tis ferra t insti , che immediatamente si nomina , e cui lo smemorato notaio
immaginò fórse aver prima nominato , mentre Jo traslocava , intraponen-
tlovi il titolo di marchi a, ch’era personale in Ottone, e non di uffizio,
seppur non pigliò suprascripti in un senso contrario , cioè per infrascritto,
•orni c più probabile, e ve n'ha più esempli, altrettanto che A' infra-
scripti per dir soprascritto , come vederi nel primo documento qui in fina
( num. I ). Ad ogni modo propriamente non dice , che Ottone fosse con»
o marchese del Monferrato : il costume già da un pezzo tramandava quei
titoli a tutti i figliuoli de* marchesi , e conti , ma ivi il Montisfertatensis
disegna il luogo di sua giurisdizione. Il titolo di conte, che gli s’aggiugne,
è di autorità , per cui approvò la donazione de’ beni situati nei domini*
suo i quindi ratificandola in fine , non se gli dà più titolo di marchese ,
ma vi si dice soltanto cisdcm comitis , et Mandoaldo ( il marito della do*
natrice ) consentienti , et confirmante.
Considerandosi che nessuno de’ primi discendenti di Aleramo usò mai in-
titolarsi conte , c tantomeno unir questo titolo a quel di marchese , appa-
rirà viemeglio , che qui convenne usarne per anonimo di signore a guisa
di conte delle terre suddette , perche dovea autorizzar quell’ atro. Elle no*
formando che un piccolo subalterno dominio , parrebbe , che prendere dal
medesimo alcun titolo di dignità e d’uffizio non si conformasse punto alla
crescente grandezza, ed ambizione di quella famiglia. D’ al.ro canto Ottona
aon era nel caso de’ secondogeniti , o parenti de’ gran signori , a' quali già
molto prima usavasi assegnar una , o poche terre anche disperse come per
appanaggìo in titolo di contea. N’abbiam degli esempli nella famiglia me-
desima de’ marchesi di Torino in un figlio e in un fratello di Manfredo i,
1 ’ uno conte di Monbaldone premorto al padre , e il secondo il marchese
Oddone , il quale esercitava giurisdizione in Chieri come conte di quella
città , giusta una carta del rotti citata nella Corona Reale del Chiesa
( T. I pag. 1 87 ) , ed apparisce altresì da un’ altra dell’ istcsso anno recata
qui appresso ( ne’ documenti num. VI ).
Ottone suddetto con» Monferratese c Ottone II pronipote di Aleramo,
ed il primo di quella schiatta , che apparisce aver tolto dal Monferrato il
nome della sua casata. Si potrà supporre , come dai più si è finora suppo-
*ro , ma non provare , come insino a ora non si è provato mai , che A-
feratno , od alcuno de’ suoi figliuoli prima di questo Ottone assumesse
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*'7
nome dal Monferrato per titolo di famiglia , oppur di signoria (C). Cert*
e’ possedeano sparsi in più territori di molti beni , e di que’ diritti , che
decorando ed arricchendo il possessore , gravitavano sulle terre , e su gli
uomini , ma pare che di questa specie ne godessero de’ maggiori ne' villaggi
di questo primitivo distretto di Monferrato , oppur desso sia stato l’ uno
de' primi loro acquisti in Italia. Altramente perchè mai ne preferirono il
nome ad ogni altro , appropriandoselo poi in titolo di casato > e di signo-
(i 6 ) Nell' Adelaide illustrata [ pari, a cap. j ] si riporta un diploma dei re Ardoioa
dell’ anno tool a prò del monistero di unto Ambrogio di Milano , a cui sotto»
scrìve marchio Gullielmis Montisftrrati , ma it diploma è falso , e grossolanamente
falso. Terraneo noi dissimulò , e nondimeno un poco a iattanza si fece a dire
•he " avea de' buoni fondamenti per dimostrare quando che sia , che il Monfèr-
„ rato da semplice contado fu eretto in marchesato intoruo il 950 nella persona
„ del celebre Aleramo ” ( ibid. pag. 36 j ). Ma non si accinse mai a dimostrarlo,
perchè iacea d' uopo distruggere tutti i documenti sinceri finora noti. Egli nem-
men sospettò, che il Moaferrato fosse allora si piccola cosa. Nè Aleramo altra-
menti può dirsi cthbri, le non per le gesta di alcuni de' suoi discendenti , per
le favo'e di alcuni cronisti dei secolo decimoquarto , e per le quistioai poi ecci -
tate anco tra principi sul predetto diploma del 967. La legge Salica da lui , e dai
suoi professata a motiro dilla loto najione l’ appalesa francese. Era figlio di un conte
Guglielmo , ed in circa I' anno 889 un Guglielmo capitane di joo soldati fu da
Guido duca di Sp 'eri condotto in Italia , insieme ad altri avventurieri francesi ,
per levar il regno a Berengario 1 . E* quegli rammentato nel costui panegirico
( lib.a in princ. Rtr. Italie. T. Il porr, t pag. .'9 / ). ed allora fu grande la famelica
masnada di cotali prezzolati eroi venutaci di Francia a premere gl' Italiani da si
gran tempo sempre discordi , e vilmente iaealliri sotto un giogo straniero, li men-
tovato Guglielmo perchè figlio di chi a’ intitolava conte , agevolò ad Aleramo il
dritto d' intitolarsene. Questi resse forse dipoi qualche contea, e divenuto genero
del re Berengario li, vedesi nel 961 qualificato per marchese, perchè area forse
resto per alcun tempo una marca, alinea durante la fortuna del su. cero, nel cuf
infortunio egli I' abbandonò , seppe volgersi per tempo al partito del vincitore
Ottone I, e n’ ebbe il prezzo neir anzidetto diploma del 967, in cui l' i nperadore
loda la sua fedeltà ( ipsiut fidtlitaum consideranti! ) ma non I 1 annovera ponto tra
i suoi fidili , o sia uffizi a li. Laonde non apparisce, eh’ ei fosse allora al governo
di alcuna marca, e ottenne nulla più della conferma de' beni allodiali, de’ quali
èra ricchissimo , e del titolo di marchese. A dispetto di cose si manifesto anch’io
piuttosto che beo considerarle, trovai più comodo altre volte a lasciartrivì trarre
dalla corrente, e gratificar Aleramo di una marca non più udita tra il Tanaro e
1 ’ Orba, e farle dipendente la non ancor nata contea di Monferrato, presa però
nella estensione, che le assegnai nel Piemonte cispadano art ZI benché per ipotesi
« per anticipazione.
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rfà 7 Essi a così dite per tutto se’! tirarono dietro, il prolungarono, IV
stesero , 1* impressero sulla faccia del paese levato poi alle urbane contee
di Torino , di Asti , di Alba , di Acqui , e di Vercelli , dove certamente'
prima non c’ era. Dopoché già cominciava a traportarvisi , e a così dire
ad innestarsi in su quelle , o su di alcuna parte del loro territorio , tardò
ove piò , ove meno a prendervi radice , e ad accomunarvisi. Uno storico
milanese coetaneo di Federigo I notò, che sul fine del ii{8 l'imperadore
s’ intrattenne in partibus Montisferrati , et Grinte (j ) , cioè nella campa-
gna di Chieri appunto intrecciata e contigua al primitivo Monferrato. Indi
ad alcuni giorni trapassò nel cuor del Monferrato moderno infino presso
Casale, e diede in gennaio 1159 per Carlo vescovo di Torino un diploma
datato in territorio yercellensi apud castrum Aucimianum (8), Occimiano
1 ’ una delle piò notevoli terre del Monferrato già da tanti secoli , il quale
però nel 1159 non distendeva ancora infino là il suo nome. Durò fatica a
fervisi adottare nella moderna provincia di Casale , talché nc Lu , nè Ser-
ralunga , nè Verrua situate quasi alle opposte estremità di quella con si
comprendeano punto nel Monferrato , quando Federigo I le occupò.
11 mentovato marchese e conte Ottone II , cui la cronica del S. Giorgio
trasandò afferro nella serie quando fallace , quando indigesta e malsicura
de’ primi successori di Aleramo , è pertanto il primo e vero ceppo de’ cosi
Intitolati in appresso marchesi di Monferrato. Però in quell'atto del 104»
apparisce cotal titolo rinserrato ancora nello angusto primiero suo distretto,
o poco più là , e quantunque forse preso ivi and*: per distintivo della fa-
miglia , nulladimeno fu poscia intermesso dai successori di Ottone infino
al marchese Raineri , che il ripigliò nel mille cento undici, come di sopra
notammo [cap. XI noi. 7). Infetti nel noi non l’avea per anco adottato.
Egli e Guglielmo Infor^ado suo fratello s' intitolano semplicemente mar-
chesi figliuoli quondam item Vuilìelmi marchionit de Revennia (9). Cotal
(7) Siro Raul Rtr. Italie. T. Vt eoi 1182 in pria. Svernò 1 ‘ imperatore in queste
parli , poi trovandosi in Occimiano , ivi nulamente scritto Oefimamrn , di li co-
mandò la demolizione del forte di Crema.
(8) Appresso UglielK Irai, itera T. IV in tpiteop. Taurin,
(9) Appresso Irico nella storia di Trino pag. xa e segg. Perchè questa carta de' fi-
g'iuoli e della vedova del marchese Guglielmo III è datata nrl borgo nuovo di
Trino, Irico immaginò, che li terra già spettasse a quelli. Ma è tanto piò sin-
golare la guerra ivi ideata ( pag. 19) insino del 10x5 tra i marchesi di Monfer-
rato ed i Vercellesi per la conquista di Trioo , non meno che I* Vnlicipixiohe di
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titolo fu peculiare- a questo Guglielmo III per qualche accidente od im-
presa, che ignoriamo, ma egli non era propriamente più marchese di Mon-
ferrato di quello il fosse di Ravenna. La più parte delle sue terre erano
ancora sparse ed incassate nelle province , che quella circondano dinomi-
nata poi Monferrato. Per la qual cosa nel Piemonte cispadano non ho po-
tuto altramente che per anticipazione farne di quello una contea continuata
ed unita, composta di terre, le quali tuttavia s’ apparteneano agli antichi
contadi di Vercelli , d’ Asti, e di Torino. Le quali cose mi c paruto do-
versi avvertire , per castigarne e chiarirne alcune di quelle ivi scritte eoo
esitazione , e con tali dubitazioni , che si contrastano , e contraddiconsi ,
ed aggiungono della oscurità a cose già per se oscure.
Nelle vicinanze del Monferrato primitivo, 0 poco discosti parecchi vi
ha de' villaggi , le cui chiese e decime in sul finire deli’ ottavo secolo
furono assegnate in dote a’ canonici Torinesi del Salvadore , cioè Roma-
rtianum , Patianum , Aìimanum , Balbìanum , Orsenascum , Bulgare , Li-
gadinum , Milionicam , Arsitias ricordate di nuovo nel più volte lodato
diploma del 1047. La più parte di cotesti luoghi più non esiste, non meno
di alcuni altri tuttavia menzionati in varie pergamene de' secoli X e XI ,
de' quali vi resta poco più di qualche casale , e delie cosi dette regioni ,
-che ne serbano il nome. Il primo , o sia Romanianum è ridetto a poche
casucce di contadini appellate tuttavia di Romagnano poco lungc da Chieri,
-donde parmi abbia l' antica piemontese famiglia de' Romagnani dirivato il
nome. Patianum anticamente munito di castello dipoi detto castrum Pa-
dani, o Pessiani , ma Pacianum nella sopracitata carta di concambio del
toj4, e castrum Pedani, e Pecioni ne’ secoli inferiori, come nel pre-
cetto del comune di Chieri del 1 }66 (io), oggidì il casal di Passone, o
Pessione nel distretto di Chieri medesima. Alinianum , lo stesso dell’ Alle-
gnanum menzionato nell’altro precetto del medesimo comune pur delitti;
( loc . cit.) da non confondersi con Arignana Balbianum più là.
• un intero secolo date pur ivi tilt fondazione del lempio di t. Maria in Citiro at-
• triturila al marchese Bonifacio nel 1070 , il qual non é altri che il figlio di Gti-
> glielmo il Rinfuriate, e perciò non prima del 1170: il che Irico ha fatto per in-
grandir cotanto per tempo i così detti marchesi di Monferrato, i quali nel 111; ,
• e 1070 non erano ancora marchesi di Monferrato-
(io) Pieni, cispad. psg. j io.
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Ripiegando a sud-ovest Orsenascum detta Orcinascum nella carta def
Ì040, e villa Orse naso ha nel diploma di Federigo I del 1 163 a prò dei
Romagnani. Il suo sito ci vien pur indicato dall' un di costoro, cioè da
Tommasino in carta 6 giugno 1318, per cui vendette ad Ardizzone dt
Casalgrasso altresi della sua casata alcune porzioni de’ villaggi di Celle >
Revigliasco , c di altri convicini cum distrutti et ornai honort vili a oliai
Or^enaschi tra i confini di Moncaglicri , e di Revigliasco. Bulgare ci tra-
sporta assai più là a mezzodì infino nel tener di Carignano , e tuttavia
chiamasi Bolgaro , che pur si rammenta in detta vendita del 1318 in uno
con la vicina Santcna per confine a quel lato del tener di Cavana. A nord-
est di cotesti villaggi Stodegarda , dove nel 1034 stipularonsi le due carte
suddette di concambio tra l' abazia di Nonantola , c i conti di Pombia ;
indi con nome più contratto Stoerda , la quale sussisteva ancora nei secolo
XIV (ri). Tegerone della carta del marchese Olderico Manfredo del io}i
per S. Solutor di Torino è ridutta a poche casette presso Banna , nè più
dipende come questa da Riva di Chieri , ma dalla Torre di Vaigorrera.
Di Celle , Canova , o Cavanna , Nuvola ec. (11) a quanto si disse al-
trove , aggiugneremo le indicazioni , che si rilevano dalle seguenti carte ;
in una 3 giugno 11 69 de’ Romagnani suddetti si dà per limite al tener di
Celle a un lato finis castri Revtgliaschi , all’ altro finis Peccai , et ab alia
parte finis Moncalerii , et ab alia vero finis Cereseìarum. Ricavasi dal 90 -
prallegato diploma di Guglielmo re de' Romani del 115 1, che Celle non
era già più eh* una viliuccia , ma tuttavolta forte. Il tener suo tra Monca-
gberi e Chieri prese dipoi nome di contado di Rivera ; nulladimeno in * 1 -
(ti) Alcuni de’ conti di Biandrate nel 1 3 is ■attomisero t Filippo di Savoia prin-
cipe d’ Accia i convicini villaggi ’’ et contitum Purcilli , Podii Warini , Cereso-
,, liarum , Tegeroni , Stoerdie , et Castillìonis cum diatrictibus eie. " e ne furono
rinvestiti nel 1314.
(tx) Cotesti luogucciuoli rovinarono gii da gran tempo , ma ai sono conservati i nomi
delle tenute Iota Nel 1187 l impendore riconfermò «'signori di Revigliasco il calteli*
di Celle, poi di nuovo Federigo II nel taso. Nell anno seguente costoro pre-
tesero di signoreggiare anche gli uomini , che scampati dalle rovine di Celle erano
rifuggiti nel luogo di Testone. Ma il marchese Raimondo Romagnano vendette
poi nel >134 al comune di Chieri pel prezzo di 11000 soldi segusini la quarta
parte del dominio di Resngliasco , di Celle, Gorra, Cavanne , Cavanelle , Alba
Speciosa, Ceresole, e Ctretolette. Testone , e Celle son pur rsmmenutc io tu
oarta dal 93;. V. oc' documenti noni. VII.
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ut
cune posteriori pergamene si colloca eastrum Riferì* in finibus Ctllarum
mandamenti Revilliasci , perchè allora dipende* per accidente dalla signoria
di Revigliasco. Iyì sorge il rivo Tepex (Tepice) che scende a Cambiano,
sulle cui spoade nel 1064 il marchese Pietro, e la contessa Adelaide sua
madre tennero ragione (ij). Erano adunque rimasi alcuni di cotesti villaggi
come incassati nella primitiva contea di Monferrato, la quale nel 1040
doveva estendersi anche più là di Cambiano tra mezzodì e levante oltre
Santena , e inverso Villastelbne e Bolgaro, dove Cavana e Gorra suddetti,
eh' erano compresi in quella contea ; onde nè Testona , nè Chieri vi furono
mai suggette. Innanzi il 1037 il vescovo Landolfo affortificò il castello
di Testona, e cosi pure Castrum in Quario (Chieri) muris et meliori
opere consumavi t , e di mura e di fossa ricinse parimente altre terre dei
dintorni di cotesto comune , cioè Mecoriadum , e Ti^anum , le quali in-
sieme a più altre rocche furono poi da Federigo I atterrate, per satisfare
alla vendetta del marchese di Monferrato (14).
Altri luoghetti esistevano nel distretto di Celle indicati ne’ vecchi cata-
sti di Chieri , come a' contini di Pecetto Tabuletam , o Tavoler dell' anzi-
detto diploma del 1 t£j , Pomairascum , V audescum , Granea tic. Più là
Coaccium della carta di concambio del 1054 , dove pure l’abazia di No-
nantola avea de’ poderi , terra anticamente più notabile delle suddette , ma
rovinata innanzi quelle. Tuttavolta però ci si ricordano in detti catasti
fines Coaccii , inoltre ad sanctum Petrum de Coaccio. Non lunge poi Co-
xanum , e Ceresol*. La suddivisata carta di vendita del 1 328 alla tenuta
del villaggio di Canova , o Cavana insin d’ allora distrutto si fanno con-
termini fines de Cellis , de Burgaro , et de Santena , situazioni note ; a
(13) Appresso Guicheoon T. IV p*g. aa.
(14) Cairi m gens illa vocakat.
„ Irruit, et gaudens esercì tus invenir omnì
„ Oppida pltena bono, spumami nectere celiar,
,, Horrea frumentis , oleo spirante lagenss.
plurima saacia
„ Infundit frumenti suis , utrerque , cadosque ,
,, Venrrosasque replest oleo, bacchoque lagena».
„ Nec mora , direptis potiorìbus , oppida dammi»
,, Tradunr , et valida» everrnnt fenditoi arce».
Gnntero Ligvr. lib, a. Non è pittura di Raffaello , ma pur ci disegna la fame , •
la tedesca rabbia.
Xf
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Ili
quella di Cav amila più là i confini di Catignano , di Villastellone , e della
Gorra, e a cotcst’ ultima que’ di Carignano, Villastellone, e Monca-
glieri (iy).
Apparisce quindi essere stato interrotto ed irregolare il tratto di terre,
che componea nell’ undecimo secolo , e a' tempi del suddetto marchese Ot-
tone II la piccola contea di Monferrato , in cui v' erano eziandio incassati
alcuni villaggi estranei a quella. Occorreva lo stesso a quest’ altro lato
de’ colli verso il Po , perciocché dessa era stata a così dire formata di pezzi
staccati , e mano a mano aggiunti , i quali non combacciavansi tutti , ed
alcuni forse maltolti ad altrui le furono di nuovo levati. Cosi veggiamo,
che il marchese Anseimo figliuol di Aleramo riputandosi patrono della ba-
dia di P alche rada lunghesso la destra riva del Po , oggidì San Mauro a tre
miglia di sotto Torino , e signore altresi del castello di quella terra , e
dell’ altro di Maciugum , e sippur di Alhatetum , due distrutti luoghi nel
tener di PulchcratU medesima , fece dono di rutto ciò nel 99 1 alla badia
di S. Quintino di Spigno fondata in quell’ anno da lui , e da Gisla sua
moglie (16). Ma poi il marchese di Torino Manfredo II ripigliò quelle
terre, e nel 1019 assegnò alia nuova badia di S. Giusto di Susa quella pur
di S. Mauro in un col luogo stesso di Pulcherada , sulla quale area par
de’ dritti il conte Bosone cugino di Manfredo, come si ricava dal diploma
del 1016 recato qui in fine {nutrì. II ).
Tra S. Mauro e Cordua posta in monte sembra si debba collocare l’an-
tico villaggio di ViUaparsum , la cui parrocchia di S. Giorgio fu pur dal
vescovo Rcguimiro assegnata in dote a'canonici del Salvadorc. Esisteva ancora
dell’ undecimo secolo , poi scomparisce, e troviamo in vece al sinistro lato
del Po quasi rimpetto alla positura del primo nato il casale di S. Giorgio.
Gasingum in un diploma del re Ardoino del rooj , eh’ ebbi mo sott’ oc-
chio, o Ga^inga in altro del 1014 per la badia di Fruttuaria (17), Gas-
sino , che venne poscia in potere del marchese di Monferrato Guglielmo
IV , grande strumento dell’ imperador Federigo I. Avvilii , Sulcia , Bu-
sceli poste in monte , e ricordate nella carta suddetta di concambio del
(15) E’ notabile il rammentarvisi tutravolta in essa carta Arimannot [nobili] di Cam-
biatili , a TnaUti, «t di Naralis, i quali già ai ricordavano nel diploma del tt6{
pei Romtgnani.
(16) La carta di fondazione si ha nei Monvm, Aqutniia T. I eoi. 10.
(17) Bibliot. Sebu», cent, a cap. 39. • *
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k>} 4. Ardiglione , Sciolze, Bussolino. Ripaalba , Cune s. Rapimeli ! , am-
bedue in colle , S. Rafaele , e Rivalba , c prima del «057 1 (Fortificate al-
tresì di mura , e di fossa , come ci narra il vescovo Landolfo. Pii là quasi
rimpetto a Chivasso Castanetum nome di romana origine , e così pur detto
in diploma dell’ imperadore Arrigo I del 1014 per S. Michel della Chiusa
( 1 8) j ed è lo stesso di Castellum Castaneum ultra P aduni rispetto a Flut-
tuarla , di cui parla la carta del conte Otton Guglielmo del 1019 (19)1
ora Castagnito.
Non osammo altre volte nè prolungar la contea di Torino insin a questo
luogo j nè attribuir a quella detta per anticipazione di Monferrato il tratto
intermedio da S. Rafaele infino a Verrua. La mentovata carta di Landolfo
ci trae da tal dubbietà , almen per estendere la contea di Torino oltre S*
Rafaele , • Casalborgone. Ma non si raccoglie , che quella minore del pri-
mitivo Monferrato inchiavata nella prima in questo tratto di terre nel 1040
trapassasse infino di sotto Gassino , nè che prima desse nome a vcrun conte,
nè che dipoi l’ ottavo secolo altra terra , ed altro distretto vi esistesse di
tal nome oltre quello sopra descritto. Ma parimente dopo il <040 , e per
tutto 1* undecirao secolo accade assai di rado , che s’ incontri farsi men-
zione del contado di Monferrato , ovvero quasi sempre si congiugne co»
quel di Torino. Sarebbe certo viepiù difficile il ritrovarlo altrove , poiché
appena inverso il fine del dodicesimo socolo vi si ritrova nelle tene , che
poscia esclusivamente ne pigliarono , e ne ritengono il nome*
Più vicini a Torino gli altri villaggi posti in colle, e compresi nella
fondazione di Reguimiro erano Saxina , ora Valdisassi di sotto Sopperga ,
Pavatianum inverso Chicri, e nelle tuttavia dinominate Vaipiana, e Vai-
sorda Milionicum , e Ligadinum , e quello di Arsitias cum ecclesia sancii
Viti in Valdisanvito, de' quali e di Martiriascum , e Malavasium se n ’è
discorso altrove. Si vuol pur qui aggiugnere Sambuetum della carta del 1 o 16
( ne' documenti num. II ) Sambuì tuttavolta esistente. La popolazione era
dunque più divisa e sparsa in maggior numero di villaggi , ma forse non
minor della presente creduta sì grande, perchè più raccolta. Malavasium
suddetto è in alcuna parte ancor rappresentato dal sobborgo detto del Po
alla sua diritta infino verso il sito intitolato a S. Evasio, dacché piacque
(il) Appresso Dscherjr Spiciltg. T. Ili psg. }86.
(ij) Biblici. Sebus. cent, a cap. 30.
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»*4
alla bontà de' nostri ari di samìficai tanti gentileschi nomi di luoghi per
ogni poco di analogia vi trovassero con quello di alcun santo.
Rivaraato il fiume , lasciata più là a manca Roccha Pedi , donde dipar-
timmo , surge 1’ Augusta Taurinorum (io).
(io) Cosi dinominati da tutti gli sniichi scrittori , e monumenti dalli età di Otti*
Timo Augusto in appresto; ma Tatpan'a da Appiano in Annibal. Taurina Calciti*
da Tacito /tisi. Iti. 4# e semplicemente Taurmum ne’ tempi di meuo.
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CAPO XIV.
Campagna di Torino di qua del Sangone , e dalla sopra -
detta stagione di Ad Fines insino all’ influente del fiume
di Stura in Po.
L/a prima volta che vien ricordata quest’ antichissima capitale de' popoli
Taurini , ovvero la prima sua memoria è un monumento del suo coraggio,
ed una illustre prova dell’ amor suo per la libertà d’Italia. Ella ricusò l’a-
micizia di Annibaie , il qual veniva ad invadere , e soggiogar Italia e Roma.
Osò resistergli , mentre d’ altro canto era attaccata dai Galli della Insubria
segreti partigiani di Annibaie istesso (i). Dalle alpi infìno all’Adriatico
due soli popoli degl’ Itali antichi , e a cosi dir primitivi , non mai soper-
chiati dai Galli , nè confusi co' medesimi , manteneansi ancora liberi e in-
dipendenti su coteste due opposte estremità drcompadane Taurini , e Ve-
neti.
Non parleremo nè degli antichi monumenti della nostra città (i) , nè
de’ suoi duchi sollevati al trono de’ Longobardi , nè di veruno de’ tanti fatti
e veri , e falsi , e mal immaginati , o stranieri , de’ quali uno scrittor am-
polloso n’ ha piena la così detta istoria di Torino.
Ravvicinianci a’ tempi molto meno rimoti , ma più importanti per noi.
S' egli è vero che Amulo suo vescovo tra I’ 880 e il 900 per vendicarsi
de’ cittadini , e sottometterli , atterrò i portici , le torri , e le mura , che
ornavano, edifendeano la città (3), abbiamo in lui uno de’ primi esempli di
quell’ ardente ambizion di dominio , che dipoi invase molti prelati , e nei
cittadini di Torino, i quali dianzi aveano cacciato Amulo, e per tre ami
il tennero fuori , un altro de’ primi esempli di quello spirito risentito e
agitatore di libertà , e di licenza , che veniva sempre più fermentando in
tutta Italia.
(i) Polibio IH. f cap. la, Livio IH. ai cap. jp.
(s) Se ne leggono parecchi nella raccolta de' marmi Torinesi , e presi» Gruferò , e
nel nuovo Tesoro Muratoriino <T iscrizioni, e appresso altri.
(3) Cfiron. Novalic. Rer. Italie. T. Il part. a col. 763. ” Amulus cpisenpus Taa-
» rinemis , qui eiusdem cintati! turrea , et murai pirreniiart rea destruxit.
V
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Ili
Non c già che fin sotto Carlo Magno, e tanto meno sotto i datoli
successori suoi fosse rimasa Italia ognora docile , e del tutto senza tumulti,
che anzi il fèudal governo d’ allora inchinava per se stesso all’ anarchia.
Ma vi si correva a gran passi , quando a’ tempi di Amulo suddetto , e
mano a mano per le nate allora civili guerre di Guido c Lamberto impe-
radori contro del re Berengario I cominciarono erigersi in buon numero
castella e rocche , indi vi si multipiicarono ancora , per far argine e ripa-
rarsi dalle incursioni degli Ungheri e Saracini , od in appresso se n'accreb-
bero ancor delle nuove per vanità di primeggiare , per asilo de’ rei dovi-
ziosi, per rabbia di fazioni. Inutilmente Ottone I avea poi ripiegato il go-
verno alquanto più all’ aristocrazia rattemperata per via de’ privilegi accor-
dati ad alcune città del regno italico, che le ricocduceano quasi alla con-
dizione delle antiche colonie , e de’ municipi , e talora più direttamente
frenata , con attenuar la potenza degli ottimati , suddividendo le lor contee,
e delle spoglie loro e del fisco arricchendo il clero. Questo rimedio me-
desimo, che di troppo manifestava, ed accrescea la debolezza dell'imperio,
mentre rattizzava le gelosie , e l’ ambizione altrui , preparò gli scompigli ,
e Je guerre de’ seguenti secoli.
Più maniere di disordini , e d’ interne violenze compaiono nel secol de-
cimo anche nella marca di Torino. Il vescovo Landolfo nella qui appresso
rapportata sua carta del 1057 rammemora 1 passaci disastri della sua dio-
cesi rubata e devastata , senza vi si fosse risparmiato nemmen la chiesa
cattedrale , " nc già tanta rovina procedeva da’ pagani ( Saracini ) ma se-
,, condochc molti riferivano, da’ cristiani perfidi, anzi dagl’ istassi patrioti
„ (4). ” Infra altri guasti accaduti allora vi troviam quello della, terra di
Pulchcrada , e del monisteio di S. Mauro sotto il regno del secondo Ot-
tone , od al cominciar di quello del terzo, di cui ne parla il mentovato
marchese Anseimo , il qual i’ occupava nel 991 , e l’ avea di nuovo per-
duta innanzi il 1019 » il che non potè essere accaduto senza da’ grandi
centrasti e senza sangue. Generalmente il regno degli Ottoni fu 1 ’ epoca
(■)) ” Nec tantum ab extraneia, sed quod deferì us est, a compatrittis it filili factam
„ esse providus inquisilor agnovit. " (nelle note al T. I della storia di Torino
pag. 49 * )■ Nella carta sopraciiata dell’ anno 991 cosi pur I’ abazia di S. Mauro
dicesi ’’ nunc destrucia , et a monachis omnimodo derelicta , et nemo ibi Deo ,
„ sanctoque Mauro fàmulatur , raalorum homiuum vastatione , atque io rasa -
„ tior.e etc.
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tl 7
della tempo tal giurisdizione de’ vescovi ; nuova sorgente di rivalità , di usur-
pazioni , di contese. Quel di Torino non divenne mai signore ne della città,
uè del contado ; esempio rarissimo in Lombardia a que di , e torna a lode
dell’ attiva prudenza de’ due marchesi Manfredo I, e Odelrico Manfredo suo
figliuolo , e successor nella marca , i quali seppero mantcnervisi ($).
Non si vuol far caso di alcune contese nate forse per interessi sterili ed
oscuri tra Manfredo II , e Ardoino V cugini, e fomentate dalle gare dei
lor castellani , e valvassori già cresciuti a buon numera Anco il popolo
ignorante e superstizioso per poco vi fosse istigato tumultuava, insolentiva,
rubava , pere!»' ei non distingue la libertà dalla licenza. La comtnozion dei
Torinesi nel 1030 , allorché il marchese Manfredo li imprigionò l’abate
del monistero di Brente rifuggito in Torino , ed essi vollero levarglielo di
mano ( 6 ), fu momentanea, ma non meno piena di audacia, e di quell»
intollerante inquietudine , che sta per iscoppiare in rivolta. Ogni pretesto
vi serviva d* impulso , perchè già da lungo tempo erano impazienti i popoli
del giogo , che su di loro si raggravava , e nondimeno qualunque signo-
rotto non restava di abusar del suo potere , e farli miseri , supponendoli
per avventura così stupidi , che non avessero mai a risentirsene.
Nata e sopita l’ insurrezione de’ Torinesi , non tardarono altre città d’ I-
talia ad essere molto più agitate, e singolarmente Milano nel io;; , e
negli anni seguenti per la guerra civile mossa dai popolani contro ai si-
gnori , nella quale restò pur trafitto e morto il vescovo Alrico fratello del
marchese di Torino andatovi in aiuto di quell* arcivescovo Ariberto prepo-
tente, ed ambizioso (7).
Di quest’ ultimo e di Alrico vescovo d’ Asti suo fratello scriveva a que" tempi
Guglielmo duca di Aquitaoia allo scaltro Leone vescovo di Vercelli , ” prudeae
„ marchio Maginfridus , fra ter eius Alricus bonus episcopus , quns supra omnes
,, Iralos presranrioris ingenti , fidei , bonitatis esse censeo ; " tra le lettere di Ful-
„ berto di Chartres tpisr. 60 Rtr. Francie. T. IV pjg. igj..
(6) Chron. Novalic. loc. cit, col. 760.
<7) Scrittori contemporanei raccontano coleste notabili rivoluzioni, Wipponc, il qual
era appunto al seguito dell’ imperador Corrado il Salico, ” magna et moderata
„ temporibus inaudita confusio forra est halite propter coniurationes , quas fece-
,, rat populea. Coniuraverant enim omnes valvasores Italie, et gregaril militei
,, adversus dominos suos , et omnes minores contra maiores , ut non paferentur
„ aliquid inuhum sibi accidere a dominis suis supra roluntatem ipsorum (in vita
,, Conradi Rer. Germanie. T. Ili pag. 480 edit. a Struvio).
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ixS
Fu non meno funesto l'anno ioji, nel qual mori la famosa contessa
Adelaide , la cui saviezza , e il buon governo si meritò la confidenza e
f estimazione dal suo secolo (8). Alla sua morte sursero de’ pretendenti
novelli alla sua eredità , quindi nuove fazioni , e nuove guerre. In questo
periodo di storia il più curioso , e il più oscuro infino alla metà del sccol
dodici furono spezzate viemaggiormentc la marca di Torino , e le contee ,
che ne dipendeano. Nacquero mano a mano i nuovi marchesati di Saluzzo,
di Busca, Ceva, Clavesana, e di tutta la copiosa progenie di Bonifacio di
Savona , i conti di Loreto , ed altri signorotti assai , e gli stessi marchesi
di Monferrato tolsero pure a que' giorni più costantemente questo nuovo
titolo di casato e di signoria, e nuove terre occuparono nelle vicinanze di
Torino.
Ma questa città rimase in potere del conte Umberto II, e poi di Ame-
deo III , il qual perciò in una sua donazione del i r j i alla badia di S. So-
lutore s' intitola Comes Taurinensi s filius quondam Humberti item comitis (j).
Lottario III espugnò Torino insieme a molte terre e castella nel rijtf (io).
Epidanno ann. ic J 5 " fcedu» valide coniurationis in Italia exoritur, inferiore»
„ namque milite? superionm iniqua dominatone plus sdito oppressi , simili nmnes illi»
„ resistimi coadunati. Necnon ctiam quidam ex serrili conditioae coatra dominoi
„ suo» proterva fiction» conspirati ipsi sibimet intra se iudices, iuta, ac leges
„ constituunt , /ai nefasque confondimi ( Rer. Francie. T. Ili pag. 479 ). ”
(8) Piacenti per saggio del buon gusto degli oratori di quella età rapportar qui al-
cune frasi lodative , colle quali Beinone vescovo di Alba creduto scismatico per-
chè aderente al tristo Arrigo IV , ingegnava!! di tirar Adelaide al partito di
quell' imperadore : " ipsa igitur quasi regina piscium admirabilis balena non po-
„ terat capi ncque hamo , ncque catena .... Duci Adelaide domine , superdo-
,, mine Benzo fidelis . . . post regem Italie dominaberis . . . cum rranqnillitate
„ sedebis sub rege in solio regiiìce maìestttis , et tridebis ante te duces cum
,, principibus orbis terrarum opes tibi ministrantibus etc. " ( lib\cap. 41, lib. 4
cap. 9,10, nella raccolta di Ludevvig Reliquia manuscnptonim T. IX pag. 54»,
145 . 547 > « * ,troTe )•
(9) Vedi qui in fine ne' documenti asm. Vili.
(to) L' annalista Sassone appresso Ecard Rer. Germanie. T. I cel 6 pq , cioè dopo
U presa di Pavia “ inde castra morena imperator Vercellis , deinde Gamundi
„ ( il Castellano presso Alessandria ) , et Thurin ciritates pertransiit , quarum ha-
„ bitatorea libi ribellante» obpugnans, capiens, et interficiens hamiliavit. Sic fecit
,, castello , quod dicebatur Rokke-Pandotf. Post hec ingressus est terram Hama-
,, dan (Amedeo HI) principi» sue maiestari contradicentia , qnem destructi»
„ inautueris tubibns « locis muniti», suiiici libi compubt. ” Innanzi quell' aonn
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ed il conte Amedeo ricuperò l' una e le altre nell’ anno seguente (it); e
non appare gli sia la città piò uscita di mano. Ottone Frisingense ancor
nell’anno 1147» in cui Amedeo passò in oriente, l’ intitola Amedeum Tau-
rinenscm. Ma dopo la di lui morte avvenuta nell’isola di Gpro nel
come attesta Bernardo di Guidone , i Torinesi aizzati dall’ instigatore vescovo
Carlo furono meno docili inverso i successori di Amedeo ( V. ne’ docu»
menti n. IX ).
Quindi cominciano nuove mutazioni , e disastri novelli. In assai luoghi
ad esempio degli altri comuni di Lombardia sollevatosi il popolo a pretesto
di libertà, e di repubblica, ma il piò sovente per cagioni a lui sconosciute,
o per interessi , che gli erano estranei , oppur miravano a farlo viepiù mi-
sero, gittavasi in balia de’ cupidi raggiratori, che l’avean sedotto, i quali
sconvolgendo ogni ordine di cose, tentavano sulle rovine della pubblica
fortuna rialzar la propria e privata. Intanto pei rinascenti bisogni , e per
avidità raggravandosi le imposte , l’ eccesso delle quali fu sempre il diritto
cammino inverso la servitù , tutta Italia quindi si popolò di tiranni , i quali
distruggendosi , e rinascendo , perpetuavano in ogni lato le fazioni , la
guerra , la povertà , e la schiavitù.
I guasti patiti dalla città di Torino, e da piò terre de’ suoi dintorni nel
dodicesimo secolo ne spensero parecchie interamente. Marcilagum era «o-
me un sobborgo poco lunge dal sito del mercato fuori delle sue mura (11).
L’ ingrandimento , e le fortificazioni della città dal canto della Porta di Susa
occupano oggidì una parte di quel luogo. In una carta del 997 pei cano-
nici del Salvadore si rammemora loco dicto Vanchillia (i)) , nome ognor
conservatosi ad una tenuta a nord-est delia città, proprio forse altre volte
di un villaggio, cui piace ad Agostino della Chiesa derivare dai Vandali.
Quella, che ne’ secoli mezzani chiama vasi Campania Taurini (14) tra il
nt 6 i. Torinesi fransi levati dalla soggezione del conte, perciò Lunario se non
dopo la presa di Turino potè trapassar nelle terre di Amedeo HI.
(11) " Anno MCXXXVI! lieta est magna discordia inter cpiscopum Aatensem, et
„ cives Astenses , et capta loie civitas Tìurinensis ab Amedeo comite. ” Chrc-n,
As'tn'. cap. Rtr. Italie , T. XI eoi. rgo. ‘
(ta) “ Infra cintateti) Torino medietaretn de mercato ... atre fbris muro istius ci-
,, vitati* in circu.tti ibi prope omero de Marcilago. ” Carta del 10)4 Antiq. hai.
T. a col. 171.
(n) Pedemon. sacrnm pag. av.
(14) Nelle sopracitate carte del tool, e loji rapportate nell' Adtlaidt Starr. T. a
pag. ta e rya.
«7
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I J® *
Sangone , il Po , e la Stura , termina ad occidente alla costa di Rivalta ,
e di Rivoli detta anch’ essa cosi dal sito Ripulì*, nome di pretta latina
origine, e di già volgarizzato in Rivolt nel diploma del 99 j pel vescovo
Amizone (tj). Prosegue lo stesso termine oltre Dora ad Alpìnìanum tra-
mezzato dal fiume , e riunito per un ponte. Era già ab antico munito di
castello dalla parte di quà, in cui la chiesa di s. Pietro, la quale insieme
all' altia di s. Maria trans Duriam furono dal vescovo Reguimiro asse-
gnate in dote ai nuovi suoi canonici.
Qui siam nuovamente lungo la strada romana, su cui tra Alpignano e
Pianezza cade la suddivisata mutatici ad Octavum. Planici a , dove parecchi
romani monumenti si sono discoperti , c già chiamata con questo istesso
nome appellativo nella sopracitata carta del 103 1 per S. Solutore, e l'ivi
soggiunta Campania , nome ancor rimasto a un corto tratto di là della
Dora, dove Nostra Donna di Campagna, indicava alloraqugst' amplissima
pianura di Torino diuominata Taurinatcs campi dall' anonimo panegirista
di Costantino ( cap. 6), ne' quali procedendo da Susa riportò appunto la
seconda vittoria tantopiù memorabile , perchè fu dessa segnatamente, che
gli acquistò il resto d' Italia , e 1 ‘ imperia Nulladimeno Zosimo , ed Euse-
bio non descrissero cotcsta cosi importante battaglia , tantomeno la piccola
zuffa di Brescia, nè la presa di Verona; ma dalle alpi trasportano Costan-
tino a dirittura alla final giornata di Roma. Laonde per questa di Torino
siamo ridurti a rivolgerci all’ anonimo panegirista suddetto ( cap. 6 e 7 ) e
a Nazarìo (cap. 11 , z; , 14), i quali riferirono almeno le principali cir-
costauze.
1 generali dell’ imperador Massenzio eremi accampati piuttosto discosti dalla
città e coll'ala sinistra appoggiavansi alla costa suddetta. 11 loro esercito era
assai forte pel numero , e molto più per la grave cavalleria , ond’ era com-
posto per la massima parte. La sua disposizione non ispargea gran fronte,
ma formava una profonda solida colonna acuminata nella fronte stessa , e
allargatesi ne’ fianchi atta a rompere e a cozzare a guisa di ariete. Gli
uomini , e i cavalli eran coperti di un* armatura di ferro a vari pezzi con-
Pian. Cispad. pag. 307. Nelli piantiti fri Torino , e la menzionata coita car-
iammo già d; Collegno. Tra Grugliasco , che gli è rim petto, e Torino Sancium
Srpulcrum di putta tirata rammentato in più catte de’ bassi tempi , e nella sopral-
legata del 1191 , nella quale un Guglielmo di la Usua di Ripulii fa omaggio
all' abate Sancii Saltuaria maiorit dt Taurino : donde cotcsta maggioranza ì rispetto
a S. Solutore da Alonttfarrato.
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gegnata arrendevoli a’ movimenti de’ lori- corpi. Costantino non s' ingaggiò
a sostenerne l’ impeto e la forza , ma a scansarla. Aperse le sue schiere ,
quando que’ cavalli si spinsero loro contro. Con artifiziose evoluzioni riesci
a turbar gli ordini de’ nimici , e a dividerli , e sconcertar la lor massa in-
flessibile. Oppressi dal loro peso medesimo non poteano nè riconsolidarsi ,
nè muoversi a tempo , nc ben difendersi. Egli viemeglio li ricaricò «olle
mazze , e gli stancò in mille guise. Tracollavano i cavalli o per urto re-
ciproco , o delle legioni di Costantino , « vi affogavan sotto i cavalieri.
Crebbe al sommo la confusione , la strage , la fuga di molti per ripararsi
nella città, e di li arrestare, e stancar il vincitore. I Torinesi chiusero
loro in fàccia le porte , onde i fuggitivi perirono appiè delle mura , dentro
le quali speravano scampare (16).
Questo inaspettato esempio , che diede Torino alle città circompadane ,
le mosse a gara a far invito , e ad aprir le porte al vincitore , per dimo-
strargli quanto bramassero di sottomettersegli , quantunque durasse ancora
il pericolo della guerra (17). Cotal loro deliberazione non procedette da
odio contro al debole Massenzio, nè da parzialità per le galliche legioni
di Costantino , 1 ’ uno e le altre reputate ribelli , ma dagl’ immoderati tri-
buti , ond‘ erano le città aggravate , e afflitte , c per le indiscrete contri-
buzioni di biade , che riscoteansi dalle armate stazionate nella circompa-
dana Italia a difesa de’ passi delle alpi. Autori di siffatto aggravio , per cui
moltissimi eran ridutti ad abbandonar la coltura de’ campi , furono Diocle-
ziano , e Massimiano , come attestano Aurelio Vittore , e Lattanzio nel
libro delle morti de’ persecutori {ccp. 7). Duravano sotto Massenzio anche
piò le cagioni di quella difesa , onde pur qui continuavano i suoi soldati a
toglier la vittuaglia rapacemente quasi da paese nimico. La disperazione,
oppur la lusinga di esserne alleviati trasse pertanto i circompadani a darsi
in preda a Costantino. La sua fortuna , il favore de’ popoli , lo spavento
delle armate romane rammollite dalla licenza, e dal lusso gli assicurarono
la vittoria ovunque ancora bisognò combattere. Saria stato veramente prodi-
gioso, che poi nella campagna di Roma non avesse saputo senza il soc-
corso di un prodigio debellar l’effeminato Massenzio, ed entrare in una
(it^ ’’ Usque ad Taurinorum muroj fusi, coesione, obsertasqve ratti porrai ab in-
,, colis, eiiam corporum suorum mole clauieruot. " L' Anonimo cap. 6 .
(17) lbid. cap. 7.
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»J* ......
città , eh’ era avvezza ad insultar i vinti , e e farsi incontro alla fortuna
del vincitore (tS).
Ma i Torinesi e gli altri popoli, che gli hanno imitato, ottennero forse
dal conquistatore , cui tanto giovarono , quella moderazion di gravezze ,
che si lusingarono di ottenere ? Un solo editto relativo al censo pubblico
diede Costantino indi a pochi mesi in Roma , cioè nel gennaio dell’ anno
CCCXIII , non per alleviar il peso delle imposte , ma per tentare di porre
alcun freno alle frodi degli esattori , i quali usavano perfino ricaricar i po-
verelli della porzion de’ tributi , che toccava ai ricchi (19). Nella sostanza
in ogni tempo il peso di assai tasse strisciando velocemente sulle classi più
distinte c doviziose, ovvero se non leggiermente premendole, scende poi
con gravità accelerata sulle classi inferiori c più deboli. Ma non sempre ne
sono rei i perversi esattori , od t voraci pubblicani , lo è pur talora il non
mai variato metodo di determinare sopra ogni eguale quantità di estimo
una quantità eguale di tributo. I più ricchi possessori ne sono poco incom-
modat'r, e i deboli proporzionalmente quasi oppressi. Dovrà forse in vece
ricrescere l’ imposta progressivamente su ciascuna di esse eguali quantità
In proporzione eh’ elle sono in maggior numero condensate in un posses-
sore i Non oso affermarlo ; ma il Magno Costantino avidamente raggravi
i ricchi (io), e lasciò si spremessero i poverelli, perciocché a dispetto del
suo editto gli esattori pubblici perseverarono nelle Icr frodi (11).
Cosi le leggi, e la storia nulla ci appalesano intorno alla dai nostri ope-
rata beneficenza. Nulladimeno alcuni pretesero giustificare cotanta sua in-
gratitudine inverso i circompadani , e cercarono con ingegnosa adulazione
di supplire al silenzio dell’ istoria , c delle leggi. Han raccozzato colla con-
quista di questa provincia l’ origine della indizione Costantiniana incomin-
ciante nel settembre del 31*. Il dotto Cardinal Noris volle intendere per
(iti) Eusebio nella vili, o direm meglio nel pant pirico di Costar tino »’ iotraniene
ad amplificar le crudeltà, le lascivie, e viepiù i pretesi incantesimi , i prestici ,
le stregonerie dell' imperador Massenzio , e i sogni del suo eroe , in vece delle
costui imprese. Ma è vero altresì che cotesra cosi scritta vita del primo impera-
dor cristiano ha fatte epoca per la maniera di corrompere l’istoria, riempiendola
di visioni superstiziose e sciocche; maniera imitata, anzi immensamente esagerata
dipoi nelle monacali leggende.
(19) Leg. 1 de censo eod, Theodos. lib. ij tit. io.
(zo) Zosimo lib. 1 cap. 38.
(at) Vcggansi Simmaco Irà. p r pisi. io. e Salviano Iti. y cof 7, i quali fanno
de' gravi lamenti contro a tanta ed incessante iniquità
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quella indizione ” una nuova ordinazion di tributo più lieve fatta da Co
,, starnino , per sollevar Italia dalle gravose imposte anteriori -, ” e la fece
coincidere a un di presso colla presa di Verona. Un non nien dotto suo
concittadino illustrò poi questa coniettura medesima , c tornandola intera
mente ad onore della nobil sua patria, argomentò che in Verona, e dalla
presa di quella ebbe 1 * indizione comincianiento. Attrasse adunque alla sola
sua città il merito di tutte le altre città circompadane , attenuò mirabil-
mente la vittoria di Torino, dissimulò il generoso fatto de’ Torinesi, fon-
damento e modello delle susseguite spontanee dedizioni quindi infino a Ve-
rona stessa , e collocò nella battaglia ed espugnazione di questa città la
somma delle cose. Dovette attenersi anch’egli ai mentovati panegiristi, ma
dalle alpi infino a Verona conduce Costantino con una rapidità, che troppo
contrasta con quelli (11). Laonde basterà farne il paragone , per ismentire
le conghietture , e Je arbitrarie illazioni di Maffei.
Nazario dopo descritta la battaglia , e la vittoria di Torino , ci dà a di-
vedere che in confronto di quella appena più impprtava si parlasse delle
altre: quid ego rtferam post tantum et tam gravem pugnam ( cap . ij)?
Egli parlava al vincitore medesimo ; osserviamo adunque il caso che fa
delle successive pugne e vittorie. ” Il grosso e forte corpo di cavalleria
„ incontrato vicino a Bresea , c rispinto al primo urto credendosi più si-
„ curo nella fuga, che a resistere, ritirossi a Verona, la qual città confi-
„ dando nella molta gente , che lo spavento vi fece rifuggire , volle di-
„ fendere Je sue mura. A tutti i posti Ruricio il più valente capitano vi
,, pose gran numero d’ uomini , ma il più di loro già fiaccati nell’ incon-
„ tro di Brescia contaminavano colla lor codardia tutta la guarnigione.
„ Pur sortiscono temerari gli assediati , ma sono battuti e spenti. Ruricio
„ disperando di salvarsi raccoglie nuova gente , combatte, c disfatto, e
,, muore.
Non si vede egli chiaramente, che dopo la giornata di Torino, festeg-
giando Costantino in Milano, si guardava già per signore d’Italia? Il che
pur si accenna dall’ Anonimo ( cap. 7 ) non transpadana provincia videia-
tur reccpta , sed Roma. Non ignorava Costantino , che Ruricio era accam-
pato sorto Verona , ma bea sapea , che più nulla aveva a temer di lui.
(aa) Maffei nella Verona illustrata pari. 1 pag. 287 e s *££" c i°à Costantino " entri
„ in Susa a forza ét armi , ruppe presso Torino un corpo di cavalleria coperta
„ di ferro , 'e fu ricevuto con fetta a Milano. " Con questo artifizio traportò a
Verona tutto il forte dell' impresa di Costantino , per aver motivo di connettere
a quella 1' orìgine dell' indizione ( tini. pag. 393 ).
1 14
Laonde avrebbe troppo male trascelto la presa di Verona, per farne l’e-
poca della moderata indizione , che si vuol supporre istituita , onde ren-
dere più memorabile quella presa medesima. Attribuendone l’ origine a Co-
stantino , con ragione Noris la fece incominciare a’ 14 di settembre del
3 1 1. Maffei avanzandola al primo di quel mese dello stesso anno , per com-
binarla a suo modo coll’ espugnazion di Verona , si appiglio dunque alla
indizione de’ Greci , 0 sia Costantinapolitana d'assai posteriore alla prima,
e di origine inadattabile a Costantino; ond'egli pare i a contraddizione con
se medesimo. In somma vi ha solamente di certo i.° che l’uso delle in-
dizioni non apparisce innanzi 1 ‘ imperador Costanzo ; 1.® che se comune-
mente elle si fanno cominciare dall’ anno jia, non è perchè vi si abbia
prova niuna di cotal epoca , ma per riconciliar le leggi del codice Teo-
dosiano coi fasti consulari , e con gli storici del quarto e quinto secolo ;
j.° che non v’c traccia della supposta moderata indiiione, o beneficenza,
di cui vuol farsi onore al così detto magno Costantino , e d’ altro canto
non si pub certamente della sua indole supporre quello , che si supporrebbe
di Traiano. Ma quando pur vogliasi quell’ immaginato benefizio presumere,
diciam senza gara , o parzialità , che almeno la memorabile era delle indi-
zioni avrebbe radice e principio nella mentovata conquista dell’ Italia cir-
compadana ; e rientro in cammino.
Dalla stazione suddetta di ad Octavum infino alla superiore già indicata
di ad Pines , termine dell’antico territorio di Torino, nulla più cì rimane
a notare lungo la strada romana. A quell* ultimo termine havvi tra mezzo
la stessa strada, e il fiume di Stura l’estremo nodo della linea di monta-
gne , che separano Valdilanzo da quella di Susa. A questa estremità esse
finiscono scoperte al sud-est, sono alquanto più arse, ed appartengono alla
massa di quelle di Collo S. Gioanni. Giacciono a coteste lor radici , o non
di molto discoste le terre dell’ antico viscontado di Baratonia , tranne Ca-
selette situata un poco più là nell’ angolo presso la Dora , e la strada- ro-
mana , dove si trovano tuttavia parecchi avanzi di antichi marmi letterati.
Il menzionato contiguo viscontado, regione oggidì per lo più selvosa e
boschiva , istituito a’ tempi della contessa Adelaide , o non molto prima
di lei , comincia più là voltando a tramontana , al villaggio di Brione ,
che c Broni , quod est quoddam castrum antiquum dirutum cum quadam
parva villa, come già ne parlava il sopracitato diploma di Guglielmo re
de’ Romani del izjz.
Nell’ undecimo secolo ritroviam nominarsi ad un tempo più visconti di
Baratonia , perchè sempre più multiplicavansi i titoli , e suddivideansi , e
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sminuzzavansi le signorie. Così in una carta di Adelaide del 1075 (ij)
parecchi vi sottoscrivono intitolati vicecomites de Baratonia. Era tutta volt»
in essere nel topo casti um Barratomi z ricordato nella carta Ulciese
CXXXV , indi appresso andò scadendo. Oggidì la terra di Baratonia c ri-
dutta a poche casucce di contadini : era allora quasi nel centro del viseon-
tado esteso a due lati del torrente di Cerronda dalla sua fonte infino ad
un miglio nostro in circa di sopra la sua foce nel fiume di Stura.
I villaggi superiori al capo-luogo oltre a Brione y alliccila ( Varisella )
rammentata nella bolla di Benedetto Vili del 1014 pel monistero di Brente,
e nel diploma di conferma di Arrigo III del 1048 insieme a Vallis Ursa
cum . castro , Monasteriolum , Leocaffum (14). In altri due di Corrado Sa-
lico del toi6 , e di Ottone IV del tuo per lo stesso monistero scrivesl
Leocaffis (25). Non pare che Val Orsa debbasi confondere con Valle Or-
saria ne' monti di Villar Fochiardo posseduta da altri , e poi da' Canusiani
di Monbenedetto in tempo che la qui nominata Val Oria riconfermavasi
a pio dell' abazia di Brente succeduta ne’ diritti di quella di Novalesa. Ri-
mase il nome di Valle alla sua terra principale , e 1 ' anzidetto antico suo
castello alquanto più a ponente le foce probabilmente in appresso mutar il
nome di Val Orsa nel moderno di Val della Torre , dappoiché gli orsi ivi
pur mal sicuri , e ognor più mal agiati risolvettero di trapassare di lì
dell’ alpi. Alla stessa valle confina a tramontana l’immediatamcnte soggiunto
Monasteriolum , che ancora appellasi Monasterolo , cui più di sotto in
verso il fiume di Stura vi seguita Leocaffis, che c visibilmente l'odierno
villaggio detto Le Caffasse. Più in qui» Piano e Rob&somero.
Di sotto Baratonia evvi Cada , che conserva il suo nome. Il marchese
Ardoino V ne fece dono a S. Michel della Chiusa , cui fu poi riconfer-
mato da Arrigo I nel 1014 (*<>)• Le altre terre del viscontado erano Gi-
(33) Ckart. Ulcent. n. XC pag. Sg. Henricm carnei Baratemi t in carta del conte Tom-
maso I appresso Guichenon T. IV pag. 30, e più altri di cotesti vicecooti si
rammemorano nei cartolare di Oulst , come notammo più sopra.
(24) Antiq. Ita!. T. V col. tosi-
(a^) Arneodi» questi diplomi furono pubblicati nel sommario della causa pel feudo
di Poleozo , e la disattenzione consueta in cosi fatte stampe lasciò trascorrere ia
quello del ioaò Vaìlem Urram per Urtati 1, e Liocasis per Leacaffii , la quale scor-
rezione non accadde nella stampa dell’ afuo dei tata.
(a6) Dachery Spici leg. T. Ili pag. j!6.
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,}6
voletto , Santo Egidio , altramente S. Gillio , e Druento , ma non appare
.siasi esteso infino ad Al tessano superiore, oggidì la Veneria reale. Agostin
della Chiesa lo ringrandì oltre misura , fino a comprendervi in esso il te-
ner di Lamie in Valdiviù , perchè nel 1117 Enrico visconte di Baratonia
avea donato allo spedai di s. Iacopo di Stura un bosco in Val di Usselio.
Egli trasse nel suo errore gli editori del cartolare Ulciese, i quali vi ag-
giunsero inoltre Villar Fochiardo , e Bussoleno in Valdisusa, a cagione al-
tresì che la vedova e i figliuoli di un vicecoute di Baratonia possedeano
de’ poderi su que’ due luoghi , e li donarono a S. Lorenzo di Ouh (17).
Argomentando a questo modo verrebbono ad amplificarsi senza fine i li-
miti di qualsivoglia più piccolo distretto. Si c già osservato di sopra ; che
bensì alcuni de' viceconti di Baratonia lo furono un tempo anche di Villar
Fochiardo., ma non si deono confondere i particolari limiti di due distretti,
ancoraché per accidente sicno stati alcuna volta sottomessi ad un medesimo
signore.
Usciti de’ confini di quel viscontado spento già da più secoli , mano a
mano che discendiamo inverso il Po , i fiumi di Dora Riparia e di Stura
si ravvicinano , c vi disboccano in distanza 1’ un 1’ altro incirca di un mi-
glio nostro. In questo stretto intervallo si smarrì perfino il nome di un'an-
tica terra , eh’ esisteva nel sito del vecchio parco , dove altre volte si di-
sotterrarono parecchi antichi monumenti , e si vedeano alcuni avanzi di
portici, non sono ancora molti anni. Ne’ bassi tempi vi rimaneva un forte
castello , nel quale i conti di Savoia , tumultuando le malavvisate Emoni
della città, usavano ripararsi, e di il comprimetle.
(27) Pag. tal ad Ckart. CXXXII.
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>37
CAPO XV,
Pai fiume di Stura insino a ’ confini della marca d' Ivrea
nel piano , indi risalendo alla Valle Amategis , in oggi
' di Lan^o.
Q* di nuovo ci timettiam un tratto su la strada romana. Continuò a
chiamarsi Romta ne* bassi tempi, e Romipeus i peregrini , i quali fre-
quentavanla, strascinando da oltramonti a Roma la loro inquietudine ed
oziosità. Appunto per comodo e ricovero di quelli si fondò pei uno spe-
dale nel 1 1 4 6 lunghesso la stessa via , cui succedette 1’ odierna badia di
S. Iacopo di Stura (i), cosi detta dalla vicinanza di questo fiume, che
mette nel Po alquanto di sopra quella. £' desso il primo de’ fiumi nominati
da Plinio, che derivando dalle alpi mettono in Po (a).' Nella su rn menilo*
nata carta per S. Solutore di Torino del >o)i rammentasi Bulgare fraTe-
getone della campagna di Chieri , e Septimum , ma qui si parla di Borgaro
Torinese a ponente della badia suddetta , e alquanto più discosto da Setti-
mo , che è 1 ’ Ad Septimum lunga l’istessa strada militare da Torino a Pavia.
L’ attuai distanza da Torino a Settimo , dipartendo dalla porta palatina in-
fino al centro di quel luogo è poco più di ; roo trabucchi nostri , che
rappresentano benissimo le sette miglia romane.
L’ Ad Septimum non fu notato dagli antichi itinerari , perchè le tnippe
il trapassavano senza arrestarvi» , ma dal Gerosolimitano ci s‘ indica su
questo cammino dopo Torino mutatio ad Decimum. Cotesta prima stazione
vicn perciò a cadete a 1400 trabucchi dal centro dì Settimo inverso Bran-
dizzo, ovvero intorno ad 800 trabucchi di sopra questo luogo; essendoché
la total distanza da Brandizzo al centro di Settimo è di trabucchi 2150.
Laonde Brandizzo non può rappresentarci la stazione di Decimo , di cui
non vi ha più vestigio , ma il primo probabilmente o nacque , o prese au-
gumento dalle rovine di Decimo stesso. Chiamasi Brandtsum in carta del
1035 , per cui la contessa Berta poco innanzi rimasa vedova del marchese
s
• -\ •• •» «» f"0 • * f"' • c* i‘r .
(l) Cotesto spedale di vagabondi sendo arricchito assai in poco tempo , allettò di-
poi una piccola colonia di menaci Vallombrosani a venirvi ad occopar il rido
de’ peregrini , insinoachè nelle guerre del secolo XI V furono i monaci snidati
anch’ essi , ed atterrato il monistero.
(a) Lib. 3 cap. 16.
lS
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di Torino Odelrico Manfredo »? doni la ter*» parte »! monistero di Fnrt-
tuaria (j) , il qual già n’aTeva ottenuto le altre due.
• Un'altra distrutta vicina terra servì parimente ad accrescere il luogo,
e il tener di Brandizzo , cioè curte Dulfi , altrimenti curie Dui fin , come la
dinomina il conte Otton Guglielmo nella sua carta del tot 9 a prò dello
stesso monistero (4). Di questo villaggio appena se ne fa più menzione
dopo la metà del secolo XIII. L’ imperador Federico II in suo diploma
dei txjK , riconfermi» all’ anzidetto monistero curte Dulfi sivt Brandicii
(j). Nè già confuse questi due luoghi , perche rive è qui particola con-
giuntiva a vece di ef. Dulfo nel 1*0$ formava ancora corpo . da per se y
come appare da una carta del marchese Guglielmo di Monferrato de’ 19
dicembre di quell' anno a prò di un Ottone da Grafagno, il qual intcndea
di fondar un villaggio novello tra Dulfo, e Chivasso ( 6 ). Indi il fiume
dell’ Amatone detto tuttavia Amaknes , ed Amalunet ne’ tempi mezzani
mette nel Po di sotto Braadizzo. Ma questa terra, « sippur l’altra di Dulfo
appartennero alla marca d* Ivrea; perciocché quella di Torino non giugneva
affatto issino all’ Amatone, ma terminava alquanto di sotto a Decimo, e
le due marche eran divise come da una linea , la quale possiam figurarci ,
che spiccandosi dai monti tra Balangero e Corio tramezzi a dilungo la già
vasta selva della Vualda , e finisca al Po tra Decimo, e Brandizzo.
Ne' soptacitati documenti del 1014, e 1014 per la badia di Fluttuarla
vi si seguita a conservar il nome di Vvalda, altramente Gualdo , e Gual-
dus , cioè a dire selva , la qual pur esten deari un tratto di là dell’ Ama-
tone , e tutta quest’ ampia e per lo più incolta e poco coltivabile aridà
campagna , dacché fu svelta , ed arsa in gran parte la selva , che antica-
mente l’ ingombrava , continui a ritenere il nome di V umida, , e dalle
(3) Adelaide inoltrate part. a p. a)).
(4) Nell» Biblioteca Sebusian» di Guichenoa cintar, li mi». XXX: ivi però la stampa
in vece di «erta Dm Ma ha Capilalfia, e piò altre scorrezioni.
(5) Fa archiv. abbatte Fruetuirien.
(6) “ In vesti vit doro. Ottooem de Grafagno de dnobns deaero! per singulum trossellum
,, pamnrem tam infra, quim sursum per i[]am villani, quatti ipse Otto volt ri-
» cere, et edificare in poderio marchiani!, et precipue inter Clavaxium et Dulfum.
,, Et ficut dominiti Viliirlmus de Septimo capii , sic capi»! in «gambi» ipse Otto. „
Cioè a dire gli accorda per anticipazione la ricolti di riscuotere nella villa nuova,
ehc poi non ai fondò , lo stello dritto di pedaggio , come csigevasi dal signor di
Settimo selle ava terra.
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tett*, alle quali confronta , suol distinguersi e suddividersi secondo i notai
di quelle. Una si fatta pratica era già cominciata nell’età di memo, onde
rammentasi in detto diploma dei 1014 Vualda de Altipiano, e altrove
Fualda Lamtaci e c. Egli è notabile, che pur la Vualda si conta fra i doni,
che i re Betengario II, e Adalberto nel 9$ 1 han latto alia chiesa di Ver-
celli, cui furono riconfermati da Ottone Ili nel 999 (7)) ma godette ella
mai di cotesto dono ! può dubitarsene , come di assai alni. Sabito di quà
della suddivisala linea in su i moderni confini delia Vualda di Volpiano,
e di Leynì , ma in territorio di quest’ ultimo luogo nome conservasi di
Tolfa ad una lunga costa , che doveva appartenere all’ ivi scomparso luo-
ghetto di Torfa ricordato nella carta suddetta del 1019, e dipoi chiamato
Turfum , t Tulfum a vicenda in bolla di Gemente IV del ntfj per la
stessa badia di Frattura, allora esistendovi ancor la chiesuola di s. Osi-
stofano de Tulfo.
Ri ascendendo quindi più verso la Stura, per uscir fuori della Vualda
di Leynl, c trapassato Casella (8), parmi doversi in quel torno ricercar
il sito della tetta di Lifiniascum , nel tener della quale il vescovo Regui-
miro sul fine dell’ ottavo secolo cedette ai nuovi canonici del Salvador di
Torino un podere ( tortem in Lift masso ), in un eoi castello di quel luogo,
st captila s. Manritti in eodem castro, donazione riconfermata poi dall’ixÈt-
peradore Arrigo 111 (9). Anche qui il nome del santo soperchiò c fece
perder quello antico del luogo , e non più castello (fi Lifiniasco si appellò
dipoi , ma di S. Maurizia Nell’ undecimo secolo era già in disuso il pri-
mo nome, c si chiama a dirittura Castrum i; Manritti in carta del iojj
citata da Agosti* della Chiesa di un Pietro avvocato della mensa Vescovi!
di Torino, la qual riteneva ancora i beni dipendenti da quel castello, da
cui pigliò nome l'odierno luogo di S. Maurizia Più in su Ctriagum (Ciric)
cosi detto ne’ mentovati diplomi del 999 per la chiesa di Vercelli ( Hugo
de Ciriago ) e del re Ardoino del 1003 , e Ciriacum in tempi più bassi.
Al norte in verso il margine della Vanda Castrum PUtis , ora La Piè e
S. Pier di Lirano. Ma di sopra la vicina terra di Noli assai più sensibil-
mente il terreno va risollevandosi in vesso la bocca di Vachiamo, e v’in-
(7) Amiq. luL T. VI col. 517.
(8) Gii cosi (fetta ia carta «fella contessa Immilla <M 1077. Adtlaid. illutrrtr. ptrt. a
P 1*7'
(9) Antkj. Ita). T. V col. 196. - « . - • - • -
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14 »
comincia quindi il territorio e la valle, che i duchi longobardi nell'inter-
regno dell'anno 584 furono astretti cedere al re de’ Borgognoni per com-
prar la pace , come innanzi gli avean ceduto le grandi valli di Susa e di
Aosta. ValdiJanzo è parallela alla prima, colla qual vi confina e comunica,
e d'altro canto si ravvicina all’ altra per la sommità delle alpi, donde pur
tocca alla Moritna, come innanzi detto è, e si approssima alla Tarantasia,
ambedue antiche province della Borgogna Trasiurana.
F relegarlo si contentò di accennare , che i Longobardi vallem , cui no-
mai Ametegis ( pronunziandosi anco da' Francesi Amatcgis , come si pro-
nunzia , e si scrive da noi ) partibus Guntkramni cassante s , ottennero
la pace (io). Lo stesso ci si narra da Aimoino , da cui pure appellasi valle
jimtttcgis cognomine (1 1). Era cosi detta dal suo allora principal luogo
ancor oggidì chiamato Mathi , propriamente fuor de' monti, che rinserrano
quella valle, ma inverso la sua entrata, e a due scarse miglia da Lanzo,
che è già in monte. Tra questo luogo e Mathi vi ha castrum Berengarii ,
Balangero , e presso la Stura Villannova de' visconti di Balangero ( 1 1). Il
fiume separa questo tratto dal contiguo viscontado di Bararonia. Ancora
ne' secoli X c XI Mathi appellava» Amatis , Mattgis , ed anche Matignm,
e Matiga, come nel sopracitato testamento del vescovo Landolfo , e Ma-
thegasca , e Mathcgaria gran parte della valle , eh’ ora diciatti di Lanzo »
e di Viù. Nella soprallegata carta del ioit per la badia di Sangano si col-j
loca perciò la chiesa di S. Maria de Motiasteriolo in valla Mathegaria ,
cioè il villaggio di Monasterolo in cima della trasversai valletta del tor-
rentello Tesso, che si pèrde nella Stura un poco di sott* Lanzo, alla cui
valle s appartiene. Continuò altresì il nome di vallis de Amatiis , e da.
• .1»
(10) In chran. cap. 45- appresso Duchesne Script. Francie. T. I p. 7' 4. 1 duchi lon-
gobardi furono allora altresì costretti a pagar tributo ai re Franchi; ma se ne li-
berarono innanzi 1 ' anno 650; e non pare che nemmeno la ceduta valle Amattgit
sia ttata lungamente in poter de’ Franchi.
(11) Lib. 4 cap. 7 ibid. T. Ili p. tea.
. (ta) Agostin della. Chiesa crede fondator del castello di Balangero Berengario LI
marchese d’ Ivrea , poi re d‘ Italia ; sia : ma egli si fonda su due grossi errori ,
1.* distendendo infin li, e 1 tutta Valdilanzo la marca d' Ivrta ; a.® supponendo
che questa valle siasi portata in dote a' marchesi di Torino da Berta moglie di
Odelrico Manfredo, e figliuola di Otberto immaginato della famiglia de' marchesi
d' Ivrea. Rispetto a' vicecomi di Balangero cominciano a comparir sul fine del se-
colo XIL Ma pur i viceconti di Baratonia possedettero un tempo la quarta del
castello di Balangero , ed aletta' altra terra di Vildimathi.
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• 4 *
Mathie, o de Matiii ancor nel secolo XIII, sebben in senso assai più ri-
stretto, come in lustramento 19 gennaio tnf tra i figliuoli del conte'
Arduino di Balangero , e Gottofredo conte di Biandrate, e nel sopracitato
diploma dell' imperador Federico II del iij 8 per la badia di Fluttuarla, e
in contratto 1 settembre 1169, col quale i visconti di Baratonia vendet-
tero ad Alberto di s. Giorgio de’ conti di Biandrate la porzion loro del
castello di Balangero collocato con altre terre in valle de Matkiis ristretta'
allora fra Lanzo e Ciriè. >
L'elevata situazione di Lanzo avendo renduto più forte e famoso il suo
castello fabbricato nello scader del dodicesimo secolo, accomunò dipoi il
suo nome a quella valle , tantopiu facilmente , dacché Mathi e le prossime
sue terre venute in potere di novelli signori eransi affatto divise da Lanzo.
Sebben Lancium e Laneienses sien nomi antichissimi di luoghi , e di po-
polazioni, come altrove si notò, nulladimeno non si riscontra ricordata que-
sta terra innanzi il secol dodici. A un miglio più in su Iermaniascum ,
alpis et vallis (lì), Germagnano , e la tenuta sua vallicosa ed alpestra.
Di sopra il villaggio di Traves entrano nel fiume della Stura due torrenti
di' questo istesso nome, i quali scendono da due altre vallate; perciocché
Valdilanzo più sopra dividesi in tre , e sono limitate ciascuna da distinti
rami di montagne , che si spiccano dalla catena delle alpi , cioè a dire il
ramo più settentrionale dalla grande massa dell’lseran, e tre altri da monte
Romuleo ( Rocciamolon ). Il primo di quei rami più vasto c dirotto se-
para Valdilanzo propriamente cosi detta da quella di Ponte e Locana , o
diremo dell'Orco: i due rami intermedi meno prolungati dividono l’uno
Valdilanzo da quella detta di Ala , l’ altro quest’ ultima da V aldiviù , la
quale pei monti suddetti di Collo s. Gioanni, e per la continuata serie dei
medesimi ascendenti infino al Rocciamolon vien pur essa divisa da Valdi-
susa. 1 :
Alla bocca diValdiviù, Vicus (14) a sei miglia nostre di sopra Lanzo,
in sito piano e basso , cui fanno corona bellissimi prati. Questo nome ap-
pellativo fi supporre , che la terra abbia smarrito il proprio , o forse il
primo sia un’ arbitraria versione dell’ altro , perocché già molto innanzi
tróviam altri antichi luoghi delle Gallie col nome stesso di Viù (i;).
(ij) Sopra cinti cirri di concambio del 1054, Antiq. Imi. T. V ecl. 4 ; 8 . •
(14) la detti catti del ioli in Vico tcciesiam ». Martini ite,
(li) Cosi nel testamento di Abone Patrizio dal 7)9 Salititi in Vii in pago Arti t-
tonte. Rtr. Italie. T. U part. a col, 7J0 in Jin.
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M*
D'indi 1 » sua valle ti dilunga ad occidente miino alle basi di Rocciamoloi*
e a mezzodì ne forma una minore , e come un seno laterale , in cui vi
ha Collum saiuti Iohannis della menzionata carta del ioti (16), e n‘è
il principal villaggio , donde scende» in Valdisusa per la via di Rubiana.
La carta sopradetta è ’1 documento più antico, ch’io sappia, da cui s’im-
pari , che nel medio evo il nome di Collum tanto frequente su per le alpi
era sinonimo di giogo e bocca de’ monti. A tramontana nella longitudinaì
vallata di Viù Lamicis Forno di Lamie , e più sopra Lamie , o Letnie ,
come per lo più si pronunzia. Continuando a salire , più impoverisce la
valle. Oltre al suo torrente pur detto Stura, è bagnata da quello, cui tut-
tavia ne’ bassi tempi appellavasi Gara, e Cara, e Chiara più comunemente
in oggi. O ic cluni , e più sopra Uxille , e dalla unione di questi antichi
nomi osservammo altrove (17) risultarvi un manifesto vestigio di quello
de’ GaroctH , a’ quali perciò attribuimmo Vaidilanzo , e la contigua alta
Moriana. Ad Usselio esiste ornai corrosa assai più dalla intemperie , che
dai molti secoli l’ iscrizione postavi da Marco Claudio Marcello il primo
de' Romani , che pervenne a queste bocche delle alpi : onde son questi e
gli altri vicini popoli gli alpini Galli vinti da lui l'anno di Roma 584^
come si accenna dall’ abbreviatele di Livio òA 4 6. L' essersi da Marcello
innalzato ivi quel monumento in memoria di aver superato le alpi , dedi-
candolo ad .Ercole , cui alcuni de’lor gioghi cransi consagrati, per indicar
la fatica , e il travaglio di chi li varcò , ci dà a divedere , eh’ ei trascorse
più là di Usseho , doade per li superiori suoi villaggi .di Margon , e di
Marciussia si sale al monte dell' Altarctco , e di là scendesi alla Veirole
villaggio di Bessans nell’ alta Moriana al aorte di Moncinisio. Tutto cotesto
cammino di quattro ote o poco più c tuttavia frequentato massime nella
state. Un altro più a tramontana parimente vi conduce, provenendo dal
villaggio di Balma il più alto ed ultimo dell’ anzidetta intermedia Val di
(*6) Ivi ” Ecclesiali cancri loannis de Collo cura villslb circuannntibus , qa* sant
„ Ber lasca, Locuidato [ oggi Niquidmt ] Ristucca cuoi omnibus piscuis a tor-
,, reme seu etiam usque ad Collum Luionis , et ex alia parte usque ad Capnm
„ mori Dia, de scendendo usque in Portelli. " I menzionati lunghetti conservino il
ior nome. Il marchese Odelrico Manfredo nel Io) 1 riconfermò alla statai badia
di Strigano Collum >. 1 nonna tic. La parola Collum ia questo senso adottata o ri-
tenuta pur da' Toscani e Francesi , è sfuggita a Ducange , a Carpeotiet , e a que-
gli altri , che fecero delle giunte al gloaaario Urine-barbaro.
{17) Piem. cispad. pag. 38, 39.
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Ah , che è h più stretta , e la meno prolungata. Ha la sua foce , od en-
trata altresì in quella propria di Lan20 inverso il luogo di Cete?. Questa
ultima seguita d' altro canto indi a salire per una direzione , che ognor piò
declina a nordovest. L'ultimo suo villaggio è Forno di Groscavallo appiè
di alta montagna , che lo separa da Val Locina , e lo minaccia co* suoi
massi enormi , che gli pendono sopra quasi staccati dal monte , e pronti
a rovinare al primo impulso. Cotesta sommità della valle n’ è minacciata
tutta. A quattro miglia di sotto furono schiacciate e seppellite m un cogli
abitanti in sull’ entrar del secolo XVIII Cianseia , e Teppe , due luoguc-
ciuoli della terra di Bonzo. Di sopra Forno suddetto surge il precipuo ra-
mo del fiume della Stura. Un tortuoso viottolo ivi pur travalica nella Mo-
riana , e passa un tratto su pe’ diacciai dell’ alpi , che separano le opposte
valli. In su quell' eminente deserto irrigidito dal ghiaccio, e dalle perpetue
nevi si toccano , e si confondono i confini delle marche di Torino e d’ I-
vrea, e que’della Moriana e Tarantasia. Il monte Iseran, le cui basi sono
assai vaste , risollevandosi come in sulle spalle de monti circostanti , chiude
a questo lato non men la Tarantasia , che la parte più vicina della vai la-
terale di Aosta , e divide le Taurine dalle Alpi Graie.
L' antica storia de’ popoli alpini non sembra ella contradetta dalla natura
de' luoghi ? Ma forse la presente condizione delle alpi ci appalesa , clic quei
vasti laghi di ghiaccio aumentarono per una ognor crescente progressione,
e nel corso de" secoli essendo discesi d’ uno in altro de' superiori valloni ,
arrivarono ad occupare, ad isterilire, od a scoscendere , e render quasi in-
accessibili non pochi luoghi altre volte forse abitari , o fruttiferi, o almeno
accessibili. Le nevi , che si accumulano , e si condensano , senzachè la state
possa mai squagliarne tutta la quantità caduta nello inverno, e i precipitosi
torrenti , che solcano , e devastano è monti , e le sottoposte pianure , ol-
tre a ciò le frequenti rovine de’ divelti massi , e delle montagne stesse ,
che paiono ogni dì più invecchiare , ed impoverire , ornai dopo tanti secali
ne hanno in tanti luoghi , e in quelli , che ora sono i più aspri , e diru-
pati , mutato così fattamente 1* aspetto , che da ciò , che sono , non si può
generalmente argomentare ciò, ch’elle furono.
-Strabo ne ( IH. 4 ) parlando delle strade ardue , e strette delle alpi , è
per opera di Augusto fatte meno malagevoli e disastrose , aveva avvertito,
che gli scorrevoli diacciai occupavano soventi volte tutto il cammino, e
giu rovesciavano per le suggette valli , dimodoché assai spesso il ghiaccio
novello soprastava al ghiaccio più annoso , ed il Sole non bastava mai a
disciogliere tutte le vecchie nevi, inaanzichè ve ne fioccassero delle frasche.
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>44
Le rammentate strade alpestri quando distrutte , quando ingombrate dal
ghiaccio trascorsovi , e tuttavolta ristorate da Augusto si deggiono ricer-
care inverso le bocche dell’ alpi , e gli alti gioghi , alcuni de' quali sono
oggidì del tutto ostrutti , ed altri appena accessibili nella state- Tal divenne
in più luoghi difficile e più rara inverso queste sommità la comunicazione
delle confinanti valli di Lanzo , di Moriana , di Tarantasia, dell’Orco, e
di Aosta. Assai gioghi vi ha, pei quali si passa d’una in altra, come da
questa di Lanzo rn quella di Locana o dell’ Orco , quindi per Ceresole ,
ei anche pel ramo di ValSoana nell’altra di Aosta} ma si è alla sommità
stessa della principal catena delle alpi , le quali fasciano Italia, che le op-
poste cime delle menzionate valli si approssimano , ed una volta meno
aspre e dirotte ravvicinavano a così dire molto più le popolazioni loro.
E’ vero che per la natura ed altezza de’ luoglù l’ intensità del freddo , e le
copiose nevi come in sede lor propria vi dominarono in ogni età.
Da coleste cime , e quasi ad uguale distanza dalle opposte sorgenti dei
fiumi dell’ Arco , e della Stura , dell’ Isera , e dèli’ Orco la via più immi-
nente e più prossima ci porta a calar nella contigua e parallela valle dell’
Orco a Cercsole , eh’ c insieme il punto più occidentale della marca d’ I-
vrea , e dell’ Italia medesima a questo lato. Bensì a nordovest dell' Iseran
per la gran valle di Aosta continua a progredire Italia inverso ponente ,
infino a che vien fermata dall’Alpe Graia, o sia dal così detto minor San
Bernardo , il quale poco meno c parallelo a quello della Rota di sopra Bar-
donesca. Nulladimeno non c ancor questo il più occidentale e mcn noto
suo termine , di cui si dirà a suo luogo nella contea di Aosta.
Il Rocciamolon , la cui base si addossa a quella di Moncinisio , forma
un ingombro , che arresta ed accorcia in parte le vallate di Lanzo. Più là
a tramontana 1‘ Iseran in gran parte parallelo a quelli v’ingombra anch’esso
le cime delle valli dell’ alto Canavese. Dal lato opposto le masse grandis-
sime di questi cardini delle alpi o nulla tolgono alle aggiaccati valli tras-
alpine , come il Rocciamolon , o viepiù si aprono lungo quelle , come 1*2-
seran. Quindi le sommità dilla Tarantasia, e massime di Val di Tignes si
avanzano , e prolungatisi vicmaggiormente , e rimangono più accorciate le
«ime delle valli dinominate di Lanzo, donde uscimmo, c di Val d’ Orco,
nella qual discendiamo.
‘J ; ‘ ♦ * ..
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*4f,
DOCUMENTI
I.
*nn, 91%
,, In nomine Domini Dei , et Salvatoris Dostrì Jesu Christì. Htigo
gratta Dei re*. Anno regni ejus Deo propino hic in Italia tertio prtdio
ka.endas marcii indictione seconda. Hxc ecclesia constructa infra Taurinen-
se, n civitatem edificata in honore beati Andree Apostoli , ubi nunc celiata
monachorum esse videtur olita pertinens monasterio sancti Petti , et An-
dree loci Novalicio , quibus nunc domnus Dondiverrus abbas potesse vide-
tur : ego A lalbertus gratta Dei humilis marchio hic in Italia offertor , et
donator ipsius loci predicci dixi , dum fragilis et caduca vita homo adgere
in hoc .eculo dumvivit, et certe loqui poteste ordinet de rebus suis botto
animo , et disp >nat res suas in iudicio , unde optime valeat servire altissi-
mo domino , et intercessione sanctorum requiem eternata po'ssideat , et
pre nta sine fine mansura percipiat ; ideo qui supra ego Adalbertus marchio
dono , et o(F.-ro in sumtu et usu , seu stipendio monachorum , tam qui
nirtc ibidem Deo familiare videntur, quamque illorum, qui prò tempore
monastico abitu Deo serviorint in subjectione ipsius Dondiveiti abb.tis,
ejiisq te successoribus , idest castrarti et villani Gun^tnarum cum corte san-
ai Oalmat i j uri s mei , qui habere visus sum super Sangonc , et citra et
ultra cum omnibus eorum appenderai? , et pertinentiis , et cum casis et
oiatiaritiis , et aidionatycis , qui sunt in ipsis lociis Gunzcnarum , et cortis
sancti Dalmatii , cum reliquis omnibus casis et rebus , sive familiis utrius-
que sexus , omnia et ex omnibus cum sua integritate, tam predictum ca-
strum , villani , cortem , dominium ipsarum , contile , jurisdictionem , to-
loneum cum omnibus casis , et pertinentiis eorundem , tam terris , vintis ,
campis , pratis, pasturò, silvis , stalariis , rivis , rupinis , ac paludibus,
coltis et incolti?, dtvisis et indivisis, una cum finibus et terminibus , ac-
cessibus et accessionibus , et usibus aquarum , aquaiumque ductibus , cum
Omni jure , iacentiis , et pertinentiis earundem rerum per loca et vocabuis
ad ipsum castrimi , villam , cortem , casis , massarìciis pertinentibus , vel
asp : cientibus cum niobilibus et immobilibus rebus sive familiis in integrimi.
Qui autem predictum castrum ,* villam , cortem , contilem , jurisdictionem
o nnimodtm ipsarum rerum cum omni sua integritate , cum casis et familiis
,utriusquc sexus, unacum accessionibus , et ingressoras earuru , seu cum su-
*9
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C rioribus et inferioribui , tufo mobilitili et Immoti lìbul , «re femiliis ha-
a»t in integrum ab hodiema die in sumptu et usu monachorum , czre*
ronimque successoriftn suorum Deo famulantium , facientes quod exinde
dominai dederit , quid voluetint , line mca et hetedum , ac proheredum
meorum contradictione , ita ut non sit eis licentiam ip ai res iminobiles
quovis ingenio alienare, sed imperpetuum menni sit memoriale, ac trugci
ipsas , redditum , censum , contilem , vai jurisdictionem in ipsorum mona-
chorum , suorumque succesiorum usu et sumptu persistant absque mca , et
heredum ac proheredum meorum contradictione , vel repeti none. Insuper
per cultellum fisticum nodatum , vuatonem , et vuasonem terrz , atque ra-
mum arbori] a parte ipsiui monastcni iegitimam facio traditionem r et cor-
poralem vestituram , et me exind* tbris «pulì, et a parte ipsius monasteri!
ipsas res ut supra censum, redditum in sumptu, et usu ipsorum monacho*
rum ad habe aduni rélinquo. Siquisvero, quod futurum non esse credo, si
ego ip>c AJalbertus marchio , quod abiit , aut ullus de heredibus , ac pro-
hcredibus meis, sru quelibet apposita persona, qui contra lune meam of-
fertionis, et donationis cartam ice quandoque tentaverimus, tunc inferamus
parti ipsius ecclesie , et monasterii , vel contra quem exinde litem inruleri-
mus , multa quod est pena auro optimo libratimi quinquagint* , argenti
pondera: centum , sed presens hanc cartam offertionis et donationis mee
diuturni: temporibus firma et inconcussa permaneant prò anima mea, cum
stipulatione subiiixa , et pergamena cum atramentario de terra elevans Jo-
hanni notano domini regi: tradidi , et scribere rogavi , in qua etiam subter
«onfirmans testibus attuli roborandum. Actum in palatio Taurini coram di*
ctQ domino rege confirmaate , et laudante feiicitei.
Signnm manibus Àdalbcni marcliionis qui hanc cartam ofTertiosis fieri
rogavit , et ei relieta est.
Signum manibus Rogerii filii quondam Aldioni , etOdeberti Elii Jaone,
seu Henrici filii quon. Vuaningi vassalli predicò marcliionis, et genere
Francorum.
Signum man. Ermenfredi filii qu. Doldini , et Rubaldi fila q. Anoldi ,
et genere Francorum vassalli predicti marchionis testes.
Signum man. Tebaldi filii quon. item Tebaudi vassallo infrascripti Ro-
gerii testis. _ ,
Raghiardus iudex domai regis rogatus lubscripsi.
Vualpertus iudex dom. regis rogatus subjcripsi.
Ego qui supra Johannes nourius domni regis prò data licentia a nostro
Adalberto comiri , tcriptor huju» cartz offertionis post tradì u compievi et
dedi. „
L’originale esiste ne* R. archivi di Torino. L indizione a qui comincia
Correre dal settembre 918, e poiché ai 17 febbraio 9x9 correva ancora
l’anno terzo di Ugo, il suo regno in Italia «a pertanto «enunciato di
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«irta , od ia aprile del 91*. Va suo diplomi dei 9*9 a prò del vescovo
£ Parma ci si recò di Ughelli ( Ital. sacra T. 1 ) dato in Paria IY idus
ma i ann. incarrt. 919 regni vero D. t/gonis //// , cui Muratori ( Annoi,
et hai. sotto l’ istesso anno ) inclina a credere si abbia a leggete III , per-
di' egli couietturava , che il regno di Ugo avesse avuto principio sul ria
di maggio , o in giugno.
Qui veggiatn pure adoprarsi dal notaio la parola infrascrifti per sopra-
scritto, poiché l'ultimo testimonio dicesi vassallo infretscripti Roger ti #
quando Ruggieri avea segnato il primo tra i testimoni.
I I.
ann. io 16.
m „ In nomine sanctj? et individua Trinitatis. Conradus divina largiente
clementia Rex. Omnibus Dei dispcnsatione regni nostri idcirco dominio
prxsumus , ut commissorum aobis omnium , imo vero rideiium prxvilea-
tiurn , atque servituti nostrx prxmultis aiiis obsequi volentium petitiombus,
ratisque votis dementer , et exaudìbiliter annuamus , atque faveamus; ubi
eos in precum eorum effectibus exhilaraverimus , eos aliosque devotioni
nostrx paratiores efficimus. Proinde igitur omnium Dei , nostrorumque fi-
delium prxsentium , atque futurorum notitia pateat, quod fidelis nostri U-
gonis cancellarli interventu, ridelissimo nostro Bosoni , scu Vuidoni fratribus
Arduini marchionis riliis concedimus, et per hujus confirmationis nostrx
prxceptum conhrmanius omnes cjus res , et proprietates , quas sibi tam
h .ereditaria successione , quam iusta aquisitione , quasque etiam in poste-
rum legaliter est adquisitnrus sibi, et post se hxredibus suis in perpetuum
roboramus , castcllum videiicct Seuxia , et domum qux est in Taurino ,
et quidquiJ habers iuste debet in territoriis ejus , et tertiam panern Avi-
Lana , Matiengum quoque et Puleheradam , et Sambueium , Virlam , et
Mu .mascum , b'icum etiam Godami , et tertiam partem Rt velli , Circina-
icum , Ma^edellum , Barigas , et Vilìamnovam , Caramagnam cum omni-
bus ibi sibi iure penine ntibus, tertiam insupcr partem de Romaneso ,
Ploutium , et tertiam partem de Mali ano , Far%Vanum t Ubaniejn , et me-
dietatem Sina , et domum in Astis .cum pertinestiis , qux ibi sibi fori*
artinent , Miradolum , et tertiam partem de Sanato StcphariOj Colhanum ,
Fabrieas , Rocham , Palantum , et Castane , montem Aureìum , et medie-
tatem ad Benevellum , Cerretum , et Argude/um , Ltucum et Aibaretum,
Roveiam , Bo{egam , et Ca'exum , et medietatem de Carniano , omnia
* Ricavato dagli archivi suddetti.
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postremo qui pradicttit pater cjus iurte tenuhse visus est. to' sibi ordine
confirmamus, ut nullus archiepiscopus, episcopus , marchio, Comes, vel
aliqua regni nostri persona priscriptum Bosonem , suosque harredes de prx-
dictis rebus disvestire, vel molestare prsesumat. Si quii igitur huic nostre
sanctioni adversari temptaverit , auri hbras mille se compositurum noverit ,
dimidium Camera nostri , et dimidium sarpe dicto Bosoni , suisque haeie-
dibus post se ad eorum successionem venienribus. Quod ut verìus creda tur,
et diligentius observetur, manu propria roboratum, sigilli nostri reddunut
imagi ne figuratum.
Signum domini Conradi victoriosissimi regis.
Hugo cancellarius vice domini Aribonis archiepiscopi , et archicai*
celiarli recognovi. M
III.
ann. 1037.
In nomine etc. * ( Landulfus ) imperfecta prscedentium eplscopontra
Opera adgressus consumavit. Turrìm et castrum in Quarto altioribus muris,
et meliori opere consumavit. Ecclcsiam vero in honore sanctx Dei gcne-
tricis M iri* non procul ab eodem castro pulchro et celerimo opere fieri
iussit, eamque clericis , signis, cxterlsque cultibus, sacrisque omatibus de-
coravìt. Duo quoque castella in eodem Cariense territorio Mnconadum ,
atque Tifatatm fossatis , et muris digno celeriquc opere cepit atque com-
plsvit. Castrum denique Testone muris circuir, turrim vero, ecclesiamque
altius extulit, ubi quoque in plano ecclesiam in honore sanctx Dei geni-
tricis semperque virginia Marii cum daustro, omnibusque officinis cano-
nicis debiti; extruxit. Quibus consumar» XXUII canonicos ibidem ordina-
vit , quorum usibus et necessitatibus sufficienter de suo indominicato in
decimts, titulis, capelli*, seu maniis largitus est. Castrum prxterca in Ripa
A'bn a fundo fossatis atque muris , simul ac ecclesiam cepit, atque com-
plevit. Item et in corte Sancti Raphael is castrum monte, et muris firmis-
simum, et in corte Matiga ecclesiam in honore sancti Johannis. Taurini
siquidem mattiti) totius episcopii ecclesiam digno opere, et mira celeritate
ab imis erexit, atque perfecit, ibique omnibus rite perfcctis, octo presbhi-
teros ordinavit. Quin etiam castrum in VuHice cum ecclesia in honore
sancti Laurent» , et plcbem extra idem castellum in honore s. Dei genit.
* Giroldi nelle note all» nana di Torino Uh. f T. 1 p»g 49* • * d91 riportò il
principio, e il finimento di questa carta, e v’ intralasciò la parte più imporrante
qui riferita , e cavata dall" origliale esistente nell’ «rchivio del R. economato in-
sieme a un transunto fiutane nel «§07, 1' una e 1’ altra assai malconci.
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Mari* prafatus pontifox voti* suflficiens cepit , atque Deo annuente com-
plevit. Castrum cum turnbus duabus ac ecclesiam in Erpeascho cum magno
labore fossa tis et muri: crepa et consumavi^ Postremo autem iustissminm
esse definivit monasteriuaa fieri in villa , qux Caturro dicitur , qi atcnus
ibidem omnì tempore die noctuque non deficerent orationes pio pace , et
prò statu et reparatione totius episcopati , prò imperatore , et imperatrice,
prò animabus et salute omnium fideliuni tam vivorum , quarnque et dcfim-
ctorum , prò se suorumque prxdecessorum , atque successoruni , scu pa-
rentum suorum animabus , cui contulit plebem in valle Pineriasca cum
dote , mansis , titulis , tetris , decimis , omnibusque ad eara pertincntibus
ab introitu vallis usque ad summum verticem montis , et usque ad decli-
vium Colli qui ab incolis Losanis dicitur , et usque ad aquain , qux de*
curcit in vallem. Addidir etiam przfato monasterio curticellam unam inter
Circinascum , et Scdtngam , qu* ab incolis Gorrtta dieitur , et mansot
tres , unum in Circinasco , duos vero in Castignola. In Suavis autem ec-
clesiam in honore sancti Stephani , et s. Johannis coni omni dote ad eam
pertinente , et quartam partem cunctarum decimarum , titulos quoque tres
in eadem villa , unum in honore s. Vincenti! , alium in honore s. Mari*
gim tncis Domini , tertium pari ter in honore ejusdem sancì* et internerai*
virginis Mari* Dei gcnitricis } et curticellam unam in eodem territorio
Su ivis. In PoUnghana ecclesiam unam in honore s. Nicolai confessori*
Christi cum omni dote decem scilicet iugiis. In Campilionr ecclesiam unam
in honore s. Mari* cum omni dote et quarta parte omnium dccin.arum ,
et ecclesiam unam in honore s. Andre* apostili Christi. In Romanisis ec-
clesiam unam in honore s. Joannis Baptist*. Omnibus igitur , qux prxmi-
simus , prxdicto monasterio benigne conlatis , Johamem monachum pru-
dentia et sanctitate celeberrimum eidem prxfecit monasterio etc. „
I V.
)
Inserisco questa nota fra i documenti, perchè non vi ha intorno a'mar-
tiri di Oulx altro fatto , che possa dirsi istorico fiior del seguente. Sia con
loro pace , se vo a sloggiarli del paradiso , dove si sono intrusi , perocché
le favole disonorano la religione, e deturpano l'istoria.
Venne a Susa nel torj un vagabondo truffatore, al cui odorato finissi-
mo si arrogava la singoiar facolta d'investigare e discoprir le ossa dc'santi
lontane le miglia, o anche ben ben sotterra. Ritrovando costui il suo prò
a servir da can bracco in cotesto divote caccio , invitato andò fiutando
ne’ dintorni della citta, finche s’imbattè in uno' scheletro da lui medesimo
ripostovi di soppiatto , e pel cadavere di s. Giusto il dichiarò.
L’ istorico Rodolfo Glabro ( Ut. 4 cap. 1 ) testimonio di veduta ne rise,
e secolui ne risero alcuni religiosi uomini di quella città. Glabro is tesso
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•aje
tentò disingannar il popolo , gli ricordò , che Citato eri morto a Beaw-
Vais in Francia , e gli s‘ era spiccata la testa , e trasportata ad Auxerre »
e che all' incontro era intero il ritrovato scheletro. Ma ii popolo s’ inca-
ponì viepiù nel suo inganno ( iniustum prò iusto venerar! s in suo perman-
si t errore ).
la mezzo a quella universale > dirò cosi , moral epidemia , in cui i pre-
stigi delle superstizioni accendevano quasi tutte le cervella , io inclino a
scusare cotesto popolar delirio. Vuo’ io estendere la scusa medesima infino
a coloro , i quali ancor pensando come allora il popolo di Susa , hanno
preteso riconciliar Rodolfi) Glabra coll’ annasatore suddetto, e ci confor-
tano a credere, che il ». Giusto di quest'ultimo fosse diverso dal s. Giusta
di Bcauvais *; il die non si piò loro contrastare.
A misura che l’ annasatore fiutava quelle ossa , raffermando eh’ erano
desse , il popolo applaudiva , e Iacea le maraviglie. Trasportaronsi pompo-
samente nella città , si collocarono nella basilica della Trinità , e de' santi
Apostoli , e indi a poco gli Apostoli, e la Trinità buono cacciati dal no-
vello Santo.
In meno di quattro anni fu innalzato ed arricchito da Odetrico Man-
fredo marchese di Torino il moni stero di s. Giusto di S usa , come appare
dalla piò volte citata carta del tozp. Rimaneva a determinarsi la patria,
la condizione , il luogo e il tempo del martirio , le sue circostanze , e i
meriti Jet nuovo santo , per appagare , e fomentar la pietà. Su l' ignoranza,
in cui erari di tutto ciò , un prete Giraldo fondò le sue speculazioni di
stabilire in Oulx una congregazion di canonici. 11 nome del luogo già da
un pezzo trasmutato in Martire , o Martiri gliene fe‘ certo nascer 1‘ idea ,
ed era troppo acconcio a favorirne 1‘ eseguimento. Quindi incomincia la
leggenda de’ martiri Ulciesi , nella quale come in rune le ahre cosi fatte
leggende la finzione non Ita certamente il poetico spirito dell' antica mito-
logia.
Prete Giraldo annonzìò di aver veduto in Oulx non piò vedute meravi-
glie , e prodigi non piò intesi | solleticò , aizzò la stupida ammirazione , e
la divora «renosità del popolo , poi alla maniera de’ tragici , che introdu-
<to&3 un nume a sciogliere il nodo dell'azione, ei vi fece intervenire U
divina rivelazione, la quale avergli manifestato , che il nuovo s. Giusto
era stato ucciso appunto in Oulx insieme a moltissimi altri martiri , dei
- * Gli tali tari rial cartolare di Onta , Tenta") pari. a cip. tj , « altri.
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*!»
qnati ¥ impronta , • h m «moria «rasi conservar* nel soma netto di quel
luogo. Cuniberto a que' di vescovo di Torino , amico e protettore di prece
Giraldo divenne poi il banditore delle tua visioni (a). A misura clic quest»
si divulgavano e propagavate , multiplicavan le donazioni , e cresceano le
mura della canonica di Oulx , meglio che al suono della cetra di Anfiona
altre volte le mura di Tebe.
Quando la docile credulità fu persuasa , piota Giraldo abbandonò la pre-
posi tura di Oulx, e fu fatto vescovo di Sisteron. Dipoi egli medesimo, od
altri racconciarono la rivelata istoria , della «piale il cronista della Nova-
lesa ce ne diede sippur un cenno (è).
I Longobardi ancora pagani invasero la valle di Su «a , devastarono il
monistero di Novalesa , ed eransi proposto di martirizzarne i monaci.
Questi per lo contrario cercando a tutta forza di scampar dal martirio , .
come dal malanno , rifuggirono nel monistero di Oulx. 1 Longobardi li
raggiunsero , e ad ogni modo vollero martirizzargli insieme ai buoni popo-
lani Ulcicsi ricoverati» net monistero medesimo. La strage fu grande non
meno che la confosion de' cadaveri ; pur si cacciò non si sa da chi , nè
perchè , sé come sotto la testa di due soli di tanti svenati e monaci e
laici un epitaffio , che servì poscia a farli conoscere per que' martiri , che
erano. Si smarrì disgraziatamente 1’ uno degli epitaffi , ma pur ri seppe in-
dovinar il nome di Flaviano, e con tutto ciò il poverello rimase inono-
rata Altrettanto sarebbe accaduto al martire Giusto ad onta dell'epitaffio
suo , se non era di quel tristo dell' annasatore , al cui sottilissimo odorato
aon potè nascondersi.
1 nostri avi , i quali non usavano misurar la credibilità di cotesti pro-
digi col debole criterio de’ profani , credettero senza sospetto niuno questa
coti fotta storietta , e non ebbero la malizia di riflettere , che i Longo-
bardi non eran pagani , non avean gusto nè pel martirio , nè per martirio-
zar altrui , e si guardavano da non ficcarsi in Valdisusa , dacché i‘ avean
ceduta al re de' Borgognoni insin dell' anno $ 76 , e tanto meno poteano
devastar de’ monisteri , e sgozzar de' monaci , ~i quali non esisteano ancora
ne in Novalesa , nè in Oulx.
Ma il celebre Mabillon troppo offeso da un sì grossolano anacronismo
cambiò i Longobardi ne' Saracini , non perchè li credesse migliori , ma
(a) Oi»rt»r. Ulcier.. n. XXIV , e CCXXVI.
c (*) Chroo. Noralic. lià. a c,p. 14.
perche l' i stesso cronista Novalesiano riferisce • tutf* altro proposito , cito
i Saracini nel 906 diedero il sacco al monistero di Novalesa , e vi marti-
rizzarono i monaci. Eglino però eransi per tempo messi in salvo in Santo
Andrea di Torino con tutti i loro tesori, de* quali veramente se ne fece
poscia il guasto, che maggiore non l'avrian fatto i Saracini medesimi.
Non iscoraggito Mabiilon neppur da questa contraddizione , poiché nel
poé almeno v‘ erano rimasi in Novalesa due vecchi fraticelli a guardia del
monistero stati poscia rubati ed uccisi da' custodi delle mandre di quello,
siccome dall’ istesso cronista si afferma (IH. 4 cap. 18), pensò di cambiar
il luogo della scena , come avea cambiato il tempo dell’ azione. Egli per-
ciò , e sulle sue tracce gli editori del cartolare (Jlciese , ed altri dipoi in-
titolarono Flaviano e Giusto i due innominati fraticelli rimasti a guardia
del monistero di Novalesa, ed in vece di lasciarli vilmente morire per
mano de’ pecorai, li fecero viaggiar un tratto su per le alpi, onde più di-
gnitosamente morissero per man de* Saracini.
Allo avvicinarsi di questi inverso Novalesa , i due vecchietti scappano ,
trottano salterellando su e giù attraverso delle montagne , giungono ad
Oulx, si chiudono maravigliosamente nel monistero, «he ancora non c'era,
e seco loro vanno a chiudervi» gli Ulciesi istessi per la medesima bramo-
sia di vivere. I Saracini arrivano , imperversano , sgangherano , rompono
porte e mura , sgozzano , stramazzano , martirizzano monaci , e popolo.
Adonta di cotanto arbitrario cambiamento di persone, di luogo, di tempo,
si vuol che sia questa appunto la divina rivelazioni di prete Giraldo.
Sia : ma nò monistero , nò verun’ altra congregazion religiosa vi fù in
Oulx innanzi la metà dell’ undecimo secolo. Però in giazia de' martiri Ul-
ciesi almeno ci si vuol far credere , che i Saracini fossero più ghiotti di
sangue monacale , che di ricchezze , nò altramente se non per cotesta ma-
ledetta loro ghiottoneria si potevano indurre a pigliarsi la fatica d’ inseguir
infino là i due vecchi fraticelli.
Ora lasciam che si scapricci l’ istoriografo de’ canonici regolari Penotto,
e dietro lui il nostro Francesco Agostin della Chiesa a far di s Giusto un
canonico regolare di Oulx. La carità di Mabiilon per non perdere un mar-
tire del suo ordine , ha già corretto questo loro anacronismo , essendo
certo, che il preteso s. Giusto incominciò a venerarsi in Susa insino del
1015, ed i canonici regolari di Oulx non incominciarono se non dopo il
tojo , o più tardi.
Sembrami però strano , che nessuno almen de" moderni dotti propugna-
tori de’ martiri Ulciesi abbia saputa veder ciò , che per altro vederi chiara
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■ella sopracitata carta del di Cuniberto vescovo di Torino, cioè a
dire che ia rivelazione e le visoni di prete Giraldo , e tutta la storiella
de* mentovati martiri furono il pretesto , per invogliar le genti , e a tale
zimbello tirar gli animi rozzi a contribuire alla fondazione della canonica
di Oulx , affinché questa servisse di sollievo , e di soccorso non meno a
qua* pochi e poveri abitanti, ma principalmente a* viaggiatori nell'asprezza
di quelle montagne , o come si dice nella carta suddetta viatorum immensa
necessitati. Saria stato allora troppo difficile il far questo bene agli uomini
senza ingannarli co* deliri della superstizione. Il vescovo Cuniberto seppe
adunque profittar degli errori del suo secolo per far questo bene alla so-
cietà. Egli era prudente ed instrutto , e inclinò alcun poco al partito di
Arrigo IV coatta le esagerate pretensioni di Gregorio VII.
Ma quello che di qui si ricava al proposito mio , si è che nell* undeci-
mo secolo continuavasi adunque a frequentar tuttavia l’antica e meno mal-
agevole strada per Monginevra a preferenza di quella per Moncinisio, che
in appresso le convenienze de* duchi di Savoia , e il traffico con la città
di Lione seppero farla preferire.
V.
ann. 1197.
,, In nomine etc. Ego Thomas comes Mauriannx, et marchio Itali*
aouim facio omnibus tam przscntibus quam futuris quod fratres Cartu ien-
sis ordinis , qui cum in loco , qui Loia dicitur , noviter babitare capis-
scuc , et tumultuai sccularium hominum ferre non possent , desiderio ar-
ctioris solitudini; postulavcrunt a me Val lem Orseriam , et Montem Bcnc-
d.ctum a summitate rupium , sicut dividitur ccmitatus meus a Gratiancpo-
litano comitatu , et sicut rivus dividit montem de Mathiis , et de Mcnous
descendit , a summitate ipsarum rupium usque ad campos de Menous , et
u;que ad rivum de Lacerys , deinde sicut descendit ipse rivus a summitate
rupium prxdictarum , deinde sicut dividitur comitatus meus a comitatu
Gratianopolitano , et per seitam ipsarum rupium. Hoc totum sicut ipsi po-
stulaverunt , donavi eis, et dono in perpetuum prò salute animi me* , et
antecessorum meorum , cum omnibus appenditiis prxdictorum locorum ,
salvo tamen iure hominum , qui suas ibidem cui tu ras fecerunt. Dono etiam
a calo usque in abissino omne dominium meum , et usagia mea, et omnia
iura mea, et iustitias, quas ibidem habebam , cum omnibus qui ibidem
aquirere poterint in pascuis , in alpibus , in aquarum decursibus , in cultis
et incultìs. Prxcipiendo etiam , quod nullus omnino de citerò aliquid ia
locis prxdictis aquirere audeat.
ae
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Actum est hoc apud Rlvaltam in claustro anno dominic* incimationis
millesimo centesimo nonagesimoseptimo , quarto kal. iunii indictione quin-
decima, datum per manus Mauricii notaxii in manibus fratns Teoricii. Te-
stcs sunt fr. Bernal Jus , fr. Umbertus , Albertus capellanus comitis , Aymo
de ... • Amcdeus et Uinbertus de Villetta, Amcdeus de Pellione , et
Petrus de Brianzoli etc. ,,
Altre assai donazioni furono fatte dipoi domai de Cardusea montis Be-
nedicti , cui addi n febbraio ixoj Enrico viceconte di Baratonia cedette
e/n/te iut quod ipse habitat in Banda rum pertmentiis suis a ponte Gra-
dii etc.. Banda tra Bussoleno e Villarfochiardo , ivi poi si trasportò il mo-
neterò , donde mano a mano che i monaci si adirne, ticarono , fii traslo-
cato ad Avigliana, e finalmente a Collegna Ma nel ixjj a' io novembre
Amedeo IV di Savoia specialmente concedette loro,” et confirmavit vallem
,, Orseriam , territorium de Losa , alpem Decivina ... et in montanis Or-
„ gevalis a rivo Menovis usque in finibus Cavriorum. ,,
Finche i monaci si tennero nella valle degli orsi , vollero almeno parte-
cipar alla caccia di quelli, e poiché i signorotti di Villarfochiardo voiean
tutta per loro cotcsta delizia, vennero a trattato addi jo gennaio del 1307
„ occasione quarti, seu quarterii cujusdam ursi capti in montanea montis
Benedicti , et etiam aliarum quartarum ursorum capiendorum in postc-
” rum in dieta montanea .... Convenerunt quod quarta seu quarta: urso-
„ rum , capriolorum , camussiorum , aprorum , vel quorumque grossorum
„ animalium silvestrium ubicumque capiantur, seu detineantur in monta-
„ nea , seu in montibus Montis Benedicti a quibuscumque personis, per-
„ ònere debeant dictis dominis ; hoc salvo , quod si contingerct in dictis
,, montibus dicti monasterii aliquam de pratdictis bestiis capi per conveisos,
„ seu per fàmiliam dicti monasterii , tota bestia penai dicto monasteri©
debeat remanere.... item venationes scuriolorum, leporum, seu parvo-
rum animalium quorumeumque pacifico et quiete remaneant sicut prius
„ monasterio proedicta „
Ma da un pezzo le famiglie degli orsi, de' cinghiali , e di altre bestie
feroci emigrarono tutte di là dell' alpi.
V I.
«un. ioi£
,, In nomine D. Dei etc. Henricus grafia Dei imperator augustus anno
imperii cjus Deo propitio tertio , mense iunii indictione quartadecmi» ,
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monasterio saneti Petti qui dicitur Vetere constructum ...... tata * ubi nunc
domna abbatissa ordinata esse videtur : ego Oddo marchio filìus quondam
Magenfredi itemque marcliio, qui professo sum ex natione mca icge vi-
yere salicha, ofL-rtor et donator ipsius monastero s. Petti diri quisquis in
sanctis etc. dono et offero a presenti die prò animar me* mercede it sunt
massaricias auatuor juris raei , quas habere viso sum in loco et fendo Ri-
vaha , quod rectas et laboratas sunt per Vuindgerio etc. Si qui* contri
anc chartam offercionis et donationis ire temptaverit, poma se compositu-
xuin sciat auro optimo oncias triginta . argenti ponderar sexaginta etc.
A^tum in loco Cario intuì canonica et ecclesia sanct* Dei genitrici*
Mari* etc. M
La pena minacciata contro a chi osasse contravenire a questo atto , in*
dica giurisdizione,, nel luogo singolarmente, in cui vi si minaccia, e i*
quello dove i beni donati sono posti.
VII.
tnn. jjj .
„ In nomine etc. Berengarius, et Adalbertus filius ejus grati* Dei regi-
bus, anno regni corum Deo propicio quinto, mense junius , indictione
tertiadecima etc. Donnus Beiegriinus abbas monasteri s. Petti qui dicitur
Novalicio . . . et inter Lambertum missus Donnus Amalricus episcopi) Tau-
rinensi! clericus , qui est habitator in villa Tcstona , qui professus est ex
Bacione sua lege vivere salica , ut in Dei nomine debeant diri , sicut •
presenti dederunt , atque tradiderunt , scilicet unus alteri vicissim in com-
mutationis nomine ; in primis dedit ipse domnus Eeregrimus abba eidem
Lamberto causa comutationis , hoc sunt petias dtias de terra una de vinea,
et alia de campo iuris s. Pctri monasterio Novalicio , quas habere visus
est iu villa, vel fine Cariano ** prima petia de terra, quod est vinca,
coheret uno lado , et uno cavo terra s. Joanni , de alio lido et alio cavo
via etc. Recepit ipse Donnus Beregrimus abba a parte suo monasterio s.
Petri qui dicitur Novalicio , petias duas de terra etc. juris eìdem Lamberti,
quas habere visus est in Mdntus vel fine Cariano etc. Accesserunt super
ipsas vineas et campis in prjnominatas locas Cariano et ad pnviderdim ,
id sunt Gisemondo filio quondam ... de Novellai misso dominorum regi-
* Si hi da supplire in Tannarmi coìtati ■ il disccntra monili ero appartenevi alle
monache di poi traslocate in quello di Santa Croce.
** Iti questo nome la Intera a pare una «, cerne pur ivi in «l-re rimili lettere,
ma Cariano non è nome di lutgo. fi renio da Carni» (Chiari) fece Cariata,
per dir luogo, e territorio (/•») di Cbicrt,
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bus, et vistus D. Beregrìmus abba, un* insimul idoneis omnis, «t eati-
tnatores , id sunt RodoUno , et Dundo de vico Mac tioru , et Sabatino de
Pedenas. Actura in fine Cariano felicitar.
Ego Beregrìmus Abba etc.
Signum manibus Sabadino de Pedenas , Rotarii de Cambiami , Gissi*
perto de Pedenas , Veutmarc de Palano , Liuterdo , et Lamberto de
Tcstona , et Staialberto qui dicitur Grosso de CtUaì etc. Ego Garibaldi»
nQtariui et judex D. D. Regibus etc. »,
Vili.
ann, lift.
„ Anno ab inearnatione D. N. Jesu Cbristi millesimo centesimo trige-
simo primo , decimo kal. septembris , indictione nona , prxsentìa bonorum
bominum , quorum nomina subtus leguntur. D. Amedeus cornei Taurinen-
sis filius quondam Humberti item comitis per cartulam, quam sua tenebat
manu investivit D. Guillielmum abbatem monasteri sancii Solutoris de o-
mnibus rebus illis, qtias antecessores sui fecerunr donum ad s. Solutorctn
prò animabus suis , nominative in loco , qui dicitur Covaces , et in Javenn ,
et in loco Cullano , et in montanis ubi dicitur ad Collum sorteti Joanms,
in quibus iocis ipse abbas aliquod acquisitimi fecit , et sui antecessores in
possessione aliquo tempore fiierunt , ut amodo in antea monachi ipsius mo-
nastero semper quiete et pacifico illa omnia teneant, et sine contradictione,
invasione , vel repctitione , atque molestia ad utilitatem suam et suorum
possideant ibi in eodem loco, confirmavit , et lauda vi t , et fidem fecit de
omnibus invasionibus , et superprensionibus , qua- in pnrfatis quatuor locit
ab aliquo suo hominc, vicecomite, gastaldione , vel aliquo mini.tto in
aliquo tempore faetsr fiierunt , et ne deinceps fiat , oontestatus est , et ne
amplius fiat , prohibuit. Hoc totum fecit D. Amedeus comes prò anima
sua etc. Si quis veto hoc donum , et confi r ma tìonem sicut sopra dictum
est , de estero aliquo ingenio corruperit vel violaverit , debet ipse com-
ponete nomine ptrne libras centum pictaviensium , si non emendaverit ,
vel emendare non fecerit factum. Est hoc actum in civitate Taurini in
domo Joaonis Beldorì feliciter.
Signum manus suptascripti D. Amedei comitis qui hanc cartam fieri
rogavit ut supra. _ v
Signum Hantici vicecomitis qui banc cartam vidit et firmavit.
Signum manuum Robetti comitis de Castellaruont , Alberti , et Hu*
berti iudicum , Anseimi Vinatermi , Petri de Revin , Gandulphi , Aymo-
nis Betaldi , Joannis Baderi , Petri Bugini , atque Falconis qui interfue-
runt tcstes. _ # .
Ego Ami cui no uri us isterilii , et hanc cartam tradavi, et acripn. „
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rx.
*17
ann, 1149 .
„ Iq nomine Dei Jesu Christi. Breve recordationis de conrentione fàcta
ìnter Taurinenses cives f et D. Robaldum de Ripalta. Convenerunt siqui-
dem ad invicem hoc modo: iuravit Robaldus Tauriaensibus habitare Tau-
ri num per pacem tertiam partem anni , per gucrram assidue , except» per
guerram comitts , nisi remaneret per eonsules. Iuravit eis se bona fide sai-
vaturum personas Taurinensium , et omnes possessiones , iuraque eorum ,
quz modo teneut > et quz amiserunt , ad recuperandum dare adiutorium.
Prxterea iuravit , quod quando Taurinenses guerram làcere volcnt , secun-
dum suum posse , et suis expensis se guerram facturum , ut de Ripalta et
Trana, et de suo posse omnibus personis, salva iustitia Gualfredi , et suo-
rum propinquonim Gullielmi , Vualfredi , et Amedei de co quod habent
in Trana, et inde picem , finern , seu treuvam , seu vuerram derelictam
facere non debet sine voluntate et consilio eonun (Taurinensium) et quo-
ties eam inceperint , itidem facturum. Et e converso iuraverunt Taurinenses
Robaldo se bona fide salvaturos omnes possessiones , et ejus iuta qux modo
tenet , et quz ainisit , ad recuperandum adiutores , salvis sacramentis , quz
fecerunt episcopo in Ripolis, et earum fine, et salvis sacramentis Asten-
aium , et Vercellensium , excepto quod si ipsi super Robaldum ire vellent
aine offensa , quam eis faccret , vel quum offensam emendare vellet prò
posse, eum adì u vare debent propter hoc quod Robaldus fecit Tauiiuen ibus.
Deierunt sibi Taurinenses decem libras in una domo, et terram quam Con-
dinus tenebat in terri.orio Taurini. Prxterea dedenint ei ir C/usa Taurinensi,
si h.sbtrent vuerram cum comite , tantum quanrum Gualfredus ibi habef ,
ex quo vuerra ìncocpta foret , donec pace pétfruereiur. Per pacem dederunt
ei nummum unum , et aliud prò unoquoque trossello , et hoc iure feuoi ,
et ipse fiielitatem eis facerc debet. Et hoc totum quod action est, ab una-
que parte bona fide factum est , salva fideli tate imperatoris. Interea si di-
scordi* inter eos oriuntur , consilio abbatis s. Solutoris Gaffredi , et unius
ex consnlibusTaurinensibus bona fide in quadraginta dies finicntur, nec ideo
conrn conventio imta fiat. Anno Dominici: incar. MCXL 1 X primo d'e
kal. julii irdict. XII. Hic interfiierunt prodieri Robaldus , Gaufredus , et
Rogerius frater, et Taurinenses eonsules AnsaJdus Tibentarius , Urius 7 ucca,
Taurinus Ruffus etc. Ego Rogerius notarius interfui, et hoc breve scripsi.,,
Federigo I col sopracitato diploma del 1 1 f 9 per accrescere de’ rivali al
conte di Savoia , concedette a Carlo vescovo di Torino anche ciò , che
non era in suo potere , cioè " districtum civiratis Taurnensis , et omnia
„ quz voeata sunt publica , fiscalia , et comitalia , vel vicecomitalia , quz
„ intus et extra civitatem continentur per circuitum millìariis decem ; ” ma
> cittadini eran più foni del vescovo , ac soffexirono di sottomettersegli.
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■ s%
Niuna pariicolar menzione fecero di lui in una carta di concordia Vili HaL
decetnbris indie t. IX ann. MCLXXVI , per la quale ” cives Taurinense! ,
,, et mclchiones de Romaniano iuraverunt sub bona fide iuvare , et salvare,
„ et custodire unus alium , personas , et omnes suas iusticìas , et bonos
„ usus contra omnes homincs , excepto D. imperatore , et ejus miss» , et
,, exceptis aliis dominìs , quos habent , et excepto comite de Sabaudia , a
,, suis missis , et excepto cornice Oberto de filandrate de omnibus de Che-
„ rio etc.
Federigo non guardava perciò questa città per nemica, onde nel 1174
niun danno le fece venendo di Susa , e non già perchè il conte di Savoia
avesse promesso di unirscgli con poderose forqe , come Giulini s'ideò (Man.
di Milano T. VI pag. 454, e 460) argomentandolo dacché nella tregua
co' Lombardi del 1175 il conte era nel campo coll' imperadore , ma non
per battagliare , come già notammo cap. 9 in fin.
Ardoino vescovo di Torino con approvazione dell’ imperiai legato cedette
poscia a questo comune il dritto di far guerra e pace rispetto ad alcune
terre, sulle quali pretendeva aver dominio. L’atto è del 1195 die martis ,
qui est IV kal. augusti indici. XI , cioè ’’ in prxsentia D. Thomx impe-
„ rialis aule legati , ipso D. Thoma auctorisante sua potestate , concessit
„ consulibus de Taurino ( vi si distinguono sempre i consoli maggiori , e
i minori ) ,, ut ipsi consules , qui nunc sunt , et deinceps aderunt , et
,, commune ipsius civitatis habeant liberarti facultatem faciendi guerram ,
,, et pacem de castro, et villa et burgo de Testona, et de Ripulir, et
Montoxolo , et de omnibus aliis suis castris ubicumque volucrint , et quan-
documque voluerint ,, sine omni contradictioae ipsius episcopi , et aliorum
„ episcoporum Taurinensium , qui quandocunique aderunt. " Nulladimeno
in que' tempi di anarchia e di confusione il vescovo talvolta ancora si univa
al comune contro al conte di Savoia , il quale battendogli il più delle volte,
e riducendogli a domandar tregua, gl’ indeboliva , c preparava l'intera loro
sommessione. E’ relativa a una di coteste rinnovellate tregue , e simulate
paci la seguente lettera scritta dal conte Tommaso 1 nel ni} al comune
di Vercelli suo alleato ( ex archiv. civit. V erccllar. ).
„ Thomas Comes Maurianensis , et marchio in Italia strenuo militi Ber-
trando de Lampugnano Vercellarum potestati , et toto consilio ejusdem ci-
yitaris salutem , et de ìnimicis victoriam.
Gratias universitari vostre reddimus plurimum copiosas , quod ad preces
nostras, et communìs Taurinensis ambaxatores vestros ad partes nostras pio
militate nostra, et episcopi Taurinensis, et communis ejusdem civitatis
ipisistis. Sed quia tregue et concordia: inter nos , et homincs nostre partir.
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tot episcopum Taurinensem, et commune ejuidem evitati? , et homines eo-
rura pani? non possunt sine vestra auctoritate planato firmitatem obtine.c,
vestram idcirco in quantum possunms universitatem attentius dcprecainur ,
quatenus prxdictis ainbaxatoiibus vestris de consiiii vestri ad souum cain
panx colletti auctoritatcm , et licentiam vestram per instrumentum -publice
confectuin tribucre dtbeatis , quod treguas et concordias prxdictas nomine
comtnunis Vercellarum conlìrmarc debeant , et in hunc modtim videlicet ,
qtioJ si tregux per nos , et successores nostros , vcl homines nostra partii
episcopo, scu communi Taurinensi, seu hominibus eorum partii ruptxfue-
rint , et per nos , vel successores nostros , seu nuncios nostros secundum
formam ab ambaxatoribus vestris per publicum instrumentum statutam , vei
statuendam reparatx , seu emendata non foerint ex roto , commune Ver-
cellarum teneatur et debeat episcopum , et commune Taurini , et homines
sui partis contra nos , vel successores nostros , seu nuncios adiuvare , do-
nec fuerit factum reparamentum secundum formam a prxdictis vestris am-
baxatoribus statutam , vel statuendam , non obstante ahquo sacramento ,
seu obligatione , vel parto , quo vel quibus estis nobis aistricti j et facto
reparamento secundum prxdictam formam , non teneamini prò precedenti
tregua rupia prxdictum episcopum , vel commune , vel homines sux partis
contra nos adiuvare. Et hanc licentiam , et absoluttonem vobis damus , to-
tics quoties infra termi tram tregue per no* , vel successores , vel nuncios
nostros , vcl homines nostra partis pradictx tregux ruptx foennt etc. Si-
mili modo si episcopus , vel commune Taurinense , vel homines sux partis
prxdictas treguas ruperint nobis , seu successoribus nostris , vel hominibus
nostra partis , secundum formam prxdictam , ex toto commune Vercella-
rum teneatur , et debeat nos , vel successores , vel nuncios nostros , vel
homines nostra partis contra pradictos episcopum , et commune Taurini
adiuvare , donec fuerit emendatum , vel reparatutn , quod contra treguas
prxdictas factum fuerit etc. „
Torino si attenne quindi alla fazione imperiale infino al 1116 , nel qual
anno si uni anch’ essa alla società de' Lombardi , come appare dal trattato
conchiuso a' 1 di marzo rapportato dal Sigonio nella sua storia d’ Italia
sotto a quest’anno. Ritornò nel hjj sotto il dominio del conte Amedeo
IV. Tentò sottrarsene di nuovo alla morte del grande imperadore Fede-
rico II. Fini con lui la potenza, e lo splendor dell’ imperio, e la data in-
tenzione , e la speranza di veder ristabilitisi , e rifiorir l’ imperio romano
in Italia. Tutte poi le città lombarde ruppero ogni freno, per ricader mano
a mano sotto un nuovo giogo ognora però men duro del furor de’partiti,
e del turbinio del popolar reggimento troppo simile all’anarchia. Elle vi
caddero dappoiché per la sconsigliata licenza , e discordia de’ cittadini , e
delle città 1 una 1 altra dilacerantisi rabbiosamente, una fazione non potè
piu venir compressa altrimenti che dalla preponderanza di un' altra. Eppure
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i Sm
dalle alpi issino all* Adriatico i Lombardi d' allora erano ttittavìa quasi ia
ogni cosa quegl' animosi Lombardi medesimi , de' quali sul finir del secolo
dodici ne fece Guntcro quel si magnifico ritratto, che parea promettere a
questa nazione un’assai più lunga durata, senonchè sippur allora la violenza
predominava sovente, e dessa è in ogni cosa un principio di desuuzione.
„ Gens astuta , sagax , prudens , industria solers ,
,, Provida consilio , legum jurisque perita ,
,, Corpore , mente vafcns , animo vigil , ore venusta ,
„ Membrorum levitate vigens , patiensque laboris,
„ Prompta manu , sermone fiuens , avidissima laudis ,
,, Artibus , atque operum studi) s exculta novotum ,
,, Sobria , venturi mctuens , sumptuque modesta ,
„ Invigilati? opibus , studiose parta teservans ,
„ Esiguo contenta cibo , fulgentìbus armis ,
„ Et nitido corpus componete gaudet amictu ,
,, Libertatìs amans , prò qua nec tristia rerum
„ Da urna , nec extremam solet exhorrescere mortem ,
„ Nec regis , dominive iugo cervice volenti * \
i. Subdita: consulibus rerum committere summam
„ Gaudet , et hos triplici sumptos ex ordine ( fastum
,, Ne pariat diuturnus honor ) mutare quotannìs ,
,, Vivere quemque sux subiectum legibus urbis
„ Cogit , et extemos sub eodem iure potente*
„ Alligar , ut terra vix inveniatur in illa
„ Aut Comes , aut atius civili iure solutus ;
,, Utque suis omnetn depellere finibus hostem
,, Possit , et arraorum pattiam virtute meri ,
„ Quoslibet ex humili vulgo (quod Gallia feedutn
,, ludicat) accingi gladio concedi! equestri, **
* Dopo alquanti verai Guntero comeniò questa istessa parola ;
n numquam itisi imita regem
„ Suscipit, et facili susceptum fronde relinquir.
M Liguri». !ib. a: ungati Ottone Frising. lib. a cap. 13, Rtr. Italie. T. VI col,
700 : questo scrittore zio di Federigo 1 è un poco maravigliato , che i Lom-
bardi, e singolarmente i Milanesi cercassero, e premiassero il merito e il valore
perfin ne' plebei, " inferiori* condirionis iuvenea , vel quoslibet contemptibilium
„ edam mechanicatum artium opifiers , quos exter*! gentes ab honcstioribus ,
et liberioribus sfudiis, tanquam pestem propellunt , ad militi* cingulum , vel
,, dignitarum gradus assumere non dedignaotur. Ex quo fartum est , ut cxreris
„ orbis civiratibus divitiis et potentia prremineant. " Avria dovuto adunque ma-
gnificare , e raccomandar altrui questo rato esempio di senno , di giustizia , e di
politica de' Lombardi , te i pregiudizi e la vanita sapessero essere ragionevoli.
IL FINE.
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